
Acque,venti e uccelli del piccolo gioiello azzurro tra i monti
Quello d’Orta - o Cusio - è il lago più occidentale delle Alpi. Chiuso a sud dalla dolce curvatura delle colline e serrato a nord da una ripida e stretta vallata alpina
di Marco Travaglini
Una lunga fenditura provocata nella notte dei tempi dalla potenza erosiva di antichi ghiacciai. Un lago speciale, suddiviso tra le province di Novara e del Vco, dal quale emerge a poca distanza dal centro della più nota e omonima località sulla costa orientale l’ovale dell’isola di San Giulio: un bastione di roccia dura che sale dal fondo buio per incontrare la luce del sole.

Il Cusio, sviluppandosi da nord a sud, è composto da due bacini separati da una dorsale profonda un centinaio di metri tra la Punta Crabbia sulla riva orientale e l’abitato di Ronco, piccolo gioiello di pietra sulla sponda occidentale. Il bacino settentrionale è profondo mentre il meridionale, all’opposto, lo è di meno compensandolo in ampiezza. E’ un lago piuttosto raccolto, piccolo, per nulla invadente, decisamente romantico. Posto mediamente a 290 metri sul livello del mare vanta una profondità massima di 143 metri nelle acque di fronte a Oira e misura 13 chilometri e mezzo di lunghezza e poco meno di uno e mezzo in larghezza. E’un lago che va, per così dire, controcorrente.

Mentre tutti i bacini delle Alpi scaricano le loro acque verso sud, qui accade l’opposto: l’unico emissario, quella Nigoglia che in tempi normali attraversa pigramente il centro di Omegna, scorre verso nord, “da mezzogiorno a tramontana”. “E’ un lago che fa di testa sua”, scriveva Gianni Rodari che cent’anni fa nacque sulle sue rive, quasi volesse regalare le sue acque “al Monte Rosa, anziché al mare Adriatico. Se vi mettete a Omegna, in piazza del Municipio,vedrete uscire dal Cusio un fiume che punta dritto verso le Alpi. Non è un gran fiume, ma nemmeno un ruscelletto. Si chiama Nigoglia e vuole l’articolo al femminile: la Nigoglia”.

Come tutti i laghi subalpini anche l’Orta ha sempre goduto di una particolare esposizione ai venti. Non solo quelli che spirano tutti i giorni durante il bel tempo, come la brezza di monte (tramontana) e la brezza di valle (inverna) che percorrono tutte le vallate alpine con soffio leggero, ma anche quelli più bruschi, di carattere forte e irregolare cadenza. I più noti sono il “Quarnon” (o Maestro) che scende da Quarna e si fa sentire verso Orta, dove il lago è più ampio; il “blemm”, vento di levante, impetuoso quanto breve che quando incontra altri venti cambia il suo nome in “traverson” e diventa un’ira di Dio; oppure il “marescon”, formidabile inverna che spazza il bel tempo portandosi appresso nubi cariche di pioggia.

I vecchi pescatori del Cusio li conoscono per nome, li amano o li temono, rispettandoli sempre. Quando soffia la “Magonera” (o Mergozzolo), scendendo d’estate dalla valle del Pescone, si annunciano furiosi temporali che rinfrescano l’aria mentre, in autunno, accompagnato da cielo nuvoloso e aria satura d’umidità, da nord-nord-ovest arriva di tanto in tanto il “Cus” che solitamente dura non più di tre giorni tanto che la gente, sulle sponde del lago, ne ha ricavato anche un vecchio detto: “Acqua e cus, tre dì a l’us” (acqua e vento, tre giorni all’uscio). C’è anche un’importante via di passaggio degli uccelli sulle sponde del Cusio. Stormi di chiurli, gallinelle, beccaccini, attraversano il cielo insieme alle anatre che, volando in formazione, disegnano una grande “V”.

Anche i trampolieri, in certe occasioni, passano al volo sulle sponde del lago senza però farvi sosta a causa delle rive tagliate a picco nella roccia e dell’assenza di quelle spiagge acquitrinose che prediligono. Tra i palmipedi nuotatori si distinguono senz’altro i germani reali, frequentatori assidui da novembre ad aprile, quando “tirano il fiato” riposandosi sulle acque. Garganèl e morette dal ciuffo, cazzulott e fischioni dalle allegre grida si accompagnano, a fasi alterne, con maestosi cigni, smerghi, resegott e svassi.

Tra le varie colonie di gabbiani c’è n’è uno, il gabbianello (marenchìn) che un tempo appariva solo con le grandi piene e a grossi stormi per la gioia dei cacciatori che,dalla terraferma o in barca, non perdevano l’occasione di mettere alla prova la loro mira. Le folaghe, a coppie o in piccoli stormi, si fermano nell’anfiteatro cusiano per tutta la durata dell’inverno, sfruttandone il clima lievemente più mite. I martin pescatori e le cincie, come i merli acquaioli, si trovano nei pressi dei torrenti che si versano nel lago.

Se “alla zampa di ogni uccello che vola è legato il filo dell’infinito” come sosteneva Victor Hugo, è comprensibile come anche queste straordinarie creature piumate si trovino a loro agio nei pressi di questo piccolo gioiello azzurro in mezzo ai monti, chiuso ad est dal Mottarone e riparato ad ovest dalle cime che dividono il Cusio dalle creste della Valsesia.