Particolare del graffito di Longoni al museo di Carpi

Alberto Longoni tra la memoria dei lager e l’evoluzione del costume italiano

Un artista eclettico nel senso pieno del termine che, con le sue opere, ha accompagnato ed interpretato l’evoluzione del costume e della società italiana, dal dopoguerra alla fine degli anni ottanta

Crpiemonte
6 min readOct 13, 2020

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di Marco Travaglini

Alberto Longoni è stato un importante pittore, incisore, scultore, illustratore. Un artista eclettico nel senso pieno del termine che, con le sue opere, ha accompagnato ed interpretato l’evoluzione del costume e della società italiana, dal dopoguerra alla fine degli anni ottanta. Durante la seconda guerra mondiale conobbe l’orrore del sistema concentrazionario nazista. Arruolato in marina nel ’40 e inviato sull’isola di Creta venne fatto prigioniero tre anni dopo dai tedeschi che lo deportarono nel lager di Buchenwald, a poche miglia da Weimar. Fu lì che conobbe la donna che diventò sua moglie, la polacca Lidia Josepyszyn con la quale tornò a Milano finita la guerra, nel 1945. Dal suo rientro in patria, per alcuni anni lavora di giorno in una impresa edile, disegnando e dipingendo da autodidatta alla sera.

Alberto Longoni (foto Ranaan)

A partire dal 1953 le sue qualità artistiche vennero apprezzate con il conseguimento di riconoscimenti importanti come quello al concorso nazionale di caricatura di Trieste e il primo premio per il Manifesto del Gran Premio dell’autodromo di Monza. Eseguì incisioni, graffiti, dipinti, illustrò riviste italiane e straniere, copertine di dischi, realizzò multipli, ceramiche, sculture e collaborò all’architettura di giardini. Illustrò anche “Il gioco delle perle di vetro” di Hermann Hesse,una delle opere che contribuirono ad attribuire all’autore di “Siddharta” il Nobel per la letteratura. Se si considera la sua imponente produzione artistica, che lo portò a collaborare con le più importanti case editrici e le più prestigiose riviste italiane ed europee, oltre a scrivere e illustrare straordinari libri per l’ infanzia, si comprende l’importanza di Longoni nella storia dell’arte italiana della seconda metà del ‘900. Negli anni ’60 realizzò cento disegni che illustrarono le novelle del Decameron di Boccaccio e tutte le sovracoperte della collana Classici della letteratura italiana contemporanea, editi da Mondadori.

Alberto Longoni mentre dipinge

Alberto Longoni, nato a Milano il 24 agosto del 1921 e vissuto sempre in quella città, si trasferì nel 1986 in alta Val d’Ossola, zona che frequentava già dagli anni sessanta. Elesse il suo buen retiro ad Emo, frazione di Crodo,il principale centro abitato della Valle Antigorio, quindici chilometri a nord di Domodossola. Da sempre importante località termale, il paese è famoso per le sue acque minerali e per il “Crodino”, l’analcolico “biondo che fa impazzire il mondo”.

Il graffito di Longoni al Museo del deportato di Carpi

A Emo di Crodo , scrisse ed illustrò libri. Il suo ultimo lavoro è del 1991, terminando la sua attività con l’allegra filastrocca Nasone gran dormiglione edita da Le Marasche. Lo stesso anno, il 7 dicembre, morì all’eremo di Miazzina, sulle colline dell’entroterra del Verbano, a causa di un’influenza maligna. Alcuni anni fa il Museo Monumento al Deportato Politico e Razziale di Carpi (Mo) organizzò a Palazzo dei Pio in piazza dei Martiri la mostra “Il mondo di Alberto Longoni”. L’esposizione, curata dalla nipote dell’artista Michela Cerizza e da Marzia Luppi era stata promossa dal comune modenese e dalla Fondazione Fossoli che si pone come obiettivo principale la diffusione della memoria storica dell’omonimo ex-campo di concentramento in terra emiliana. La terribile, durissima esperienza dell’internamento a Buchenwald ispirò Longoni per una delle sue opere principali, ospitata nella prima sala del museo di Carpi.

L’acciugaia di Longoni

Un graffito grande come tutta la parete, raffigurante centinaia di deportati magri, ridotti a pelle e ossa, con gli occhi vuoti e privi di espressione, senza bocca. In occasione dell’inaugurazione Michela Cerizza ricordò come suo nonno al ritorno dal campo di concentramento pesasse 35 chili ma nonostante i patimenti e le angherie subite non avesse “mai menzionato l’odio come stato d’animo per spiegare l’orrore in cui era stato coinvolto. Lui faceva emergere con le sue opere la vittoria dell’amore attraverso il viaggio, il sogno, i paesaggi”. La scelta di ospitare la mostra di Loongoni al Museo del Deportato assunse un significato del tutto particolare ed evocativo. “La Sala dei nomi è una cattedrale laica — disse il sindaco di Carpi , Alberto Bellelli, riferendosi alla celebre stanza del Museo dove sono graffiti i nomi di oltre tredicimila italiani morti nei campi di concentramento europei — e riportare qui Longoni significa un ritorno alle radici dello stesso museo”. Per queste ragioni si ritenne necessario e doveroso il tributo a un artista “che ha saputo rappresentare la sera del tempo ma anche lo spiraglio della speranza”, come ricordò il presidente della Fondazione Fossoli, l’on. Pierluigi Castagnetti.

Le avventure di Pinocchio illustrate da Alberto Longoni

La tragica esperienza della deportazione e del lavoro coatto in Germania fu raccontata dallo stesso Longoni dialogando con Pinin Carpi, del quale illustrò le storie: “Arriva la guerra, mi mandano nell’isola di Creta, nella marina da sbarco. Conosco il disegno, divento il segretario del comandante. Nei momenti di pausa disegno per il comandante galeoni veneziani del Settecento: imparo così il disegno navale, le linee di galleggiamento. L’8 settembre siamo circondati dai tedeschi. I mille marinai di Creta si rifiutano combattere e di collaborare con i tedeschi; circondati e imprigionati ci portano in Germania e ci obbligano a lavorare per loro. Uno-due anni di prigionia sono duri, arrivo a pesare 35 chilogrammi. La storia qui è drammatica. Berlino con i bombardamenti degli Americani, la fame, il freddo, la sete, soprattutto la paura. Nel Mellenburg incontro Lidia che fa l’interprete in una grande fattoria. Una mattina, dopo un turno di notte — che durava dalle 6 di sera alle 6 del giorno dopo — mi pesano: 36 chilogrammi! Mi mandano a Luckenwalde e lì trovo un medico che mi dice: “Non hai niente, sei solo deperito. I contadini qui attorno cercano lavoratori: se riesci a superare il primo mese di prova te la cavi; puoi mangiare perché hanno le patate”. E così me la son cavata.

Longoni,Coppia nel sole

Parole asciutte, scarne, venate da malinconia, prive di enfasi. Nel maggio di due anni fa la Casa della Memoria di Milano ospitò un’altra mostra dedicata all’artista: ”Guerra Prigionia Libertà di Alberto Longoni”. Un evento realizzato in collaborazione con l’Aned per evidenziare il messaggio di questo artista che decise di testimoniare con le sue opere le tragedie personali e collettive della storia: la guerra, la deportazione, il lavoro coatto nei campi di concentramento nazifascisti. Ma la capacità espressiva di questo artista si cimentò anche con il più classico racconto della letteratura per l’infanzia, uno dei romanzi di formazione senza tempo tant’è che due anni fa, al Forum di Omegna sul lago d’Orta, vennero esposte per la prima volta le tavole originali che Longoni dedicò a Pinocchio. L’artista milanese fu tra i più grandi illustratori delle avventure del celebre burattino inventato da Collodi. Nel 2017 l’editrice Electa del gruppo Mondadori ha mandato nelle librerie il volume “Le avventure di Pinocchio”, riedizione dell’opera illustrata da Alberto Longoni e pubblicata da Vallardi nel 1963 in un’edizione speciale fuori commercio, ora introvabile sul mercato.

Manifesto di una mostra su Longoni

Un classico intramontabile proposto in una preziosa edizione numerata a tiratura limitata e numerata, in un formato adatto a valorizzare le magnifiche tavole dell’artista. Alberto Longoni, come scrive la casa editrice “ci ha lasciato una raffinata e al tempo stesso ironica e pungente interpretazione grafica dei personaggi del noto racconto per bambini. I suoi disegni al tratto, in bianco e nero, sono riprodotti nel volume a piena e a doppia pagina. Il libro include un folder a quattro ante con la splendida scena del pesce che inghiotte il burattino. Il testo è integrale, nella versione della decima edizione collazionato col primo originale dell’autore, con la prefazione di Dino Buzzati”.

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