Il Museo dedicato a Binda

Alfredo Binda, invincibile eroe del pedale

Si può leggere un libro al ritmo frenetico di una corsa ai tempi del ciclismo eroico, dove la fatica si misurava su strade polverose e sterrate?

Crpiemonte
4 min readOct 2, 2019

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di Marco Travaglini

Nel caso di “Binda l’invincibile”, scritto da Edoardo Rosso (Italica Edizioni), la risposta non può che essere affermativa. In questa biografia romanzata emerge la figura di uno tra i più grandi esponenti del ciclismo internazionale, probabilmente il più grande della sua epoca, quella del ciclismo prima maniera, nei primi trent’anni del Novecento.

Alfredo Binda al traguardo del Mondiale di Nurburgring, in Germania, 1927. Foto Gazzetta dello Sport

Nato l’11 agosto del 1902 a Cittiglio, comune del varesotto a poca distanza dalla “sponda magra” del lago Maggiore,il futuro tre volte campione del mondo iniziò a correre in bicicletta in Francia, a Nizza, dove si era trasferito da ragazzo per lavorare come stuccatore insieme ad un fratello.Tornato in patria nel 1924 il giovane Alfredo, che oltralpe aveva vinto una trentina di gare, venne ingaggiato l’anno successivo dalla Legnano, vestendone per l’intera carriera la maglia verde.

Alfredo Binda nella Legnano

Professionista dal 1922 al 1936, definito “il Signore della Montagna” per la classe innata e lo stile impareggiabile con cui affrontava le salite più difficili, forte sia in pianura che in salita e considerato uno dei ciclisti più grandi di sempre, Binda vantò un palmarès di assoluto prestigio.

Binda in azione

Nel mondo faticoso e bello dei “forzati della strada”, si trovò a rivaleggiare con un mostro sacro come Costante Girardengo e altri forti atleti. Nonostante tutto vinse cinque Giri d’Italia (record assoluto, condiviso con Eddy Merckx e Fausto Coppi), tre campionati del mondo su strada, quattro Giri di Lombardia, due Milano-Sanremo nel 1929 e nel 1931,quattro Campionati nazionali su strada e tra le altre classiche, due Giri del Piemonte e due Giri di Toscana. In carriera conquistò complessivamente 41 tappe al Giro e rimase in testa alla classifica generale per 60 tappe.

Alfredo Binda, tre volte campione del mondo

Nel 1927 ne vinse addirittura 12 su 15 e due ani dopo ben otto consecutive: entrambi record imbattuti. Nel 1930, a causa di questa manifesta superiorità, Binda fu pagato dagli organizzatori per non partecipare al Giro. La Legnano ottenne un indennizzo e il corridore incassò ventiduemilacinquecento lire, praticamente l’equivalente del premio per il primo classificato più altri extra, pari al valore del successo in cinque tappe. Il “Trombettiere di Cittiglio”, così soprannominato per la grande passione musicale (era componente della Banda cittadina di Cittiglio), era troppo forte per tutti. Come scrive Rosso, la parte più rilevante della carriera di Binda “si compie in un Paese ormai soffocato dalla miope grandeur della dittatura”; e sarà proprio il regime, insoddisfatto di quel campione troppo tiepido dal punto di vista politico, a contrapporgli un asso dalla maglia nera e il cognome tristemente profetico: Learco Guerra.

Il francobollo dedicato ad Alfredo Binda

Unico tra tutti gli sport, il ciclismo vanta un rapporto del tutto particolare con il suo pubblico, con quelli che lo amano e lo seguono sulle strade in ogni stagione, sfidando intemperie e rovesci. Pier Paolo Pasolini diceva che “il ciclismo è lo sport più popolare perché non si paga il biglietto” ma forse lo è anche perché la gente ne coglie il sentimento più profondo che lo rende lo specchio della fatica,del coraggio, della fantasia di quegli uomini curvi sul manubrio o in piedi sui pedali, impegnati in una corsa di un giorno o in una prova a tappe. Nonostante l’ombra del doping — che negli ultimi anni ha oscurato molte gare e carriere — il fascino del ciclismo resta lo stesso e non tramonta.

La copertina del libro su Binda

Edoardo Rosso fa divorare le pagine di “Binda l’Invincibile” come fossero tappe di una corsa epica. Racconta le intrepide gesta di Alfredo Binda mescolando dati e fotogrammi della vita del campione che dava battaglia spingendo sui pedali con forza, agilità e un’idea innovativa delle strategie di gara e della preparazione atletica che l’ha — a buon merito -posto tra gli innovatori di questo sport negli anni ruggenti.

Rifocillarsi ai tempi del ciclismo eroico

Alfredo Binda è morto, ottantaquattrenne, nel 1986 nel paese dov’era nato. Lo stesso anno venne inaugurato un museo dedicato alla sua memoria. Riposa ora nel cimitero di Cittiglio e sulla tomba campeggia una sua bella foto in maglia iridata.

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