Alla fonte delle “chiare, fresche e dolci acque” del Petrarca
Non di meno il grande porta fu impressionato dal Monviso, il “Re di pietra”
di Marco Travaglini
“Chiare, fresche e dolci acque,ove le belle membra pose colei che sola a me par donna..”. Francesco Petrarca scrisse questi famosissimi versi dedicati a Laura ispirandosi probabilmente alla maggiore sorgente di tutta la Francia, quella del Sorgue, il corso d’acqua che attraversa Avignone prima di confluire nel Rodano. Il punto esatto in cui si trova, la Fontaine de Vaucluse, coincide con l’omonima località della Provenza.
L’autore del Canzoniere vi soggiornò a lungo, apprezzando quell’ambiente quieto e bucolico e senza dubbio apprezzando i giochi d’acqua della “fonte di Valchiusa”. Il giorno che l’abbiano visitata, in onore del fatto che l’acqua è uno dei principali elementi dell’intero paesaggio, siamo stati colti da un forte temporale che però non ci ha impedito di ammirare questo piccolo borgo con meno di settecento abitanti. Il ponte, i mulini e le case che si affacciano sull’acqua che scorre rumorosa nella valletta boscosa tra pareti di roccia, fanno di Fontaine de Vaucluse uno dei più bei villaggi di Francia.
Tornato dopo un paio d’ore il sole, lo scenario si è svelato in tutta la sua bellezza. Da una pubblicazione si apprende che la fonte, con una portata media totale di 630 milioni di metri cubi di acqua è, per capacità, una delle maggiori del mondo e si trova a poche centinaia di metri dalla piazza centrale del paese.
La sorgente, una fenditura conica nella roccia, è l’unico punto di uscita di un bacino sotterraneo carsico di più di mille chilometri quadrati che raccoglie le acque del Mont Ventoux, dei monti di Vaucluse e della montagna di Lura. Utilizzando come forza motrice per i macchinari una ruota idraulica,l’acqua fa funzionare anche un’antica cartiera, oggi trasformata in museo, dove è possibile vedere le fasi della lavorazione della pregiata carta prodotta secondo l’antica tradizione.
A Fontaine de Vaucluse si trovano i resti del trecentesco Castello dei Vescovi di Cavaillon (che spesso hanno ospitato il Petrarca) e la chiesa medievale di Notre-Dame-Saint-Véran, in stile romanico provenzale. A Petrarca, che vi comprò una casa soggiornandovi tra il 1337 e il 1353, il paese deve buona parte della sua fama tanto che al poeta aretino è stato dedicato un museo — che si trova dopo il ponte, nel luogo dove presumibilmente abitava — e una colonna eretta nel 1804 nel cinquecentesimo anniversario della sua nascita. A meno di sessanta chilometri da Fontaine de Vaucluse s’erge il massiccio del Mont Ventoux, perennemente battuto dal Mistral.
Il “monte Calvo” o “gigante della Provenza” fu la meta della famosissima ascesa intrapresa da Petrarca il 26 aprile del 1336. “Oggi, spinto dal solo desiderio di vedere un luogo celebre per la sua altezza, sono salito sul più alto monte di questa regione, chiamato giustamente Ventoso”. Così inizia il racconto di quell’impresa che, secondo molti, rappresenta il primo reportage di alpinismo nella storia. Non di meno il Petrarca fu impressionato anche dal Monviso, il “Re di pietra”. La citò nella sua versione latina della novella di Griselda del Decameron di Boccaccio, ambientata nel marchesato di Saluzzo. Il grande poeta del Trecento, considerato l’ultimo scrittore medievale e allo stesso tempo il primo scrittore dell’Umanesimo, modificandone l’inizio, inserì una descrizione della montagna simbolo del Piemonte.
“Vi è, nella parte occidentale dell’Italia, trai gioghi degli Appennini, un solo altissimo monte, il Monviso, il quale, superando con la sua vetta le nubi, si immerge nel cielo purissimo; un monte che, già nobile di per sé, è nobilissimo per essere la fonte del Po il quale, sgorgato minuscolo dal suo fianco, procede incontro al sole e quindi, divenuto presto rigoglioso per un eccezionale apporto d’acqua, e divenuto altresì non solo uno dei massimi fiumi ma, secondo Virgilio, il re dei fiumi…”. E’ anche grazie a Petrarca se l’andare in montagna, ammirare le vette, provare la fatica dell’ascensione diventò un fatto letterario con tutte le riflessioni del caso. Classicamente associata alla presenza del soprannaturale e del divino, dai tempi più lontani, la conquista delle montagne con Petrarca diventò una formidabile avventura, motivata dal desiderio di mettersi alla prova e intraprendere la salita verso la vetta come uno strumento di elevazione e di salvezza spirituale.