Alla scoperta delle Langhe di Fenoglio
Lo scrittore albese descrisse in modo unico il suo territorio e la sua gente
di Mario Bocchio
Le Langhe hanno preso forma nella stesura de “La malora”. Le Langhe, dichiarate nel 2014 insieme ai territori del Roero e del Monferrato “Patrimonio dell’Umanità Unesco”, sono le protagoniste indiscusse del romanzo di Beppe Fenoglio: al centro della narrazione raccontano, in un vivido e acuto affresco, la condizione rurale dell’inizio del secolo scorso.
Sono sempre di più, soprattutto dall’estero, coloro che hanno un primo “contatto” con Fenoglio, mentre, in vacanza in Piemonte ricercano suggestioni legate a Cesare Pavese. Spesso i loro viaggi sono davvero sorprendenti per questo: impegnati a cercare qualcos’altro di inaspettato.
“Mi basterà il mio nome, le due date che contano solo e la qualifica di scrittore e di partigiano. Mi sembra di aver fatto meglio questo di quello”.
(B. Fenoglio)
Praticamente tutti, nelle scuole della provincia di Cuneo, hanno letto “Il partigiano Johnny” (Einaudi, 1968) , una delle opere ormai introvabili e complete sulla Resistenza, e “I ventritrè giorni della città di Alba” (Einaudi, 1952), dodici racconti di guerra partigiana e di vita contadina.
Il viaggio ideale nelle Langhe di Fenoglio è caratterizzato dall’alternanza di natura, luoghi letterari e degustazioni di vini che, vista l’eccellenza della produzione locale, valgono davvero la pena.
L’itinerario, per grandi amanti della letteratura e degli ottimi vini, inizia con il piccolo paese di Mango, situato nel cuore del Monferrato e patria del Moscato D.o.c.g.
Le origini del piccolo paese risalgono alla fine del 1200 e nelle opere di Fenoglio compare ne “Il Partigiano Johnny”, occupato dai partigiani filo-monarchici. In particolare il campanile di Mango è al centro della scansione temporale narrativa.
All’interno del borgo è possibile seguire un itinerario letterario dedicato allo scrittore. Merita sicuramente una visita il Castello, oggi adibito a wine bar regionale del Moscato: qui si degustano le varie sfumature del Moscato e con grande passione viene raccontata la filiera di produzione e come vengono valutate le varie annate. Quello che colpisce subito è la capacità dell’opera di Fenoglio di percepire le sensazioni, le atmosfere, le suggestioni: le parole lasciano spazio alle immagini dei luoghi e della natura, connubio imprescindibile nella narrazione dell’autore.
Segue Barbaresco, da cui l’omonimo vino, che durante la Resistenza ospitò un gruppo di partigiani contrari alla fazione in cui militava Fenoglio. Qui il confine tra narrazione e realtà è davvero labile: ciò che l’autore ha raccontato, l’ha vissuto davvero in questi luoghi, con i suoi passi, i suoi sguardi nei territori a cui ha dato nuovo colore con le sue parole.
Le Rocche sul Tanaro (voragini originate nel corso dei millenni dall’azione erosiva dell’acqua che ha consumato il terreno marnoso, esse si presentano come uno spettacolare anfiteatro dal colore grigio-bianco) sono un luogo ricorrente in Fenoglio di indiscutibile fascino: delimitano un confine naturale e allo stesso tempo, come gran parte della morfologia del territorio, aiutano il viaggiatore a comprendere agguati e spostamenti e le difficoltà della guerra partigiana.
È questo un viaggio che coinvolge sia lettori esperti sia amanti della natura e della storia, per la particolarità dei luoghi.
Attraverso infiniti vigneti a metà strada tra le Valli Bormida e Belbo, si arriva a Castino, con il suo Castello, l’antico lavatoio, le contrade lastricate: il piccolo centro compare sia nel “Partigiano Johnny” con il rastrellamento, sia con il casale ne “La malora”.
Le scene narrate e ricordate con le parole delle opere si materializzano in questi luoghi, con tutta la loro crudeltà a cui il tempo dà un sapore quasi epico.
Poi ci sono altri centri ritenuti fondamentali. Il romanzo paesaggistico sulle tracce di Fenoglio prosegue da Mombarco: è considerato il tetto delle Langhe con i suoi 896 metri di quota. Nelle pagine dello scrittore ospita l’inizio dell’attività partigiana di Johnny-Beppe. Le descrizioni delle colline, della natura e del contesto geografico sono spesso crudeli e malinconiche e sono un chiaro esempio di come il territorio delle Langhe abbia saputo raccontare il dramma della guerra civile. Al di là della storia, nei colori e nel silenzio delle Langhe, è tangibile la sopravvivenza dell’umanità, nel suo rapporto con la natura e nel dramma della guerra.
Poi Neive, Gorzegno, Neviglie, San Benedetto Belbo: sono paesi citati nei romanzi di Fenoglio sia come punti di passaggio nella guerra civile sia come scenario di racconti contadini. Il lavoro dei vigneti, l’impegno dei contadini nel dominare con la vite un territorio dalla morfologia complessa emergono con tutta la loro forza. In ogni borgo si esaltano le tracce dell’autore: ad esempio a Murazzano esiste un vero e proprio itinerario dedicato all’artista.
“Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre 1944”.
(“I ventitré giorni della città di Alba”)
La città, protagonista assoluta della prima opera dello scrittore “I ventritrè giorni della città di Alba”, è caratterizzata da un’offerta enogastronomica di alta qualità che spazia dal tartufo bianco alla Nutella, dalla presenza delle opere di un artista geniale come Pinot Gallizio alla Casa Madre dei Paolini con le rotative di “Famiglia Cristiana” e ospita architetture romane e medievali, tutte da scoprire.
È nel cuore di Alba che prende il sopravvento l’emozione legata alle parole di Fenoglio, che crebbe in queste vie attorno alla macelleria del padre e nel Liceo Classico “Govone”: raccontata in ogni fase della sua vita, dall’idillio adolescenziale al dramma del combattimento, rappresenta la summa delle narrazioni di Fenoglio e di chi vuole scoprire e capire questo scrittore particolare.
Il “Centro studi Beppe Fenoglio — casa di Fenoglio” in piazza Rossetti, vicino al Duomo, offre numerosi itinerari e spunti di viaggio specifici per chi vuole esplorare la realtà geografica, sociale e storica dei romanzi dello scrittore. Di fronte al centro svetta il monumento ai partigiani con una delle citazioni più intime e universali dell’opera di Fenoglio e che racchiude anche il senso del viaggio alla scoperta dei suoi luoghi così profondamente legati alla sua esperienza umana e letteraria.
“ Johnny pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui in piedi sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e delle sue notizie, la sera del giorno della sua morte. Questa è la cosa importante: che ne rimanga sempre uno”.
(“Il partigiano Johnny”)
Fonte: “Associazione Centro Studi di Letteratura, Storia, Arte e Cultura Beppe Fenoglio”