Alla scoperta di Gottasecca
La leggenda narra che anni fa sgorgava da una roccia un olio taumaturgico che guariva i malati, finché una signora porto il suo maialino malato
Il nome del paese, Gottasecca, si ricollega alla siccità di questa zona dell’alta Langa, che da sempre è povera d’acqua. La sua posizione è dominante rispetto alla valle del Bormida e a quella dell’Uzzone, essendo posto sul crinale spartiacque dei due fiumi.
Lo storico Goffredo Casalis afferma che, anticamente, prima del sec. X, Gottasecca era detta Lavaniola.
Ed infatti, Arcangelo Ferro ci dice che Ottone III, nel 998 “diede le rendite delle sue pievi a Bernardo, Vescovo di Savona”, nel cui diploma era scritto: seu Gauta sicca (Lauaniola quae dicitur Gauta sicca) (Gottasecca). Il feudo è appartenuto ad Aleramo che con diploma del 967 già si legge Lavagniola quae dicitur Gottasicca, donatogli dall’imperatore Ottone I per aver cacciato i Saraceni; si deve ricordare che Gottasecca aveva subito invasioni da parte di Goti, Longobardi, Franchi e Ungari.
Nel 1142 Gottasecca passò al marchesato di Ceva, lasciato in eredità da Bonifacio, e poi ai Del Carretto (1268) e ai Guasco (1487). Passato indi ai marchesi del Monferrato, pervenne al ducato di Mantova nel 1548 che lo diede in feudo a d’Incisa Boarello. Gottasecca venne annessa ai territori dei Casa Savoia nel 1631 da Vittorio Amedeo I con il Trattato di Cherasco. È importante ricordare che nel 1608 Gottasecca era ducato sotto la diocesi di Alba. Del passato medievale è rimasta la torre del castello, purtroppo in rovina (il castello era dei marchesi d’Incisa).
Di Gottasecca troviamo menzione nei “diplomi ottoniani del secolo X e dei primi anni dell’ XI” (Giovanni Conterno, riferendosi alle pievi del Bormida). I diplomi accennati sono di Ottone III e di Enrico I.
Interessanti, sotto il profilo artistico e monumentale, sono la torre e i resti del castello.
Poco distante, da vedere il Santuario dedicato all’Assunta, immerso nel verde.
A metà agosto, in onore della Vergine, si tiene la festa del paese.
Il Santuario dedicato alla Vergine Assunta sito in Gottasecca, è uno dei più antichi insediamenti religiosi della zona, e rappresenta sicuramente un importante patrimonio storico-artistico, oltre che morale e spirituale.
Nasce come Pieve nel IV o V secolo, con il nome di Santa Maria Degudega, quando i presbiteri itineranti iniziarono la penetrazione cristiana in questa zona, dando vita alle “Plebes”, ossia i primi nuclei di cristiani che si ritrovano appositamente per il culto. Solitamente questi luoghi dovevano essere sia un centro di passaggio, sia abbastanza comodi per tutti i paesi limitrofi, non a caso il santuario si trova posto sulla strada di costera che da Alba conduceva a Millesimo. Probabilmente sempre a causa della sua posizione fu anche tappa dei grandi pellegrinaggi, in particolare quello verso S. Giacomo di Compostela in Spagna. Troviamo la prima testimonianza storica nei diplomi del 998, 999 dell’imperatore Ottone III.
Fino al 1602 è sede di Vicaria e da lei dipendono le chiese della zona, mentre nel 1649 risulta annessa alla Vicaria di Cortemilia. In questo periodo,, come risulta dagli ultimi scavi, la pieve viene ingrandita e rimaneggiata nell’attuale stile barocco e diventa un Santuario.
Il Santuario è costruito in pietra arenaria, caratteristica del luogo, mentre il tetto in origine era in pietra locale; internamente è composto da una navata centrale e da due laterali, unite alla centrale da quattro arcate per parte che poggiano sui pilastri, dall’abside con coro, dal vano campanario e da una sacrestia.
Il campanile presenta due ordine di arcate e termina con una cuspide a cipolla ricoperta di squame di lavagna. La facciata ha un timpano con un grande fregio centrale, e composta da quattro lesene per parte che poggiano su uno zoccolo di pietra. Le parti intonacate presentano i caratteristici colori barocchi; bianco, rosa e azzurro, mentre l’interno è ricco di dipinti e di stucchi, che rivelano una mano insolitamente aggraziata per la capacità degli artisti locali. Un nascondiglio ricavato nella base di un altare laterale pare avvalorare l’ipotesi che l’artista potesse essere un ricercato politico proveniente da altre zone.
L’altare maggiore è riccamente decorato. Al centro una nicchia racchiude una pregevole statua in alabastro raffigurante la Vergine Assunta. Ai lati due quadri di pregevole fattura: la Dormizio della Vergine e l’Assunzione della Vergine. Quest’ultimo quadro interpreta l’assunzione di Maria in modo molto originale e teologicamente più corretto. Infatti Maria non è portata in cielo dai tradizionali angeli, che qui sono soltanto spettatori, ma da Cristo risorto. Di notevole pregio sono anche il coro formato da 15 stali in legno; il pulpito, i bassorilievi di S. Francesco; la Madonna; S. Giovanni Battista e S. Domenico.
A lato dell’altare è murata una pietra con la scritta: ”pietra donde scaturiva olio anticamente” che ci ricorda, oltre all’origine del nome del paese, il motivo della grande devozione e venerazione godute da questo Santuario. La tradizione vuole infatti che anticamente da questa pietra scaturisse una goccia d’olio miracolosa che aveva il potere di risanare da qualunque malattia. Purtroppo una vecchina aveva un maialino, suo unico avere, ammalato e lo portò a baciare la goccia miracolosa. Il maialino guarì ma la goccia si seccò. Gutta sicca=Gottasecca. Tutto ciò accadde prima dell’anno mille.
Un’altra caratteristica che attesta l’antica origine di questo Santuario è l’altare dedicato ai martiri della Legione Tebea: S. Candido Senator Militum, S. Maurizio Primicerius e S. Esuperio Campidoctor, martirizzati nel 286 con tutta la Legione per essersi rifiutati di compiere una spedizione punitiva contro civili, a testimonianza che il cristianesimo è arrivato in Langa tramite loro.
L’altare è decorato da molti frutti a ricordare i frutti di conversione che il loro martirio ha portato.
L’edificio misura metri 22,70 X 14. L’abside è rivolto ad oriente: all’esterno si trova una meridiana italica, inconsueta da rinvenire oggi. Infatti, al contrario delle meridiane che siamo soliti vedere, non indica l’ora solare, bensì quanto tempo manca al tramonto del sole e alla conseguente venuta delle tenebre e alla chiusura delle porte delle città.
Il Santuario è circondato da boschi e la vista che si gode dal suo sagrato è molto ampia: spazia dal colle di Cadibona fino al Monviso con in primo piano le langhe di Mombarcaro e di Murazzano oltre la vallata della Bormida di Millesimo.
Fonte: Comune di Gottasecca