Ambulanti e bambini
di Mario Bocchio
Avanguardie dell’emigrazione vera e propria furono coloro che esercitavano mestieri ambulanti ed erano perciò in grado di riportare notizie e informazioni utili per progetti migratori duraturi.
In Toscana i contadini andavano in Corsica, per i lavori agricoli, e poi in Francia — come molti piemontesi — attratti da paghe migliori, anche se il mestiere qualificato più diffuso era quello di figurinaio. Partivano per gran parte dei paesi europei, e poi per le Americhe, i musicisti girovaghi da tutt’Italia, mentre venditori di stampe e di piccole mercerie, oltre a boscaioli e sterratori, lasciavano le regioni orientali della penisola.
In realtà, le “professioni girovaghe” — si trattasse di suonatori, saltimbanchi o ammaestratori di animali, venditori di merci varie — costituivano altrettante varianti della mendicità contadina cui si faceva da secoli ricorso nei momenti di grande miseria.
Con il miglioramento dei trasporti e l’inizio della grande emigrazione i percorsi dei girovaghi si ampliarono raggiungendo prima tutti i paesi europei e poi le Americhe.
Le autorità di polizia non li vedevano di buon occhio, costantemente accompagnati da bambini, il cui impiego rappresentava spesso soltanto un mezzo per dissimulare l’esercizio della mendicità cui erano costretti. La loro misera sorte suscitava la pietà e l’indignazione dei ceti dirigenti che, divisi pro e contro l’emigrazione, sfruttavano l’argomento a favore della propria tesi. In realtà il fenomeno si svolgeva per suo conto, vanamente inseguito dalle leggi tendenti a regolare il lavoro minorile.
Talvolta erano i padri stessi a portare i figli con sé o a consegnarli a persone affidabili nella speranza che, lungo le vie del mondo, imparassero a praticare un’attività in grado di sfamarli.
(Fonte: Fondazione Paolo Cresci)