Giovanni Arpino (photo by Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

Arpino-Soriano

Un’amicizia nata con il fùtbol, così triste, solitario y final…

Crpiemonte
5 min readMay 6, 2020

--

di Mario Bocchio

Anno 1977, Osvaldo Soriano ha da poco lasciato l’Argentina caduta nelle mani dei militari. Solo e senza soldi, un giorno riceve la recensione di un suo libro fatta da Giovanni Arpino. E gli scrive una lettera cui ne seguiranno molte altre su dittatura, letteratura e “fùtbol”.

1975. Torneo Primavera, al campo Barcanova di Torino. “Ci sono io dietro di te, Giovanni Arpino. Tu l’albero, io l’ombra. Sono lì per il quotidiano sportivo Tuttosport. 20 anni, cronista ai primi passi. ‘Ecco il Patroclo della redazione!’, mi battezzò Vladimiro Caminiti, il poeta del giornalismo che mi insegnò a cominciare il racconto del calcio ‘dal verde del prato e dall’azzurro del cielo’. Vicino a te Giglio Panza, storico direttore di Tuttosport, poi il centrocampista del Torino Renato Zaccarelli, infine il volto Rai Andrea Boscione” (Darwin Pastorin)

Giovanni Arpino nasce a Pola, si trasferisce prima a Bra, la città di sua madre, dove sposa Caterina Brero, e poi a Torino, dove rimane per il resto della sua vita. Laureatosi presso l’Università degli Studi di Torino (facoltà di Lettere) con una tesi su Sergej Aleksandrovič Esenin nel 1951, nell’anno successivo esordisce nella letteratura con il romanzo Sei stato felice, Giovanni, pubblicato da Einaudi. Fa conoscere in Italia lo scrittore argentino Osvaldo Soriano, e vince il Premio Strega nel 1964 con L’ombra delle colline, il Premio Moretti d’oro nel 1969 con Il buio e il miele, il Premio Campiello nel 1972 con Randagio è l’eroe e il Super Campiello nel 1980 con Il fratello italiano. I suoi romanzi sono caratterizzati da uno stile asciutto e ironico. Scrive anche drammi, racconti, epigrammi e novelle per l’infanzia. Nel 1982 vince il Premio Cento per Il contadino Genè. Grande appassionato di calcio, nel 1977 pubblica il romanzo Azzurro tenebra. Nel 1978 segue i Mondiali in Argentina per il quotidiano torinese La Stampa.

Figlio di Aracelis Lora Mora e Alberto Franca, un catalano ispettore di Obras Sanitarias (l’azienda incaricata del servizio di acqua potabile in Argentina), Soriano passò la sua infanzia insieme alla famiglia girando per l’Argentina, di paese in paese per le diverse province, seguendo il destino lavorativo di suo padre. Compiuti 26 anni, si trasferì nel 1969 da Tandil a Buenos Aires per entrare nella redazione della rivista Primera Plana. Nel 1971 entrò a far parte della redazione del nascente quotidiano La Opinión, un giornale che intendeva rivolgersi alla borghesia liberale e di sinistra. Le vicende del giornale però si intrecciarono ben presto con quelle politica e con il tentativo di eliminare dal giornale qualsiasi collaboratore di sinistra. Per sei mesi di seguito, a Soriano, che rimase al giornale fino al 1974, non fu concesso di pubblicare una sola riga. Fu in questo contesto che egli decise di scrivere dei racconti in cui ricostruiva la vita dell’attore inglese Stan Laurel. Quei racconti si trasformarono ben presto in un romanzo: Triste, solitario y final, una affettuosa e struggente parodia, ambientata a Los Angeles e con protagonista Philip Marlowe.

Triste, solitario y final nell’edizione Einaudi

Cominciò con un articolo di giornale letto in ritardo da uno dei due. L’articolo era quello in cui su La Stampa, nel novembre del 1974, Arpino aveva elogiato proprio Triste, solitario y final.. Tra Arp ed El Gordo, il Grasso, come veniva chiamato lo scrittore di Mar del Plata, nacque una bella amicizia. Accomunati da tante affinità e passioni, non ultime quelle per il fùtbol e per i personaggi picareschi e randagi, i due entrarono in contatto epistolare e il loro colloquio, reso più affettuoso dagli incontri che ebbero a Torino e altrove, proseguì a lungo. Fu interrotto soltanto dalla morte di Arpino, avvenuta il 10 dicembre del 1987. In Bracconieri di storie, il libro curato da Massimo Novelli, è stata pubblicata una parte di quel carteggio che non era mai stato reso noto, e viene reso omaggio ai due grandi narratori, due “bracconieri di storie” che hanno dato molto alla letteratura.

Bracconieri di storie. Lettere fra Giovanni Arpino e Osvaldo Soriano

Sul rapporto tra i due nel 1997 ha scritto un bell’articolo Bruno Arpaia su La Repubblica, proprio in occasione della morte di Soriano.

“Lo conobbi quando sbarcò a Roma, il giorno della morte di Giovanni Arpino. Dopo più di dodici ore di volo da Buenos Aires, Soriano era stanco, sfinito. Sembrava uno dei suoi sgangherati personaggi, con gli occhi cerchiati di rosso, mazzolato dalla vita nel tentativo di succhiarla tutta. Quando gli comunicai la notizia, mentre stavamo entrando in città, la sua faccia si fece ancora più pallida. ‘L’ho conosciuto bene, Giovanni’, disse abbassando lo sguardo. ‘Abbiamo bevuto insieme, siamo anche andati insieme a vedere una partita’. Restai zitto per qualche minuto, poi arrivammo in albergo. Riposò due ore, bevve otto caffè di seguito e si offrì ai giornalisti che venivano a intervistarlo. Era il 1988. Osvaldo era in Italia per presentare La resa del leone, e io gli feci un po’ da interprete. Finito il lavoro, passeggiavamo per via del Corso osservando la gente, chiacchieravamo di calcio e di letteratura, andavamo con qualche amico al ristorante.

Azzurro tenebra

Invece di ordinare un pasto completo, lui preferiva concentrarsi su tre o quattro piatti di pasta e bere caffè. Mangiava e beveva, ma non si sottraeva a nessun argomento di conversazione, era interessato a tutto, di tutto sapeva qualcosa che valeva la pena di essere raccontato. Eppure, se interveniva nel discorso, lo faceva quasi con timidezza, badando a non essere inopportuno, a non catturare troppo l’ attenzione. Uno scrittore non narcisista?, mi chiedevo sbalordito. Era proprio così”.

In occasione dei Campionati mondiali di calcio del 1978, Arpino si era recato in Argentina come inviato de La Stampa. Via via le sue corrispondenze si sono trasformate in un vero e proprio reportage-racconto in cui le notizie e i commenti sportivi si mescolano alle osservazioni sugli aspetti storici, culturali e politici dell’Argentina. Inoltre, Arpino non ha trascurato di rilevare e commentare le tracce che gli immigranti italiani e i loro discendenti hanno lasciato nella cultura rioplatense e il particolare rapporto che gli argentini hanno instaurato con l’Europa.

--

--

Crpiemonte
Crpiemonte

Written by Crpiemonte

Il canale Medium ufficiale del Consiglio regionale del #Piemonte, dove raccogliamo notizie e approfondimenti.

No responses yet