Da sguatteri a padroni
di Mario Bocchio

È il settore della ristorazione quello in cui hanno operato e operano in gran numero e con successo gli emigrati italiani e i loro discendenti in ogni paese del mondo. All’inizio erano venditori ambulanti di gelati, d’estate, e di caldarroste in inverno; tra essi era preponderante la presenza di lucchesi, parmensi e piemontesi. Una volta diventati stanziali, ebbero le prime esperienze come lavoratori subordinati: camerieri, sguatteri e, poi, cuochi in ristoranti e alberghi. Infine: proprietari.

Anche in questo settore la famiglia è stata sempre parte determinante per lo sviluppo di ogni progetto migratorio in quanto la conduzione delle varie attività è opera pressoché esclusiva della famiglia. Inoltre ora che molti cuochi e ristoranti italiani vengono considerati tra i più raffinati del mondo, vale la pena di ricordare i primi sprovveduti “cucinieri”, uomini che si improvvisarono tali ripescando nella memoria frammenti delle attività culinarie delle loro donne e sforzandosi di riprodurle.
Esemplare è lo svolgersi di questo tipo di emigrazione verso il Regno Unito.

Da Londra, primo punto di attrazione, si spostarono progressivamente nelle più grandi città di provincia, da Manchester a Liverpool; nelle zone industriali del Galles meridionale; in Scozia, particolarmente a Glasgow; e anche in Irlanda, a Dublino, aprendo in tutti questi luoghi botteghe e bar.

All’inizio della loro attività “imprenditoriale” un curioso motivo per il successo dei locali, che spesso si limitavano a vendere fish and chips, fu il loro differenziarsi dai tradizionali pubs, frequentati dai soli uomini (non erano ammessi i minorenni considerata la consistente quantità di alcolici che veniva consumata). I locali italiani erano, invece, aperti a donne e ragazzi per la stessa ragione (non si vendevano bevande alcoliche).
Lo stesso processo si ebbe per le gelaterie: il primo passo fu la vendita estiva con il carretto poi si passò agli ice-cream shops, in cui, per condizioni climatiche poco propizie in gran parte dell’anno, si vendevano anche altri prodotti: acque minerali, bibite varie, caffè, dolci, confetture e cioccolata.
(Fonte: Fondazione Paolo Cresci)