
Dai pompieri ai vigili del fuoco, le origini e lo sviluppo di un’antica istituzione
In Piemonte l’organico permanente conta circa 1200 unità, mentre i volontari sono quasi 2000
di Mario Bocchio
Forse sarà per l’elmo spaziale a prova di fuoco o per la tuta con le strisce che si illuminano di notte, o forse sarà per quel camion tutto rosso con una lunghissima scala con il quale corrono a sirene spiegate tra le strade della città, di certo è che i vigili del fuoco sono molto amati dai bambini. Una figura apprezzata anche dagli adulti, ma che nell’infanzia colpisce in modo particolare l’immaginario dei piccini facendo diventare i pompieri dei veri eroi moderni.
Anche la letteratura si è occupata dei vigili del fuoco. Giuseppe Robbino fu protagonista di una pagina a lieto fine che ha segnato la storia dei pompieri torinesi. Egli compì un’azione di socoorso il 27 gennaio 1880 con tre dei suoi compagni, salvando alcune persone da un alloggio in fiamme in via Roma. L’ammirazione per quel gesto fu tale che Edmondo De Amicis ne prese l’ispirazione per scrivere il capitolo “L’incendio” del libro “Cuore”.

La storia dei vigili del fuoco è una storia antica perché antico è l’uomo, antico è il fuoco, antiche sono le calamità naturali; ed è evidente che il bisogno di difesa contro la minaccia degli elementi avversi è nato con l’uomo ed è stata questa difesa una delle prime manifestazioni della società umana sin dalle origini della sua primordiale organizzazione.
Fu addirittura Augusto con due riforme, una del 26 e l’altra del 6 a.C.. che diede a Roma una vera e propria difesa contro il fuoco, con criteri organizzativi e funzionali di notevole interesse tecnico.
E’ stato indubbiamente il Corpo dei Sapeurs-Pompiers di Parigi a costituire l’organizzazione tipica alla quale, nei secoli XIX e XX, tutti i paesi civili si sono ispirati come ad un modello. L’unità d’Italia trovò, in materia di servizio antincendio, una situazione quanto mai varia e certo non brillante: ai pochi corpi pompieristici locali a carattere volontario e limitati alle circoscrizioni comunali, facevano riscontro vaste zone, addirittura intere regioni, completamente prive di qualsiasi difesa organizzata contro il fuoco. I pompieri comunali, là dove esistevano, erano ancora organizzati con concezioni ed ordinamenti quasi medioevali e tutto il complesso antincendio italiano appariva anacronistico, insufficiente, mal distribuito, alla mercè dei mezzi e delle tradizioni locali.

L’inizio della storia moderna, con le devastazioni delle guerre
Quello che potrebbe definirsi il punto di partenza della storia dei pompieri di Torino e dell’intero Piemonte, ebbe origine il 22 ottobre del 1824 con l’istituzione da parte del re Carlo Felice con le sue Regie Patenti, della Compagnia Guardie a Fuoco per la Città di Torino.
Furono istituite due stazioni di guardia, una al Palazzo di Città dove giacevano le pompe di proprietà del comune; l’altra presso il Palazzo Reale per quelle di proprietà del re.
Tutte le stazioni furono dotate di una scala aerea costruita e brevettata dall’artigiano Paolo Porta. Questo nuovo tipo di scala a sfilo fu la prima nel mondo, e Torino venne così a disporre dal 1863, prima di altri corpi pompieristici, di un attrezzo di estrema importanza che determinava un nuovo modo di operare in caso di incendio negli alloggi ai piani alti delle case.
Nel 1883 fece la sua comparsa la prima potente pompa a vapore trainata da una pariglia di cavalli. Il servizio rimase attivo sino al 1907, quando il corpo venne dotato delle prime quattro vetture con motore a benzina per il traino delle pesanti pompe a vapore e il trasporto del personale.
Nel 1911, in occasione dell’Esposizione Universale di Torino vennero acquistate le prime due autopompe, antesignane delle moderne e veloci autopompe.

I tempi di intervento si ridussero drasticamente permettendo ai pompieri di giungere sul luogo del sinistro non più affaticati ma in grado di operare immediatamente e con la giusta determinazione. Finalmente l’acqua non veniva più spinta con la forza fisica o con il vapore, ma con potenti pompe mosse dai motori delle vetture.
Nella notte dell’8 febbraio 1936, si concluse tragicamente la storia del glorioso Teatro Regio di Torino. In pochi istanti venne completamente distrutto da un violentissimo incendio, e fu uno degli ultimi grandi interventi in Piemonte compiuto dai pompieri prima della riforma.
Siamo ormai nel 1941, anno in cui nacque il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, da allora rimasto pressoché invariato sino ai nostri giorni.
Intanto la guerra era scoppiata e con essa tutti i gravissimi problemi che ogni conflitto si porta dietro: lutti, distruzioni e fame. I comuni più industrializzati vennero continuamente martoriati dai bombardamenti degli alleati. Torino è stata una delle città che più di altre ha patito duramente le pene causate dal conflitto.

Il 14 agosto 1940 a Spinetta Marengo, nei pressi di Alessandria, caddero le bombe inglesi nell’area della cascina Pistona: le tremende schegge dilaniarono anche sei vigili del fuoco. Fu uno dei primi tragici tributi dati dai vigili del fuoco, che fu anche parte attiva nella lotta di liberazione, come nel caso della brigata sappista dedicata a Pensiero Stringa, ammazzato dai tedeschi.

Particolare curioso e poco conosciuto: i vigili del fuoco diedero vita anche al battaglione combattente Santa Barbara, dedicato alla patrona del corpo, che avrebbe dovuto partecipare all’invasione dell’isola di Malta.
L’organizzazione e i vigili del fuoco volontari
La storia che ci separa da quei drammatici giorni è pressoché nota a tutti. Dopo decenni di grandi difficoltà dovute ad una grande opera di ricostruzione e di riorganizzazione, oggi vediamo sfrecciare per la città e per le nostre strade le veloci autopompe dei vigili del fuoco, sempre impegnati nel portare un concreto aiuto a quanti vivono situazioni di pericolo e di disagio.
Le decorazioni finora concesse ai vigili del fuoco sono 10 medaglie d’oro (7 al valor civile e 3 al merito civile), e 3 medaglie d’argento. La loro presenza è stata ed è costante in occasione di ogni grande catastrofe, dall’alluvione del Polesine del 1951 sino al terremoto in Abruzzo del 2009, passando per altre immani tragedie come frana del Vajont del 1963, il terremoto in Irpinia e Basilicata del 1980 e l’alluvione in Piemonte nel 1994, e pagando la dedizione anche con la vita del personale, come il capo squadra Bartolomeo Califano scomparso nelle acque del fiume Orco durante l’alluvione che nell’ottobre del 2000 aveva investito il Piemonte.

Ma i vigili del fuoco sono anche altro. Non spengono solo gli incendi e non soccorrono solo le persone. L’attività non si esaurisce con il soccorso tecnico urgente, si sviluppa in un ambito più ampio di tutela del cittadino. Se le persone sono da sempre il fulcro intorno a cui ruota il lavoro del pompiere, allora diventano importanti le reti che si sviluppano con i cittadini. La conoscenza, le relazioni e il sostegno di chi vive il territorio sono alla base di un corretto modo di interpretare il ruolo del vigile del fuoco quale operatore di sicurezza civile e professionista della prevenzione.
In ogni provincia è presente un comando che coordina l’attività dei vari distaccamenti dislocati sul territorio. Il personale operativo può essere permanente o volontario. Quest’ultimo si distingue per la presenza di un baffo bianco sul distintivo di qualifica.


I vigili volontari appartengono anche loro al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco del Ministero dell’Interno: nel momento in cui ricevono la nomina, hanno gli stessi obblighi dei vigili permanenti e hanno, durante l’espletamento delle funzioni, la qualifica di agente o di ufficiale di polizia giudiziaria, a seconda del grado che possiedono. Le squadre di volontari dipendono dal comando provinciale e possono operare tutti i giorni dell’anno.
Il personale volontario, a differenza di quello permanente, non è vincolato da un rapporto di impiego e svolge la sua attività ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno, oppure in caso di particolari necessità può essere chiamato in servizio temporaneo nel limite di venti giorni. In queste circostanze, i datori di lavoro hanno l’obbligo di lasciare disponibili questi dipendenti, ai quali deve essere conservato il posto occupato.
I volontari sono obbligati a frequentare periodici corsi di addestramento pratico; generalmente lavorano in propri distaccamenti dotati di mezzi antincendi, presenti su quasi tutto il territorio nazionale, e partecipano alle operazioni di soccorso con proprie squadre di intervento al pari dei vigili permanenti. Nei comandi dove non esistono dei distaccamenti di volontari, i vigili volontari in servizio vengono inseriti nelle squadre di soccorso dei permanenti.


In Piemonte l’organico permanente conta circa 1200 unità, mentre i volontari sono quasi 2000. Nove sono i comandi provinciali, mentre i distaccamenti permanenti sono così dislocati: 2 nelle province di Alessandria, Cuneo, Novara e Vercelli, uno nella provincia di Verbania e 8 in quella di Torino.
Le sedi volontarie sono così ubicate: 5 Alessandria, 3 Asti, 2 Biella, 17 Cuneo, 1 Novara, 43 Torino, 8 Verbania e 4 Vercelli.
Ritorniamo da dove siamo partiti. Chi non conosce ormai il cartone animato di Sam e dei pompieri di Pontypandy? L’amore dei bambini per i vigili del fuoco è sicuramente corrisposto, dal momento che essi non mancano di mostrarsi vicini ai piccoli nelle più diverse occasioni: il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ha anche ricevuto nel 1989 la nomina di “Ambasciatore di buona volontà” dal Comitato Italiano per l’Unicef.