Dal Sasso del Ferro la “deliziosa vista” del Verbano
Il battello si stacca lentamente dal molo. Liberato l’ormeggio,ritirata la passerella sul molo, il capitano e il suo equipaggio si preparano a far rotta verso l’isola Madre.
di Marco Travaglini
L’Helvetia si muove al rallentatore, quasi fosse restia a prendere il largo,confidando nell’accoglienza dell’imbarcadero per riprendere fiato e riposare lo scafo affaticato da decenni di onorato servizio sulle acque del Verbano.
Le due eliche, mosse dalla potenza dei quattrocento cavalli a motore, fanno ribollire l’acqua e l’imbarcazione si rassegna ad ubbidire all’ordine di partenza. Solo una coppia di turisti stranieri, probabilmente inglesi, era salita a Baveno. Più di tre quarti dei trecentosessanta posti a sedere erano vuoti. Non c’era da stupirsi. La bella stagione, doppiato il giro la boa dell’estate, diventava ormai uno sbiadito ricordo e per di più si era a metà settimana. Solo nei festivi si vedevano tanti turisti sulle rotte tra isole e terraferma.
Il lago era calmo e l’aria appena mossa da una piacevole e leggera brezza. Sul ponte di coperta di prua, un gabbiano riposava sui grossi e rigidi salvagente bianchi e rossi. Numerose colonie di questi uccelli vivono sui grandi laghi del nord, dal Maggiore al Como, dall’Iseo al Garda. Quell’esemplare, con una certa insistenza, guardava fisso l’interno del battello con i suoi occhietti mobili. Ritto sulle zampe, con fare allegro e curioso, si era spostato sul parapetto,muovendo il becco adunco e robusto. Sembrava volesse parlare. Lo guardavano tutti con curiosità. Forse anche troppa poiché, qualche minuto dopo, prese il volo e si diresse verso l’isola dei Pescatori, lanciando le sue grida un po rauche.
Il battello, dopo un breve attracco alla più grande e lussureggiante delle isole Borromee e una altrettanto fugace tappa a Pallanza, giunse puntuale al porto di Intra. Da lì, con la motonave traghetto San Cristoforo, si attraversa il lago verso la sponda lombarda. Appena sbarcati, alzando gli occhi, si vede il Sasso del Ferro che con i suoi poco più di mille metri sovrasta Laveno Mombello. Dalla sua vetta lo sguardo spazia sul lago Maggiore e su buona parte della catena alpina dominata dal massiccio del monte Rosa alla sommità del quale svettano, ben oltre i quattromila, le sue quattro “punte”: Dufour, Nordend, Zumstein e Gnifetti.
La sommità del Sasso del Ferro può essere raggiunta con la bidonvia che dalla stazione funiviaria poco distante dal lago, in meno di un quarto d’ora, supera il dislivello che separa il borgo dalla piazzola del Poggio di Sant’Elsa. Da lì , quando fa bello e il vento soffia in quota, gli spericolati appassionati del volo libero si lanciano con deltaplani e parapendii, volteggiando sul lago. C’è anche chi preferisce salire sull’erta affidandosi alle proprie gambe, utilizzando il “cavallo di San Francesco”. Una buona passeggiata da affrontare non prima di aver fatto una buona e robusta colazione. Attraversato il centro storico della località della “sponda magra” del Verbano si sale in direzione delle frazioni di Brenna, Monteggia e delle Cascine. Dopo le ultime abitazioni, seguendo il segnavia della mulattiera acciottolata che attraversa i boschi di castagni e robinie, si giunge in località Casere. Da quel punto, con buon passo,senza perdere di vista il segnavia tra faggi maestosi e le boschine, senza la fretta che accorcia il fiato, si raggiunge la meta. E’ una gran soddisfazione sedersi fuori dal bar della stazione d’arrivo della bindonvia, riposando su una comoda sedia con una birra fresca in mano, contemplando il panorama. Dal Poggio si domina l’insenatura di Laveno e buona parte del lago con la corona delle montagne che lo circondano,dal Mottarone alla Zeda, alla catena alpina delle Lepontine a fare da sfondo. C’è da riempirsi gli occhi con tanta bellezza. Con un buon binocolo si intravvede un gregge di pecore che sale lento sulla strada tra Campino e Someraro, sopra Stresa, e più a destra le macchine da cava impegnate nell’estrazione dei lastroni di granito rosa a Baveno. Sullo specchio d’acqua si muove lentamente una barca, pescando a tirlindana tra l’isola Madre e Pallanza, mentre lenzuola bianche, fresche di bucato, pendono svolazzanti dai balconi delle prime case a ridosso del lungolago di Ghiffa. Salendo ancora più su, sul punto più alto del Sasso del Ferro, il panorama è ancora più ampio. Salire qui sopra o andare sulla sponda piemontese in vetta al Mottarone, allo Spalavera o al Monte Rosso, offre l’opportunità di ammirare il lago e le terre che lo circondano da diversi angoli di visuale.
Ognuno con i suoi occhi e la propria sensibilità come fece anche Stendhal, confidando al suo diario la “deliziosa vista” da una terrazza sull’Isola Bella: “A sinistra, l’isola Madre e una parte di Pallanza, quindi il ramo del lago che più in là entra in Svizzera; di fronte, Laveno; a destra, il ramo di Sesto. Cinque o sei profili di montagne velate dalle nubi. Questo panorama fa il paio con quello del golfo di Napoli e parla ancor meglio al cuore. A mio parere queste isole risvegliano il sentimento del bello ancor più di San Pietro. Finalmente il mio spirito, che per amore di un bello troppo bello trova sempre da criticare, ha incontrato qualcosa in cui nulla v’è di criticabile”.