Don Giacomo Alberione, uno dei padri della comunicazione sociale
Tra i personaggi che hanno contribuito a dare lustro al Piemonte spicca anche il saerdote che fondò i Paolini
a cura di Mario Bocchio
Don Giacomo Alberione nasce a San Lorenzo di Fossano il 4 aprile 1884; studiò nei Seminari di Bra e di Alba, dove fu ordinato sacerdote da monsignor Giuseppe Francesco Re il 29 giugno 1907; viceparroco a Narzole, nel 1908 fu chiamato dal vescovo a svolgere le funzioni di direttore spirituale del Seminario diocesano; la sua vocazione era però quella di dedicarsi all’apostolato della stampa ed il 21 ottobre 1913, assunse la direzione del settimanale diocesano Gazzetta d’Alba; nel 1914 fondò ad Alba, in piazza Cherasca la prima stamperia dando vita alla Pia Società San Paolo col nome di Scuola Tipografica Piccole Operaie. Formò sei congregazioni religiose che alla sua morte contavano circa 6.000 componenti.
Ad Alba in otto anni costruì il complesso della San Paolo con la chiesa dedicata all’Apostolo Paolo, la chiesa del Divin Maestro, una fornace ed una cartiera, fondò la rivista Famiglia Cristiana nel 1931 e la Famiglia Paolina si diffuse in tutto il mondo. Nel 1964, sindaco Ettore Paganelli, gli fu conferita la cittadinanza onoraria di Alba; morì a Roma il 26 novembre 1971. È stato proclamato beato il 27 aprile 2003 da Giovanni Paolo II. La famiglia umana - alla quale don Alberione si ispira e come fa notare un articolato approfondimento di Gazzetta d’Alba - è composta di… fratelli e sorelle. Don Alberione è ben consapevole del ruolo importante che la donna, esercita nel “fare del bene” a gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli. La prima donna che segue don Alberione è una ragazza ventenne di Castagnito: Teresa Merlo. Con il suo contributo, Alberione dà inizio alla congregazione delle Figlie di San Paolo (1915). Lentamente, ma decisamente, tra difficoltà di ogni genere, la “Famiglia” si sviluppa, le vocazioni maschili e femminili aumentano, l’apostolato si delinea e prende forma.
Nel 1918, a dicembre, avviene una prima partenza? di “figlie” verso Susa: inizia una coraggiosa storia ricca di fede e di giovanile entusiasmo, che genera anche uno stile caratteristico, denominato “alla paolina”. Però, nel luglio 1923 una nube oscura sembra troncare sul nascere tutti i sogni. Don Alberione si ammala gravemente e il responso dei medici non lascia speranze. Ma ecco che, contrariamente ad ogni previsione, don Alberione riprende miracolosamente il cammino: “San Paolo mi ha guarito”, commenterà in seguito. Da quel periodo appare nelle cappelle Paoline la scritta che in sogno o in rivelazione il Divin Maestro rivolge al Fondatore: “Non temete - Io sono con voi - Di qui voglio illuminare - Abbiate il dolore dei peccati”. Nel 1924 prende vita la seconda congregazione femminile: le Pie Discepole del Divin Maestro, per l’apostolato eucaristico, sacerdotale, liturgico. A guidarle nella nuova vocazione don Alberione chiama la giovane Orsola Rivata.
Intanto don Alberione, sempre bruciato dallo “zelo” per le anime, va individuando le forme più rapide per raggiungere con il messaggio evangelico ogni uomo, soprattutto i lontani e le masse. Intuendo che, accanto ai libri, un mezzo molto efficace poteva risultare la pubblicazione di periodici, eccolo buttarsi massicciamente in questa forma di apostolato. Nel 1912 era già nata la rivista Vita Pastorale destinata ai parroci, al fine “che ogni pastore sia un Pastor Bonus, modellato sopra Gesù Cristo…”; adesso (1931) nasce Famiglia Cristiana, rivista settimanale con lo scopo di alimentare la vita cristiana delle famiglie. Seguiranno: La Madre di Dio (1933), “per svelare alle anime le bellezze e le grandezze di Maria”; Pastor bonus (1937), rivista mensile in lingua latina, nella quale si trattavano problemi di cura pastorale e venivano offerte profonde meditazioni biblico-teologiche; Via, Verità e Vita (1952), rivista mensile per la conoscenza e l’insegnamento della dottrina cristiana; La Vita in Cristo e nella Chiesa (1952), con lo scopo di far “conoscere i tesori della Liturgia, diffondere tutto quello che serve alla Liturgia, vivere la Liturgia secondo la Chiesa…”. Don Alberione pensa anche ai ragazzi: per loro nel 1924 fa pubblicare Il Giornalino. Si pone pure mano alla costruzione del grandioso Tempio a San Paolo in Alba, prima chiesa dedicata a una delle devozioni fondamentali della Famiglia Paolina. Seguiranno i due Templi a Gesù Maestro (Alba e Roma) e il Santuario alla Regina degli Apostoli (Roma). Nel 1926 si concretizza la fondazione della prima Casa “filiale” a Roma, seguita negli anni successivi da molte fondazioni in Italia e all’estero.
Nell’ottobre 1938 Don Alberione fonda la terza congregazione femminile: le Suore di Gesù Buon Pastore o “Pastorelle”, destinate all’apostolato pastorale diretto in ausilio ai pastori.
La Seconda guerra mondiale (1940–1945) segna una battuta d’arresto; ma il Primo Maestro, forzatamente fermo a Roma, non si arresta nel suo itinerario spirituale. Mentre attende il ritorno di condizioni migliori per operare, egli va accogliendo in misura sempre più radicale la luce di Dio in un clima di adorazione e contemplazione ogni giorno crescente. Frutto di tale attitudine adorante sono gli scritti che il continua a regalare ai suoi figli, tutti di grande rilievo per la Famiglia Paolina. Ricordiamo solo la “Via humanitatis” (1947), altissima rilettura del cammino dell’umanità in ottica mariana (“per Mariam, in Christo et in Ecclesia”), e quello che è il suo sogno incompiuto: il progetto di un’enciclopedia su Gesù Maestro (1959). Per don Alberione l’attività piena riprende alla fine del 1945, con i grandi viaggi intorno al mondo, allo scopo di incontrare e confermare fratelli e sorelle. Rimane “folgorato” dall’Oriente (India, Cina, Filippine…): le moltitudini, i miliardi di persone. Ma quanti conoscono Gesù Cristo? “Mi protendo in avanti! Non pensare a quel che si è fatto, ma piuttosto a quanto rimane da fare”.
Gli anni 1950–1960 sono gli anni d’oro del consolidamento della Famiglia Paolina: tutto fiorisce con vocazioni, fondazioni, edizioni, iniziative molteplici, impegno nella formazione, nello studio, nella povertà. Nel 1954 si celebra il quarantesimo di fondazione, documentato in un volume pubblicato nella circostanza: “Mi protendo in avanti”. È esattamente in questa occasione che don Alberione riesce a vincere la sua naturale ritrosia nel parlare di sé stesso e consegna ai suoi figli lo scritto che sarà pubblicato con il titolo: “Abundantes divitiae gratiae suae” e che viene considerato ora come la “storia carismatica della Famiglia Paolina”. Con la fondazione della quarta congregazione femminile: l’Istituto Regina degli Apostoli per le vocazioni (Suore Apostoline), dedite all’apostolato vocazionale (1959) e con gli Istituti aggregati: San Gabriele Arcangelo, Maria SS.ma Annunziata, Gesù Sacerdote, Santa Famiglia, si completa il grande “albero” della Famiglia Paolina.
Don Alberione è ora la guida di circa diecimila persone, inclusi pure i Cooperatori Paolini, fondati nel 1917, tutte unite tra loro dallo stesso ideale di santità e di apostolato: l’avvento di Cristo, Via, Verità, Vita, nelle anime e nel mondo, mediante gli strumenti della comunicazione sociale. Negli anni 1962–1965 il Primo Maestro è protagonista silenzioso, ma molto attento del Concilio Vaticano II, alle cui quattro “sessioni” partecipa quotidianamente con vivo impegno. Giorno di particolare giubilo è il 4 dicembre 1963, in cui viene emanato il Decreto conciliare “Inter Mirifica” sugli strumenti della comunicazione sociale da assumersi come mezzi di evangelizzazione. Egli così commentò: “Ora non potete più avere dubbi. La Chiesa ha parlato”. E ancora: “Vi ho dato il meglio. Se avessi trovato qualcos’altro di meglio, ve lo darei ora, ma non l’ho trovato”.
Nel frattempo, non mancano tribolazioni e sofferenze. Tra le più acute, la morte dei suoi primi figli e figlie. Il 24 gennaio 1948 torna al don Timoteo Giaccardo, che egli considera “fedelissimo tra i fedeli”. Quindi, il 5 febbraio 1964, don Alberione è colpito da un nuovo, profondo dolore per la morte della Prima Maestra Tecla (Teresa Merlo), la donna che non dubitò mai e vide in lui l’uomo trasmettitore della volontà di Dio. In quell’occasione don Alberione non si preoccupò di nascondere le lacrime. Don Giacomo Alberione visse 87 anni. Le sue ultime ore furono confortate dalla visita e dalla benedizione del Papa Paolo VI, che non nascose mai la sua ammirazione e venerazione per il sacerdote piemontse. Ad ogni membro della Famiglia Paolina è oltremodo cara la testimonianza che volle lasciare il Papa Paolo VI, nella memorabile duienza concessa al Primo Maestro e a una folta rappresentanza di membri della Famiglia Paolina, il 28 giugno:
“Eccolo: umile, silenzioso, instancabile, sempre vigile, sempre raccolto nei suoi pensieri, che corrono dalla preghiera all’opera, sempre intento a scrutare i segni dei tempi, cioè le più geniali forme di arrivare alle anime, il nostro don Alberione ha dato alla Chiesa nuovi strumenti per esprimersi, nuovi mezzi per dare vigore e ampiezza al suo apostolato, nuova capacità e nuova coscienza della validità e della possibilità della sua missione nel mondo moderno e con i mezzi moderni. Lasci, caro don Alberione, che il Papa goda di codesta lunga, fedele e indefessa fatica e dei frutti da essa prodotti a gloria di Dio ed a bene della Chiesa”. Il 27 Aprile 2003, Giovanni Paolo II lo ha proclamato Beato.
Fonti: Gazzetta d’Alba