Donat-Cattin e il cosiddetto “autunno caldo”

Donat-Cattin il “ministro dei lavoratori”

Era il 14 maggio del 1970, quando lo Statuto dei Lavoratori venne definitivamente approvato dal Parlamento italiano

Crpiemonte
5 min readMay 25, 2020

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ricerca a cura di Mario Bocchio

La figura di Carlo Donat-Cattin - in ambito piemontese, ma anche nazionale ed europeo - rappresenta in modo compiuto la storia dei diritti dei lavoratori, negli anni cruciali della seconda metà del Ventesimo secolo.

Carlo Donat-Cattin, primo piano (foto Fondazione Carlo Donat-Cattin)

Donat-Cattin è ricordato a buon diritto come il “ministro dei lavoratori” e non “del lavoro”, come lui stesso amava definirsi, per la sua lunga battaglia per i diritti dei lavoratori, a partire dal suo ingresso nelle Acli e nella Cgil/Corrente sindacale cristiana nel 1945.

Durante un comizio (foto Fondazione Carlo Donat-Cattin)

«La Costituzione entra nelle fabbriche», commentò Donat-Cattin. Era il 14 maggio del 1970, quando lo Statuto dei Lavoratori venne definitivamente approvato dal Parlamento italiano. A dicembre del 1969, in un clima segnato dall’autunno caldo, era arrivata l’approvazione del Senato. Pochi avrebbero immaginato che sei mesi dopo, a ridosso delle elezioni amministrative e in un periodo di scioperi e turbolenze, la Camera avrebbe dato il via libera a una legge su cui si discuteva da almeno un decennio.

Con l’Avvocato Gianni Agnelli (foto Fondazione Carlo Donat-Cattin)

Tutelare i lavoratori, andando ad affermare quali diritti e libertà essi detengono sul posto di lavoro, oltre ai doveri. Fu questo il principio primo che spinse i ministri del lavoro Giacomo Brodolini, prima, e il successore Carlo Donat-Cattin, poi, a insistere perché si arrivasse a una definizione di una legge in tal senso. Si trattò di una battaglia, per affermare un modo nuovo di intendere i lavoratori nella società: protagonisti, e non più sudditi; cittadini che partecipano alla costruzione della Repubblica, che la Costituzione fonda per l’appunto sul lavoro.

L’approvazione dello Statuto dei lavoratori sulla “Gazzetta del POpolo”

Non a caso Donat-Cattin commentò: «La Costituzione entra nelle fabbriche». Era convinto, in contrapposizione dialettica coi sindacati (che ritenevano la materia da risolvere tramite contrattazione) e con gli industriali (che temevano per l’esercizio dei poteri imprenditoriali), che la carta costituzionale dovesse regolare i posti di lavoro in modo più efficace.

Lo Statuto dei lavoratori

Donat-Cattin riconobbe anche che, come legge, lo Statuto dei Lavoratori aveva dei limiti e che era stato pensato in funzione delle esigenze del tempo. Infatti auspicò fin da subito dei miglioramenti.

Le rivendicazioni dell’epoca

E aiutò così a superare le incertezze dei gruppi parlamentari, che decisero di non ritardarne l’entrata in vigore. In generale allo Statuto si riconosceva la volontà di andare incontro alle esigenze dei lavoratori, nell’interesse della pace sociale.

Un suo intervento in un’affollata assemblea (foto Fondazione Carlo Donat-Cattin)

Nel marzo 2019 la Fondazione Carlo Donat- Cattin nel centenario della nascita dell’esponente Dc, aveva organizzato un convegno al Senato. «La sua impronta, il suo modo d’intendere il rapporto con il mondo erano quelli di un sindacalista nel senso più profondo e nobile del termine. Si possono ancora oggi valorizzare aspetti straordinariamente moderni del suo contributo e un’ulteriore interpretazione del rapporto con Giulio Pastore fondatore della Cisl certamente dialettico in molte fasi, ma prezioso, e non casuale, di una fede mai ostentata., profonda, serena, sincera. In quell’approccio era ben riconoscibile il loro comune intendere le esigenze concrete del popolo dei lavoratori e l’interesse ai bisogni reali di quel popolo, materiali e immateriali, al progresso nelle condizioni di lavoro e di vita, alla crescita culturale e umana e perciò all’indispensabile lavorio quotidiano e costante del sindacato e della politica».

Una classica postura oratoria di Donat-Cattin (foto Fondazione Carlo Donat-Cattin)

La leader della Cisl Annamaria Furlan ricordò l’impegno dello statista democristiano, a inizio anni Cinquanta, per affermare il ruolo dei lavoratori nella dinamica aziendale. Perché anche nelle fabbriche - scriveva Donat- Cattin - «è certo che la democrazia non può essere, nel concreto, una parola con la quale gli uomini si prendono in giro gli uni con gli altri». Coerentemente Carlo Donat- Cattin si presentò puntuale all’incontro con la storia nella sua veste di ministro del Lavoro, assumendo la proposta di legge sullo Statuto dei lavoratori, legge poi riscritta in base a nuove mediazioni politiche, ma che vide proprio Donat- Cattin protagonista assoluto in quella che possiamo definire una pietra miliare del sistema delle regole e delle tutele per il mondo del lavoro. Fra i molti eventi legati al suo nome nelle due stagioni che lo videro al Ministero di via Flavia vogliiamo ricordare, tra gli altri, i due lodi entrati a pieno titolo negli annali della storia sindacale e politica nazionale e che ben ne connotano la vocazione pragmatica. Il primo relativo al rinnovo del Ccnl dei metalmeccanici del 1969, simbolo dell’ autunno caldo per la vastità e l’intensità del conflitto sociale che si aprì nel Paese in un contesto politico lacerato dalla strage terroristica di Piazza Fontana a Milano, premonizione degli anni di piombo.

Giuseppe Spataro, Carlo Donat Cattin e Giulio Andreotti (foto Istituto Luigi Sturzo)

L’accordo fu raggiunto, grazie alla mediazione decisiva di Donat- Cattin Ministro del lavoro, che gettò le basi per un concreto avanzamento dei diritti collettivi e individuali, contribuendo a mantenere il conflitto sociale nell’alveo sicuro della legalità e della dialettica sindacale. Il secondo evento fu il rinnovo del Ccnl dei bancari dell’aprile del 1990 e il lodo ministeriale grazie al quale fu rinnovato. «Ecco perché, certa di non mancare di rispetto all’uomo politico, mi sento di affermare che Carlo non ha mai smesso di essere un sindacalista, nel senso non formale del termine, perché l’essere sindacalista prima ancora che un modo di fare è un modo di essere che lo ha sempre accompagnato. E d’altra parte non si può smettere di essere ciò che si è, ma si può solo cambiare ciò che si fa», concluse Furlan.

Bibliografia: Fondazione Carlo Donat-Cattin; “I 40 anni dello Statuto dei Lavoratori” di Alessandro Parola; “Carlo Donat-Cattin e la centralità del lavoro”, Fondazione Carlo Donat-Cattin; “Donat-Cattin e lo Statuto dei lavoratori” di Gianni Merlo; “Convegno su Carlo Donat-Cattin al Senato”

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