Gli strumenti del barbiere

Due barbieri d’altri tempi

I ferri del mestiere erano quelli tradizionali, a cominciare dal rasoio a lama fissa, che ogni quattro o cinque mesi veniva affilata da un arrotino ambulante

Crpiemonte
6 min readJun 16, 2020

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di Marco Travaglini

Siviglia faceva il barbiere. Quasi nessuno, se si escludevano sua moglie Rosetta e l’anziana madre Enrica, rammentava il suo vero nome - Asdrubale - che a onor del vero non si poteva proprio definire tra i più comuni Con il rasoio era un artista. Aveva la mano e l’idea per sfumature, tagli e colpi di pettine; tra lui e quei suoi colleghi che si limitavano al “taglio a scodella” c’era un abisso.

La bicicletta di un barbiere ambulante

Era stato ribattezzato Siviglia perché amava fischiettare la sua gioia di vivere come il Figaro del Barbiere di Siviglia. Così, omaggiando a suo modo Gioacchino Rossini, s’era guadagnato l’appellativo sul campo. La bottega di Siviglia era composta da una sola stanza che dava sulla piazza del paese. L’arredamento era modesto, essenziale. Un canapè di legno impagliato, una poltrona in legno con il poggiatesta, uno specchio a muro ovale posto di fronte alla poltrona sovrastava una mensola su cui teneva gli strumenti. I ferri del mestiere erano quelli tradizionali: il rasoio a lama fissa, che ogni quattro o cinque mesi faceva affilare da un arrotino ambulante; una piccola cote dalla superficie levigata su cui versava una goccia d’olio per poi passarvi la lama a completamento dell’affilatura; la coramella di cuoio appesa al chiodo, una striscia sulla quale faceva scorrere la lama per ravvivarne il filo; le macchinette tosatrici per i capelli, di grosso e di fino; una catinella d’acqua dotata di un apposito incavo per appoggiarla al collo del cliente al quale sciacquare il viso.

Le forbici del barbiere

A differenza del suo aiutante, il giovane Richetto, non amava “rapare” i clienti. Il taglio a zero era riservato solo a coloro ne facevano specifica richiesta o ai bambini infestati dai pidocchi. Per tutti gli altri era la moda a dettare il taglio: c’era chi preferiva quello all’Umberta che richiamava la foggia dei capelli di Umberto II° di Savoia ( che poi non era nulla di più del più comune taglio a spazzola); chi voleva la riga a destra, a sinistra o in mezzo oppure un taglio più trasgressivo come quello alla Mascagni. Il buon Figaro eseguiva il suo lavoro con scrupolo e passione, attento a non sprecare nulla. Non risparmiava invece la brillantina. Questa sostanza miracolosa, inventata nel 1928 in Inghilterra e composta da un mix di acqua, oli minerali e cera vergine, veniva spalmata voluttuosamente sulle teste dei clienti.

Un calendarietto profumato

Guai se avesse avuto fra le mani l’americana Brylcreem, usata da attori come Humphrey Bogart, Tyrone Power e Fred Astaire: con quella avrebbe frizionato persino le teste dei calvi. Per le feste di fine anno fu tra i primi a regalare agli amici più affezionati i profumati calendarietti da tasca. Erano piccoli almanacchi con disegni osé ( ovviamente per l’epoca) che venivano nascosti nei portafogli e furtivamente consultati, annusando quella gradevole esalazione odorosa quasi fosse quello il profumo del peccato. Insieme a lui lavorava il giovane Enea, conosciuto ( e temuto) con l’appellativo di “stropacavì”, lo strappa-capelli.

Una macchinetta taglia capelli a mano

A lui era affidato il compito di servire i clienti che, per svariate ragioni, non potevano frequentare la barberia. Era, per così dire, un barbiere “itinerante, che serviva le persone a domicilio, muovendosi con la la bicicletta con il portapacchi sul quale trasportava gli attrezzi. A dire il vero non aveva un granché da portarsi appresso. Il suo essenziale corredo, infilato nella bisaccia a tracolla,era costituito da un rasoio, un pettine, una vecchia macchinetta per tosare, un paio di forbici, un pennello e una tazza dove scioglieva qualche scaglia di sapone di Marsiglia per spalmare un poco di schiuma sul mento e le gote dei clienti.

Una pubblicità della brillantina Linetti con l’infallibile Ispettore Rock (l’attore Cesare Polacco)

A casa di chi ne aveva richiesto i servigi invitava il cliente ad accomodarsi su una sedia nel caso dovesse farsi radere oppure lo faceva mettere a cavalcioni della stessa per il taglio dei capelli. Era un vero professionista della rasatura e per fare la saponata versava l’acqua da un fiasco che portava con se nella bisaccia e con uno straccio bianco che teneva in tasca puliva il rasoio da sapone e peluria. Il problema era che il taglio dei capelli di Enea non conosceva le mezze misure e per questo motivo gli avevano cucito addosso quel nomignolo. Per lui non esistevano la sfumatura alta né quella bassa:appoggiava la macchinetta alla nuca del malcapitato e con poche e rapide mosse lo tosava a zero. Se la vittima accennava una pur minima protesta, lo guardava con due occhi che esprimevano tutto il suo disappunto e il cliente se ne stava zitto e obbediente. A sua discolpa va ricordato che in quegli anni prima del boom economico in molte case dei piccoli paesi di montagna e di pianura non c’era l’acqua corrente e spesso le fonti erano lontane dalle abitazioni e l’igiene dei capelli, e a volte non solo di quelli, lasciava un poco a desiderare. Era così per gli adulti, figurarsi per le criniere dei bambini dove spesso e volentieri si celavano intere tribù di pidocchi. Dunque, il taglio raso zero e i modi bruschi di Enea sarebbero stati in qualche modo tollerati se non vi fosse stato un problema. Il guaio era costituito da quella vecchia macchinetta che essendo ormai sdentata non tagliava i capelli ma li strappava. Quando sotto le sue grinfie capitava un bambino, il barbiere errante lo teneva in piedi, stretto tra le ginocchia; con la mano sinistra gli immobilizzava il volto, lasciando alla destra il compito della rasatura. Una vera tortura con quell’infernale aggeggio sdentato che mordeva la testa del malcapitato infante.

Vecchi attrezzi da barbiere

Non per caso i bambini lo temevano come il diavolo teme l’acqua santa. Le uniche speranze erano di farsi portare in negozio da Figaro o, molto meno probabilmente, augurarsi che Enea rinnovasse i suoi strumenti. I due barbieri, nonostante i caratteri diversi ( accomodante l’uno, un pò meno l’altro) e le differenti abilità pratiche andavano d’accordo e si dividevano di buon grado il lavoro da fare e i modesti guadagni. In fondo, anche tra i più umili il decoro era un punto d’onore e i due barbieri contribuirono a mantenerlo con i loro tagli e le rasature. A chi non poteva permettersi quella seppur modesta spesa Figaro ed Enea concessero un illimitato credito nella speranza che un giorno o l’altro venisse onorato. In caso contrario, pazienza: non sarebbero diventati più poveri di quanto già non fossero. A distanza di decenni, forse anche per questo, non sono stati dimenticati.

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