Giampiero Boniperti, una vita a testa alta
Il suo nome è indissolubilmente legato alla Juventus, cui è rimasto fedele dapprima per tutta la sua carriera agonistica, detenendo per molto tempo vari primati di presenze e reti, e poi dirigenziale, coincisa con alcuni dei massimi successi sportivi della formazione torinese
di Mario Bocchio
Nasce a Barengo (Novara) il 4 luglio 1928. La Juventus lo preleva dal Momo, squadra dilettantistica del Novarese, nell’immediato secondo dopoguerra e con i mai traditi colori bianconeri, nell’arco di quindici stagioni, disputa 460 partite (444 di campionato, 13 di Coppa Italia e 3 nell’ambito della Coppa dei Campioni) realizzando 179 goal (178 in campionato e 1 in Coppa Italia).
Racconta del suo trasferimento in bianconero: “Le trattative furono brevi; io avevo firmato il cartellino per il Momo ma, sentimentalmente, il mio cuore era per la squadra del mio paese, il Barengo, e desideravo che, nel passaggio alla Juventus, anche quella società avesse qualche guadagno. Andò a finire così: prezzo di acquisto 60.000 lire; 30.000 furono per il Momo e 30.000 per il Barengo, in scarpe, maglie e reti, di cui avevano bisogno. Il fenomeno di casa, però, era Gino, mio fratello. Solo che fumava come un turco altrimenti sarebbe diventato un fuoriclasse. Il 22 maggio 1946 Egidio Perone mi portò a Torino. L’appuntamento era allo Sporting, il tennis club dove i giocatori mangiavano, prima di andare, a piedi, al Comunale. Vidi per la prima volta Sentimenti IV e Rava, Parola e Piola, Varglien II e Locatelli, Coscia e Depetrini, insomma conobbi la mia Juve. Poi andammo al campo: l’avversario era il Fossano, vincemmo 7–0, e io segnai sette goal. Carlin, storico giornalista di ‘Tuttosport’, scrisse: ‘È nato un settimino’. La Juve mi fece firmare il cartellino nel sottopassaggio che portava agli spogliatoi”.
Soprannominato dai suoi avversari Marisa, a causa dei suoi boccoli biondi, Boniperti fu un centravanti mobilissimo, astuto, dalla tecnica sopraffina e dall’innato senso del goal. Boniperti (che nella seconda parte della carriera si sposterà verso il centrocampo), nel 1947-‘48, a meno di vent’anni, con 27 reti, si aggiudica la classifica dei marcatori con 2 goal di vantaggio su Valentino Mazzola capitano del mitico “Grande Torino”.
Boniperti lega il suo nome agli scudetti 1950 (non nascondendo mai la preferenza per questa squadra, da lui ritenuta la più bella) 1952, 1958, 1960 e 1961 e alla Coppa Italia nel 1959 e nel 1960: “Ho avuto tante offerte. Inter, Milan, Roma, il ‘Grande Torino’. Era stato Valentino Mazzola a fare il mio nome a Ferruccio Novo. Il presidente mi ricevette nel suo ufficio: ‘Commendatore’, gli dissi, ‘sono della Juve, non posso’”.
Disputa la sua ultima partita il 10 giugno 1961, ed è un’occasione piuttosto triste per la storia del calcio. Gli avversari sono, infatti, i ragazzini dell’Inter, fra i quali Sandro Mazzola, figlio dello scomparso rivale granata Valentino, polemicamente mandati in campo dalla società nerazzurra ed è forse proprio questo il motivo che induce Boniperti a chiudere la sua carriera. Con la maglia azzurra, partecipa alle spedizioni mondiali del 1950 in Brasile e del 1954 in Svizzera, colleziona 38 presenze e 8 goal. Un gettone e 2 reti con la rappresentativa B. Il 21 ottobre 1953, l’olandese Lotsy lo seleziona per la gara in programma a Wembley fra l’Inghilterra e il Resto d’Europa, organizzata per festeggiare il novantesimo anniversario della Football association. Boniperti, l’unico italiano in campo, al fianco dei vari Nordahl, Vukas, Kubala e Zebec, è autore di una prestazione da favola che corona con due splendidi goals: finisce 4–4, ma il venticinquenne biondo di Barengo è unanimemente riconosciuto come il migliore in campo.
Boniperti il 13 luglio 1971, assume la presidenza della Juventus che, dopo anni non troppo brillanti, torna a volare. Quando la Juventus di Parola perse lo scudetto con il Torino, nel campionato 1975-‘76, Boniperti si presentò a Villar Perosa, per discutere dei contratti con i giocatori.
Nella propria borsa, oltre ai contratti, aveva anche un ritaglio di giornale, con la formazione scesa in campo a Perugia. Sedici maggio 1976, la Juventus perde per 1–0 e il Torino, pareggiando in casa contro il Cesena, può festeggiare il tricolore. Ai giocatori che, mano a mano, entravano nella sua stanza, Boniperti diceva: “Tu c’eri a Perugia…”. Nessuno ebbe certo il coraggio di rilanciare sul reingaggio.