Gianluigi Bonelli, un romanziere prestato al fumetto

Gianluigi Bonelli, il papà di Tex

Ha avuto il merito di essere stato tra i primissimi autori a non aver dato una rappresentazione pregiudiziale e stereotipata sugli indiani, anticipando così di circa un ventennio il western revisionista del cinema statunitense

Crpiemonte
6 min readMay 8, 2020

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di Mario Bocchio

Il 12 ottobre 2001 moriva ad Alessandria Giovanni Luigi Bonelli, detto Gianluigi. Fumettista, scrittore ed editore è stato, insieme ad Aurelio Galleppini (Galep), il creatore del personaggio planetario dei fumetti Tex, nonché fondatore della più importante casa editoriale italiana del settore, la Sergio Bonelli Editore. Alzi la mano chi, superati i cinquant’anni, non ha almeno una volta sfogliato un’avventura di Tex Willer!

Gianluigi Bonelli visto da Aurelio Galleppini

Una leggenda. Questa è l’unica definizione possibile di Tex che, pubblicato ininterrottamente da più di settant’anni, è il più longevo personaggio del fumetto italiano e, insieme a Superman e Batman, uno dei più duraturi del fumetto mondiale. Familiare in Italia come la Ferrari e la pizza, continua ad avere centinaia di migliaia di affezionati lettori.

Bonelli, una vita dedicata al fumetto

Il segreto del suo successo? Il fascino del personaggio (grintoso, ironico, antirazzista e nemico di ogni ingiustizia), degli ambienti (praterie, foreste, deserti) e degli avversari (fuorilegge e indiani ribelli, ma anche maghi vudù e sette segrete). Per gli indiani Navajos è Aquila della Notte, saggio capo bianco e fratello di ogni uomo rosso. Per i bianchi è l’agente indiano della Riserva Navajo e un ranger dalla mira infallibile.

Il mitico Tex Willer

Per i fuorilegge che hanno la sventura di incrociare la sua pista è l’incubo peggiore. Dal 1948, l’eroe creato dalla penna di Bonelli e dal pennello di Galleppini cavalca sulle piste del West e dell’Avventura, dall’Arizona al Grande Nord, dal Rio Grande all’Oceano Pacifico. Raddrizzatore di torti e dispensatore di giustizia, Tex non è un cavaliere solitario. Può contare sull’aiuto e sulle pistole dei suoi pards: l’anziano e burbero Kit Carson (altra leggenda del West), il fiero navajo Tiger Jack e il figlio Kit, tutto suo padre. Un poker di pistole al servizio della legge! Tex è stato un fuorilegge (ma soltanto per il suo temperamento anarchico e libertario), ha combattuto la Guerra civile con il Nord, pur essendo texano, perché fieramente antischiavista.

Autoritratto di Aurelio Galleppini “Galep”

Ha lottato per la libertà del Messico con l’amico Montales. Dopo aver conosciuto Kit Carson, è entrato nel corpo dei rangers. È diventato capo dei Navajos (il suo nome indiano è Aquila della Notte) sposando Lilyth, figlia del capo Freccia Rossa. Da lei ha avuto il figlio Kit. Lilyth è morta, uccisa da criminali bianchi, ed è stata vendicata da Tex. Molto innamorato della moglie, Tex non si è legato a nessun’altra donna dopo la sua morte.

Aquila della Notte

Dotato di grandi doti fisiche e atletiche, abilissimo a sparare, Tex combatte fuorilegge, proprietari terrieri senza scrupoli, politicanti corrotti, indiani in rivolta, è un difensore dei deboli e degli oppressi, è sempre stato fortemente antirazzista e amico degli indiani, e questo è un fatto straordinario per un personaggio nato nel 1948! Sposandosi con un’indiana, e legandosi al popolo rosso, Tex ha precorso le tematiche antirazziste dei western degli anni Settanta. E questa è un’altra prova della grandezza del serial. Tex non è un vigilante. Sebbene a volte usi metodi sbrigativi per combattere i criminali, Tex è essenzialmente un ranger, un uomo di legge. Ha spesso salvato presunti criminali dal linciaggio di una folla inferocita e quando uccide lo fa soltanto per legittima difesa. Odia i cacciatori di taglie. Anche se è nato in Italia, Tex non è uno “spaghetti-western”, è un western classico, e non ha nulla in comune con “giustizieri senza nome” alla Clint Eastwood.

Sempre dalla parte del bene

Il West di Tex è quello di John Ford e di Howard Hawks: l’attore adatto per interpretare il nostro sarebbe stato John Wayne o Charlton Heston. Il western classico è morto al cinema, ma continua nei fumetti. Tex è amico e protettore degli indiani, ma combatte le ingiustizie da qualunque parte vengano. Nella serie, gli indiani non sono soltanto “buoni”: sono individui a tutto tondo (anche se è ben specificato che i “cattivi” indiani hanno mille ragioni per esserlo). Pur essendo un personaggio tipicamente western, Tex ha viaggiato per tutti gli States, conosce benissimo il Canada e il Messico, è stato a Panama e in Melanesia.

Tex con la moglie Lilyth e il piccolo Kit

Nelle sue storie ci sono le grandi praterie del Mid-West, i deserti del Sud-Ovest, le foreste del Grande Nord, le città dell’Est, le giungle pluviali, le misteriose rovine maya e azteche. Tex cavalca su tutti i sentieri dell’avventura. Tex è spesso vestito alla maniera navajo. Apprezza e rispetta la cultura indiana, e difende il popolo rosso da chi lo vuole distruggere: trafficanti d’armi o d’alcol, generali che pensano che “l’unico indiano buono è un indiano morto”. Tex è scampato a quasi trecento agguati, ha affrontato una trentina di duelli, ha pestato cinquecento persone, è imbattibile a poker, cavalca, spara e scala montagne come nessuno. Queste cifre danno una misura dell’eccezionalità di Tex che, in tutti questi anni di vita editoriale, ha vissuto ogni genere di esperienza. Eppure, malgrado ciò, Tex è un personaggio molto umano e simpatico, e non ha nulla in comune con gli eroi monolitici.

L’eterna lotta contro i fuorilegge

Il figlio Sergio ha seguito le orme del padre; stiamo parlando di Guido Nolitta, non de plume. Gianluigi Bonelli si ritirò ufficialmente dall’attività di sceneggiatore nel 1991, anno in cui venne pubblicata la sua ultima storia di Tex, Il medaglione spagnolo, disegnata da Guglielmo Letteri. Già da alcuni anni però aveva passato il testimone della serie a Claudio Nizzi occupandosi prevalentemente della supervisione delle storie, attività alla quale si dedicò fino alla sua morte. Bonelli parlò sempre di sé stesso come di un “romanziere prestato al fumetto e mai più restituito”. Il suo modo di narrare risente della lezione del grande romanzo avventuroso d’appendice e in particolare di autori quali Alexandre Dumas, Jack London, Donn Byrne, Victor Hugo ed Emilio Salgari, da lui stesso indicati come le sue principali fonti d’ispirazione.

Ancora un primo piano di Gianluigi Bonelli

Una delle peculiarità del Bonelli autore di fumetti sono le sue caratteristiche “sceneggiature disegnate”: in pratica non descriveva a parole la scena che il disegnatore doveva interpretare e poi realizzare (com’è consuetudine), ma, come in uno storyboard cinematografico, abbozzava la tavola dando quindi indicazioni molto precise sulla sua struttura sequenziale e sulle singole inquadrature.

Tex con i suoi celebri pards: Kit Carson, il figlio Kit e Tiger Jack

Come i grandi romanzieri dell’Ottocento e del Novecento, Bonelli non aveva bisogno di calpestare le praterie per descriverle. Per lui l’avventura era in ogni luogo, in ogni città. È stato un romanziere prestato al fumetto. Disse una volta: “Tex sono io. Nel mio Tex c’è il mio senso di reazione a ogni ingiustizia”. A noi piace ricordarlo così.

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