Lo scrittore Prino Levi

Gli ippocastani di Primo Levi a Torino

Cuore di legno” è la poesia che Primo Levi dedicò nel 1980 agli alberi che ombreggiavano la casa dove visse sempre

Crpiemonte
3 min readMar 5, 2021

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di Marco Travaglini

“Il mio vicino di casa è robusto. E’ un ippocastano di Corso Re Umberto; ha la mia età ma non la dimostra. Alberga passeri e merli, e non ha vergogna, in aprile, di spingere gemme e foglie, fiori fragili a maggio; a settembre ricci dalle spine innocue con dentro lucide castagne tanniche.. Non vive bene. Gli calpestano le radici i tram numero otto e diciannove ogni cinque minuti; ne rimane intronato e cresce storto, come se volesse andarsene.. Anno per anno, succhia lenti veleni dal sottosuolo saturo di metano, è abbeverato d’orina di cani. Le rughe del suo sughero sono intasate dalla polvere settica dei viali; sotto la scorza pendono crisalidi morte, che non diventeranno mai farfalle. Eppure, nel suo torpido cuore di legno sente e gode il tornare delle stagioni”.

Il palazzo dove abitò Prino Levi

Sono alcuni brani della poesia intitolata “Cuore di legno” che Primo Levi dedicò nel 1980 agli alberi che ombreggiavano la casa dove visse sempre, dal giorno della nascita — nel luglio del 1919 — a quel tragico 11 aprile del 1987 in cui decise di togliersi la vita. Per sessantasette anni visse nel palazzo torinese al civico 75 di corso Re Umberto. L’unico periodo in cui fu costretto a lasciare la sua dimora — tra il 1942 e l’ottobre del 1945 — lo raccontò nei suoi libri. Un tempo duro e drammatico scandito dal periodo trascorso lavorando a Milano in una fabbrica di medicinali, dai pochi mesi vissuti da partigiano in Val d’Aosta, dall’arresto il 13 dicembre 1943, la deportazione nel campo di concentramento di Fossoli, vicino a Carpi, gli undici mesi nel lager di Auschwitz e gli altri nove passati sulla via del ritorno verso casa.

I frutti dell’ippocastano

Una sua biografia si apre con la descrizione del luogo dove si trovava la sua dimora e, ovviamente, i viali alberati con gli ippocastani: “uno degli ampi viali che tagliano a scacchi l’elegante quartiere della Crocetta.. i pesanti portoni dei palazzi dalle facciate austere..in mezzo alla folta vegetazione di ippocastani, i tram scivolano sui binari presi d’assalto dalle erbacce”. Una scrittura lineare, chiara. Un richiamo, una denuncia garbata quanto ferma che richiedeva attenzione e ascolto per ottenere che l’ambiente urbano non degradasse, non venisse offeso dall’incuria.

Da Atlante di Torino. Foto del 1985 pubblicata su The guardardian per un articolo della scrittrice americana Toni Morrison. L’immagine è stata scatta sul balcone della casa di Primo Levi

Al pari della coscienza civile che era propria di Levi quando scriveva per tutti perché desiderava che tutti comprendessero l’importanza della memoria e del rispetto, anche in questo caso lo scrittore esprimeva opinioni importanti. Primo Levi, da uomo concreto che amava della chimica “il rassicurante rigore applicato allo studio della natura sin nella sua essenza più profonda, e la ricchezza di strumenti utili a spiegare il mondo e la stessa vita” si rivolgeva alla coscienza di tutti, riflettendo attraverso la poesia sulle domande della vita. Per gli uomini, e anche per la natura.

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