Un battello sul lago Maggiore davanti all’isola Bella

I lombardo-piemontesi del lago Maggiore

Passeggiando sul lungolago di Baveno, sulla sponda occidentale del Lago Maggiore, ci si specchia sul golfo Borromeo

Crpiemonte
6 min readApr 16, 2020

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di Marco Travaglini

Le isole stanno lì, in fila e in mezzo al lago, tra Pallanza e Stresa. Dal parco della Villa Fedora, appartenuta al noto compositore Umberto Giordano, fino alla sontuosa Villa Henfrey (più nota come Villa Branca) dove sono stati ospiti la Regina Vittoria d`Inghilterra e lord Byron, l’orizzonte del lago trova nell’isola Superiore ( o dei Pescatori) e nell’isola Bella un punto fermo.

Il golfo Borromeo del lago Maggiore

Dalle parte opposta al lago, sul monte Camoscio s’incontravedono le cave dalle quali si estrae il famoso granito rosa. Pietra preziosa, il granito di Baveno, utilizzata per realizzare la Galleria Vittorio Emanuele a Milano e il colonnato della romana Basilica di San Paolo. Da ragazzi, in tempi ormai lontani, attraversato l’abitato di Oltrefiume si andava a pescare sulla spiaggetta di fronte allo storico laboratorio per la lavorazione lapidea delle Cave Marmi Vallestrona. In quel punto, sul confine con la frazione di Feriolo, facevano mostra di se due enormi, granitiche ruote da frantoio, lavorate dalla paziente opera degli scalpellini. Si pescavano le tinche a fondo, con l’esca di polenta o , verso sera, le anguille.

Il lago Maggiore dal belvedere del giardino botanico Alpinia

A causa dell’oscurità, non potendo contare sul galleggiante a vista ci si affidava a un pezzettino di carta in bilico sulla lenza: quando il pesce abboccava, lo strappo al filo di nailon faceva “saltare” il foglietto e si poteva allamare la preda. A volte si andava con la canna fissa a pescare nei pressi dell’imbarcadero o nei porticcioli. Lì l’acqua era più scura; prendeva il colore cupo delle vecchie pietre dove stavano, ormeggiate e dondolanti, le barche. Sul lago misuravamo le distanze con il “metro” dei venti, del regime di brezza formato dalla Tramontana che viene da nord, la notte o la mattina, e dell’Inverna, che sale dal senso opposto da pomeriggio a sera. Il vento narra molte cose, come si può leggere in alcune delle pagine più felici regalateci dall’estro creativo del luinese Piero Chiara.

Piero Chiara all’imbarcadero di Luino (Va)

Nel racconto “Ti sento, Giuditta”(che si trova nella raccoltaL’uovo al cianuro e altre storie) Amedeo Brovelli, provetto pescatore e abituale frequentatore del Caffè Clerici, era solito soffermarsi a lungo sul molo dell’imbarcadero di Luino, fiutando il vento di tramontana. Stando lì, dov’erano più intense le folate d’aria, riusciva a distinguere tutti i sentori che il vento,scendendo dalla Svizzera,raccoglieva lungo le valli dell’altra sponda.

Il lago Maggiore. Sullo sfondo a destra la sponda lombarda

Così ”socchiudeva gli occhi estasiato e mormorava: ‘le vacche, i boasc, i boasc’. Riapriva gli occhi e dopo un po’: ‘Il pane, il pane, a Cannobio! Il pane fresco, non lo senti?”. E Cannobio, precisava Chiara, “era sull’altra sponda del lago a otto chilometri. Capii che il Brovelli sentiva l’odore del pane, nel vento (di tramontana). Del pane che usciva in quel momento da un forno a Cannobio; subito mi parve di sentire anch’io quell’odore. ‘Lo sento”, dissi ‘lo sento”. Michette, michette di semola!” . Il lago, come gli spiegava l’interlocutore fatto esperto dagli anni, “non ha odore sotto il vento e non turba quelli che gli passano sopra”. Leggendo quel racconto non è difficile immaginare come il profumo del pane appena sfornato si confondesse con il sentore delle vacche e delle capre della Val Cannobina che, dall’opposta riva del lago, proveniva dalle stalle di Cavaglio e di Spoccia.

Il lungolago di Baveno

Oppure con il fragrante aroma di tabacco Virginia che fuoriusciva dalla Fabbrica Tabacchi Brissago, nell’omonima località sulla riva elvetica del lago Maggiore dove si sfornavano sigari dal 1847. Piero Chiara amava ambientare le sue storie tra le due sponde del Verbano, quella “grassa” (piemontese) e l’altra “magra”(lombarda). Noi, che mezzi lombardi e mezzo piemontesi lo siamo sempre stati vivendo nel Verbano-Cusio-Ossola, leggevamo i suoi racconti con avidità. La provincia più a nord del Piemonte è una realtà geografica che può essere facilmente paragonata a un cuneo di terra conficcato a forza nella catena alpina che divide, con le Lepontine, l’Italia dalla Svizzera, il lembo più settentrionale della nostra regione con i due cantoni elvetici del Vallese e del Ticino.

Simplon Orient Express, poster 1947

Un cuneo di terra e di storie che condivide con la Lombardia il lago Maggiore. La storia del lago è stata legata, a lungo e a doppio filo, con quella della Lombardia e delle sue “casate”: i Visconti, gli Sforza, i Borromeo. Quest’ultima famiglia, in particolare, dalla metà del 1400 in poi, è stata una protagonista indiscussa della vita lacustre, esercitando tra l’altro i diritti di pesca. Quello che in epoca romana veniva chiamatoLacus Maximus ,a indicarne la grandezza rispetto ai laghi vicini, o ancheVerbanus,presumibilmente associando due vocaboli celtici comever(grande) ebenn(recipiente), si è offerto come scenario per molti racconti e importanti incontri con scrittori,pittori, poeti e personaggi che hanno fatto la storia europea e italiana. Le onde del lago Maggiore (lach Magiür, in lingua insubrica), secondo più grande lago in Italia, hanno cullato i viaggi del Grand Tour e attratto gli sguardi dei viaggiatori del Simplon Orient Express quando transitava sul golfo Borromeo, tra Baveno e Stresa. Ormai da oltre due secoli e mezzo queste terre appartengono al Piemonte. Una storia che trae origine dal Trattato di Worms, città tedesca della Renania-Palatinato dove, il 13 settembre 1743, venne concluso un trattato che suggellava l’alleanza antifrancese dei Savoia con Maria Teresa d’Austria. In quell’occasione la sponda occidentale del lago Maggiore e quello che oggi è più o meno il Verbano Cusio Ossola passarono al Regno di Sardegna, diventando sudditi di Carlo Emanuele III di Savoia.

Ti sento Giuditta di Piero Chiara

Un “passaggio” inizialmente mal digerito che generò dissensi e contrarietà, sfociando a volte in aperta contestazione. Quell’alterare la naturale inclinazione verso la Lombardia e quel divenire piemontesi “per cessione” non accrebbe la simpatia verso la casa Savoia. Il distacco delle terre del lago dal milanese influì parecchio sulla vita economica e sociale. La riorganizzazione della vita amministrativa obbligò gli abitanti a “slegarsi” da una regione con la quale,nei secoli,avevano condiviso tutto: interessi reciproci,tradizioni,consuetudini. Se poi, a fine secolo, le idee giacobine trovarono terreno fertile, lasciando un segno profondo, questo non fu frutto di un caso. E quell’essere un po’ metà e metà, tra Lombardia e Piemonte, in fondo è rimasto nel comune sentire anche se, ormai, risulterebbe anacronistico recriminare ancora sui fatti storici ormai coperti dalla polvere del tempo.

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