Ignazio Gardella, l’innovatore
Progettò diverse strutture ancora visibili ad Alessandria
di Mario Bocchio
Il Razionalismo nacque nella Germania della Repubblica di Weimar — durata dalla fine della I Guerra mondiale alla presa del potere da parte di Hitler — che ebbe una forte impronta socialista, tanto da promuovere la progettazione e la costruzione di case per i lavoratori e per le persone che non potevano permettersi un’abitazione con i propri mezzi. Questo aspetto del Razionalismo è molto importante, perché costrinse gli architetti razionalisti a ridurre le spese al minimo, a progettare in condizioni di estrema economia e a usare solo forme, dettagli e componenti architettonici strettamente necessari.
Una dinastia di architetti
In Italia uno dei principali interpreti di questo linguaggio architettonico è stato Ignazio Gardella, che ha progettato ad Alessandria il dispensario antitubercolare, oggi sede degli ambulatori dell’Asl.
“Mio padre era un uomo molto severo con sé stesso, con i famigliari e con gli allievi — afferma amava spiegare il figlio Jacopo, anche lui architetto di fama mondiale, morto in questi giorni — ma era equilibrato, senza severità umorali, balzane o frutto di un carattere difficile o discontinuo. Era obbiettivo e non si è mai lasciato trascinare dalle mode del momento. Al contrario: ha sempre seguito i suoi principi e le sue regole e le ha sempre difese con coerenza, anche a costo di crearsi dei nemici. La mia è una dinastia di architetti: anche mio nonno Arnaldo fece parecchie opere importanti ad Alessandria, lavorando per l’industria Borsalino, di cui divenne l’architetto di fiducia”.
Arnaldo Gardella progettò diverse strutture ancora visibili, come i locali della Borsalino che oggi ospitano l’Università, con uno stile eclettico molto misurato e controllato, non sovrabbondante o retorico. Certamente si tratta di un’architettura non ancora razionalista ma tradizionalista. Poi ha realizzato il grosso edificio dell’Istituto della Divina Provvidenza, centro di assistenza e ricovero per anziani soli e malati fondato dalla beata Teresa Grillo Michel e finanziato dalla famiglia Borsalino, e il Sanatorio, la cui progettazione fu completata dopo la morte proprio dal figlio Ignazio.
“L’architettura di tipo razionalista — ancora il ricordo di Jacopo Gardella — si propone di utilizzare forme razionali che abbiano un senso e una logica a discapito di forme meramente decorative e inessenziali. Nel Razionalismo si sposano logiche costruttive e di abitabilità. Le finestre orizzontali, per esempio, oltre a essere il risultato dell’uso del cemento armato, che permette di avere lunghe aperture senza bisogno di ricorrere all’arco, presenta anche il vantaggio di dare luminosità alle stanze durante tutto il corso della giornata. Oltre al fatto di usare materiali nuovi, il Razionalismo si aprì anche a un destinatario nuovo: si rivolse alla casa sociale, cioè per gente non ricca. Prima del Razionalismo, soprattutto agli inizi del Novecento, le abitazioni a scopo sociale, come quelle per gli operai, erano dovute soprattutto alle iniziative private, come quelle di industriali illuminati”.
Il dispensario antitubercolare
Dispensario antitubercolare significa luogo di prevenzione e analisi preventiva contro la tubercolosi, che negli anni Trenta era ancora diffusa in Europa e in Italia. Uno dei modi per combatterla era quello di prevenirla individuandone i sintomi attraverso le radiografie. Il dispensario era pertanto il luogo dove, soprattutto i bambini, venivano radiografati.
“Il dispensario di Alessandria nacque come deliberata adesione di mio padre all’architettura razionalista, che si contrapponeva a quella ufficiale del regime fascista. Questo va detto, perché ci sono equivoci che, data l’identità del periodo, fanno coincidere il Razionalismo come architettura del regime — precisava sempre Gardella -. Il Razionalismo era malvisto dal fascismo e fu accettato solo in alcuni casi o attraverso dei trucchi, come per il dispensario, o attraverso rare aperture del regime da parte di personaggi di un certo livello, come è stato per la Casa del Fascio di Como di Giuseppe Terragni, voluta e accettata dal ministro Giuseppe Bottai, intelligente e aperto alle novità, comprese quelle architettoniche. Mio padre presentò il progetto del dispensario alla commissione giudicatrice attraverso disegni un po’ vaghi. Quando l’edificio fu quasi concluso ebbe non pochi problemi perché le autorità si resero conto di essere davanti a qualcosa di diverso rispetto al progetto iniziale. L’intervento del senatore Teresio Borsalino, che ad Alessandria contava molto, permise di assolvere mio padre e di ultimare la costruzione dell’edificio esattamente come era stato ideato”.
La struttura in questione rappresenta una forma di Razionalismo d’impronta italiana.
Le origini del Razionalismo
“Mio padre ripeteva sempre che il Razionalismo non era nato in Italia ma in Germania con la scuola del Bauhaus fondata dall’architetto Walter Adolph Gropius, che poi al momento dell’ascesa del nazismo dovette scappare e rifugiarsi in America — ancora Gardella -. Il Razionalismo si contrappose all’architettura tradizionalista d’anteguerra. In Italia arrivò non solo dalla Germania ma anche dalla Francia, dove si era già affermato Le Corbusier. L’Italia elaborò una propria forma di Razionalismo, che rispettava alcuni canoni ma presentava anche modifiche. Il fatto che il Razionalismo fosse stato importato spiega l’ostilità del fascismo, che lo accusò di essere poco patriottico. In un momento di grande progresso, anche tecnico, gli architetti razionalisti pensarono che non fosse più giusto fare ancora le case con i mattoni o le travi in legno ed ebbero quindi ragione ad aderire alle nuove ventate che provenivano dall’estero. Il fascismo, come già detto, accettò alcune opere razionaliste solo per salvare la faccia, per far vedere che non era così ottuso, bigotto e chiuso alle aperture che arrivavano dall’estero. In realtà il regime mussoliniano amava un’architettura retorica, pesante, tradizionalista, con forme riprese dal passato, come la Roma imperiale. Non capì l’importanza della modernità, non solo tecnologica ma anche dei materiali. Per esempio, il piano basso del dispensario è tutto fatto di piastrelle di vetrocemento, che danno luce all’interno senza però permettere che da fuori si veda cosa succede dentro: in questo caso era molto importante, perché la tisi era una malattia di cui si aveva vergogna”.
“In definitiva — il giudizio di Jacopo Gardella — mio padre fu poco simpatizzante del fascismo. Egli stesso, però, mi ha raccontato che sino alla conquista dell’Etiopia del 1936 e alle sciagurate leggi razziali, anche lui lo accettò, come gran parte degli italiani, perché non si rendeva conto dei pericoli di antidemocrazia che conteneva. Era affascinato dalle grandi azioni sociali che erano state compiute, come l’Opera nazionale per l’infanzia o l’assistenza alle madri. Poi scoppiò la guerra, e anche quella fu una follia. Anche fascisti convinti, come l’architetto Terragni, capirono che si sarebbe dovuto cambiare, al pari di Giuseppe Pagano. Quest’ultimo divenne partigiano, fu preso e morì a Mauthausen. Terragni, che andò a combattere in Russia, tornò talmente sconvolto dall’impreparazione dei soldati italiani da non voler più esercitare la professione. Per lui fu come impazzire, tanto che morì giovanissimo”.
La figura di Ignazio Gardella rimase ai vertici del “made in Italy” dell’architettura per tutti gli anni Sessanta e Settanta, con un’intensa attività professionale la cui importanza è testimoniata dalla presenza sulle maggiori riviste internazionali.
Ha avuto anche un ruolo determinante nel campo del design già dal 1947, quando fondò, insieme a Luigi Caccia Dominioni l’azienda Azucena, la prima che inaugurò la produzione italiana di design di qualità.