Una vipera tra i sassi

Il cacciatore di serpi

Li cercava un po’ ovunque, soprattutto in Valgrande , oggi parco nazionale

Crpiemonte
5 min readFeb 4, 2020

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di Marco Travaglini

Luigino era un cacciatore di serpi. Conosceva i segreti per catturare e maneggiare le vipere. S’intrufolava nelle zone più scomode e rocciose, passando in rassegna gli anfratti vari, alla ricerca dei rettili. Soprattutto a mezza costa, nelle parti più assolate dei pendii, tra i sassi nascosti dal brugo o sui versanti scoscesi esposti al sole.

Attenzione, pericolo vipere!

Caro mio, non si va per serpi in pianura. Bisogna scarpinare e non aver fretta. Ti apposti e, quando la biscia si stende a prendere il sole, l’acchiappi al volo. Bisogna esser lesti, veloci. Altrimenti ti morde e son dolori“. Così diceva Luigino che aveva studiato medicina a Pavia dando tutti gli esami senza però laurearsi. Dai serpenti che catturava, cavava il veleno per poi cederlo ad un’ importante ditta farmaceutica tramite un farmacista suo amico. Li cercava un po’ ovunque, soprattutto in Valgrande , oggi parco nazionale.

Il parco nazionale della Valgrande

La chiamavano la “valle delle vipere”, alimentando il mito del leggendario Bazalèsch (il basilisco) e del Galètt, una vipera nera con la cresta che emanava un profumo talmente insistente da far cadere addormentate le incaute persone che avevano la disavventura di incontrarla. In realtà l’essere così poco teneri con queste serpi è ingiusto. La vipera e’ un animale piuttosto timido e pauroso, che attacca solo per difendersi. Può rappresentare un pericolo per le capre o le mucche ma i casi di donne e uomini morsi dalle vipere sono piuttosto rari. “Quando si incontrano sul percorso, basta semplicemente fermarsi e aspettare che si allontanino”, diceva Luigino.

Il mitologico basilisco

Questo nel caso si riesca a vederle per primi, altrimenti se si arriva troppo vicini la vipera si spaventa e può reagire, prima di attaccare, con quel suo caratteristico soffio”. Le vipere, per loro sfortuna e per nostra fortuna, sono gli unici serpenti velenosi esistenti in Italia (la sola regione dove non si trovano le vipere è la Sardegna). A seconda della specie possono vivere indifferentemente in pianura, in collina o in montagna, così come nei boschi, sulle pietraie, nei prati o a ridosso delle siepi, manifestando una certa predilezione per i luoghi ben soleggiati. La vipera dispone di un apparato velenifero perfetto ed efficace, una vera e propria “arma letale”. Il veleno , prodotto da una ghiandola posta sopra il palato, viene inoculato nella ferita al momento del morso attraverso appositi canalini collocati dentro le due piccole zanne. Altamente tossico, talvolta mortale, è in grado di agire in meno di un quarto d’ora. “Le serpi si trovano lontano dai posti abitati”, aggiungeva Luigino.

La fontana del basilisco a Malesco in Valle Vigezzo

Se incontri un aspide o un marasso,lo riconosci dalla testa triangolare e dagli occhi: le vipere hanno le pupille verticali, simili a quelle dei gatti. Si distinguono così dalle bisce innocue che hanno la pupilla tonda. Anche se, a dire il vero, un sacco di gente non perde tempo a guardarle negli occhi e scappa via a gambe levate”. A chi gli chiedeva, mosso da curiosità, se c’era una tecnica per catturarle, rispondeva chela serpe percepisce le vibrazioni del terreno, e fugge. Se però ti avvicini lentamente, con passo felpato, e più o meno conosci la zona, non è difficile scovarla e catturarla anche se si è mimetizzata tra sassi ed arbusti”. E aggiungeva: “occorre sapere che la serpe è abilissima a mimetizzarsi e la sua colorazione si adatta all’ambiente dove vive. E’ un’artista del camuffamento. A volte si riesce a catturarle anche quando si muovono ed è più facile riconoscerle. Ma, ricordate: più della tecnica conta l’esperienza, l’intuito.Ci vogliono mano ferma e occhio vigile: si afferrano per la coda a mani nude, sollevandole in aria e infilandole nel sacco”. C’era anche un periodo “buono” per la caccia? Luigino, sorridendo, rispondeva con un detto ( “a S. Giuseppe la prima serpe” ) che indicava tra fine marzo e l’inizio dell’estate il periodo migliore. Raccontava che nei boschi e fra i sassi di Pian di Boit, in Valgrande, c’erano un tempo quelli che, catturate le vipere, le chiudevano in apposite cassette di legno con uno spioncino e le spedivano all’istituto sieroterapico di Milano. Per quei montanari era un modesto integrativo finanziario al magro reddito d’alpeggio. “Si guadagna qualcosa, ma non si diventava ricchi.Quelle catturate in aprile valgono di più, perché contengono una maggiore quantità di veleno. In una stagione, un bravo serparo riusciva a catturarne 70–80. Io, molti d’anni fa, raggiunsi il mio record: centoventitrè. Ma fu davvero un anno di grazia”. Raccontava spesso, con una punta d’ironia, l’episodio del soccorso prestato a Martino, uno dei “fungiatt”, dei cercatori di funghi più esperti della zona. Quest’ultimo, stando al racconto di Luigino, un pomeriggio si dimenticò della necessaria prudenza, frugando con le mani tra felci e sassi, senza essersi accertato che non vi fosse pericolo.

Una vipera nel prato

Gli era parso di vedere un fungo e, allungata la mano, la ritirò di scatto, dolorante. Una vipera l’aveva morso. “Ero nei paraggi e sentito il grido, volai lì come un falchetto. La pelle, nel punto della morsicatura, era già gonfia, arrossata, con chiazze bluastre. Lo feci distendere e con il mio coltello incisi la ferita, succhiando e sputando via il veleno. Con la cintura dei pantaloni gli strinsi il braccio una ventina di centimetri sopra il segno del morso e lo portai in spalla fino alla cava di granito. Con il fuoristrada di uno dei cavatori andammo al pronto soccorso dove gli prestarono le necessarie cure. E v’assicuro che da quella volta girò sempre con il bastone, frugando dappertutto con quello. Che volete, il morso della vipera gli mise una fifa addosso che non vi dico”.Concludeva con un sorriso quei suoi racconti, rammentando che lui, raramente, aveva ammazzato una biscia perché in fondo quegli esseri, un po’ come tutti gli animali, sono doni del Signore e “non certo peggio degli uomini”.

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