I quattro angoli del Quadrilatero

Il calcio nella nebbia

Il Quadrilatero del calcio piemontese era di provincia, comandava il Piemonte Orientale

Crpiemonte
6 min readDec 16, 2020

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di Mario Bocchio

Il calcio in Piemonte è Juventus e Torino, ma non solo. È nella provincia che sopravvive un gioco dal sapore antico, che lascia trapelare le vicende di un passato ricco di fascino. Qui cominciò, tanti anni fa, la leggenda del football, una leggenda di gente dedita a formare vere e proprie scuole calcistiche, di fedeltà alla maglia, di continua ricerca della qualità, di personaggi che alla palla di cuoio hanno donato intraprendenza, fantasia e, soprattutto, classe sopraffina. Il Quadrilatero piemontese.

I Nerostellati del Casale

Queste squadre sembravano dover scomparire, complici le difficoltà finanziarie, ma hanno saputo sopravvivere e, come le cosiddette sette vite dei gatti, addirittura riscoprire emozioni forti, proprio come la Pro Vercelli, ritornata in serie B dopo 64 anni di assenza. La Società Ginnastica Pro Vercelli nacque nel 1892 e, ad opera di Marcello Bertinetti, nel 1903 istituì anche una sezione per il calcio. Il colore delle maglie era il bianco, abbinato a calzoncini neri: la divisa divenne caratteristica, il soprannome dei giocatori era ed è ancora oggi Bianche Casacche.

Le Bianche Casacche di Vercelli

Sette scudetti non sono pochi, tanti quanti quelli di Roma, Lazio e Napoli messi insieme per intenderci. La Pro riuscì a galleggiare nella massima serie fino al 1934-‘35 anche grazie all’esplosione di Silvio Piola che qui iniziò la sua carriera, ma quando il regime fascista impose il suo passaggio alla Lazio, il mito crollò definitivamente.

Silvio Piola conla maglia della Pro

Si parla della Pro e non si può fare a meno di farlo anche del Casale, non solo perché la rivalità tra le due città è ancestrale, risale infatti ad un episodio storico, l’incendio e la distruzione di Casale nel 1215 per opera delle milizie del vescovo di Vercelli, ma perché poi divenne ancora più accentuata sul prato di gioco. Il sodalizio monferrino nacque nel 1909, grazie ad un professore dell’Istituto Tecnico “Leardi”, Raffaele Jaffe. Si trattava di una squadra che faceva leva sull’entusiasmo, eppure si intravedevano già i futuri campioni come Barbesino, Gallina, Rosa e Bertinotti. La stagione 1912-‘13 regalò la consapevolezza di essere una grande squadra ed il 14 maggio 1913, i “Fioi nerustelà” (i giovani nerostellati) superarono, primo club italiano in assoluto, una squadra professionistica del calcio inglese d’epoca, il Reading.

Gli Azzurri del Novara

Nel campionato successivo il Casale fu più deciso che mai a dare scacco matto alle più insigni rivali ed in particolar modo proprio alla Pro Vercelli, e alla fine vinse lo scudetto tricolore. Gli elementi di spicco della squadra furono Barbesino ed il trio centrale d’attacco, Mattea, Gallina II e Varese, che costituirono un’autentica macchina da goals. La stessa Nazionale schierò in blocco quel potente trio per la partita dell’11 gennaio 1914 all’ “Arena” di Milano contro l’Austria.

I Grigi dell’Alessandria

Nonostante tanti travagli, non è mai venuta meno la passione, ricordando le alte e grigie ciminiere che si scorgevano dallo stadio, il grido vibrante è sempre lo stesso: “Neri! … Neri!”. E i tifosi più anziani ricordano i racconti uditi dai loro padri: “Quand c’al giugava Caliga a ta vdivi acmè ca la finiva”, quando giocava Caligaris vedevi come finiva.

Le quattro squadre sulle celebri cartoline delle Edizioni Magià

Tra i più celebri giocatori che hanno indossato la Maglia Grigia dell’Alessandria sono ricordati il Pallone d’oro 1969 Gianni Rivera e i campioni del mondo Bertolini, Borel, Ferrari e Rava, oltre a Carlo Carcano e Adolfo Baloncieri. Il periodo di maggior lustro per la squadra si fa risalire ai decenni del primo dopoguerra e della cosiddetta “scuola alessandrina” che, dando continuità ai dettami importati nei primi anni dieci dall’allenatore inglese George Arthur Smith, prevedeva metodi di allenamento e tattiche di gioco inediti per il calcio italiano.

Una lontana sfida tra l’Alessandria e la Pro Vercelli

Il quarto lato del Quadrilatero è il Novara. Due squadre, Novara e Pro Vercelli, accomunate da un personaggio come Silvio Piola, il cannoniere più prolifico di tutti i tempi con 274 goal in serie A. Come a Vercelli, anche a Novara il calcio si diffuse grazie a studenti liceali.

Piola ai tempi del Novara

Qui erano in otto, tutti del Liceo “Carlo Alberto” e fondarono, nel dicembre del 1908 il primo nucleo di quello che diventerà il Novara Calcio. Maglia azzurra e scudetto crociato rosso sul petto. La squadra debuttò in serie A nella stagione 1936-‘37, dove rimase per otto campionati consecutivi tra il 1948 e il 1956. Miglior piazzamento l’ottavo posto nel 1951-‘52. Erano gli anni proprio di Piola, 86 reti nelle sue sette stagioni novaresi.

Il Novara contro l’Alessandria

Nel 1956 ci fu la retrocessione in B; sei anni dopo il Novara finì in C. Lasciatasi alle spalle la serie B giocata nel mitico fortino di via Alcarotti, con la bandiera Giovanni Udovicich (per tutti sarà sempre Nini), tanti, troppi anni difficili tra C1 e soprattutto C2 nel nuovo stadio di viale Kennedy. Sino alla resurrezione con la famiglia De Salvo e con Attilio Tesser in panchina, che al termine della stagione 2010-’11, vincendo i playoff, riportarono il Novara in serie A. Corsa, sudore, palloni di cuoio legati con lo spago, terreni impolverati, pubblico a bordo campo, trasferte in bicicletta, hanno formato la miscela “magica” che ha contribuito all’epopea della “provincia”.

Alessandria e Casale prima del derby nel 1928

Solo coloro che hanno vissuto, vivono e vivranno in quelle città, dentro una storia familiare e collettiva, possono comprendere quali emozioni possano suscitare l’ingresso in campo dei colori delle rispettive squadre. Grigi, Azzurri, Bianchi e Nerostellati sono un mix di emozioni forti, di tensioni, di sfottò, di botte in campo e sugli spalti. Il Moccagatta, il Natal Palli, il Robbiano e il prato di via Alcarotti prima e di viale Kennedy poi, sono diventati i templi laici di fedi calcistiche che hanno resistito e resistono nelle nebbie della storia.

Ettore Berra, uno che quell’aria l’aveva respirata in prima persona, avendo giocato nella Pro Vercelli, ha scritto: “Erano quattro cittadine tranquille, ma che la fantasia immaginava come cinte da mura merlate e le colubrine puntate dall’alto delle torri. Fra Vercelli e Casale, Novara e Vercelli i tifosi sciamavano su biciclette e carrozzelle. Il pittoresco dialetto provinciale condiva le loro invettive già alle porte della città rivale, gli avversari li attendevano. Che pugni, Madonna mia!”.

Una delle tante sfide tra il Casale e la Pro Vercelli

Gianni Brera, maestro di giornalismo, descrisse le radici storiche delle sfide del Quadrilatero: “Vercelli e Casale fanno parte del cosiddetto quadrilatero pedatorio piemontese, che comprende anche Novara ed Alessandria. La regione è di ethos composito. Tutte quelle province erano lombarde fino al 1738; in realtà erano abitate da galli e da liguri, con una generosa spruzzata di sangue germanico, lombardo, e no, dopo la caduta di Roma imperiale. Per quando si riferisce al nerbo e alla bellezza (in senso morfologico) siamo al miglior livello italiano, ma non stupisce che il calcio tecnicamente più valido si giochi ad Alessandria, dove l’ibridazione etnica è più recente, e anche a occhio nudo è possibile rilevare una maggior aitanza della gente comune. Per essere composito, l’etnos del quadrilatero giustifica avversioni municipali che la dicono lunga sul carattere di questi padani. Il calcio offre magnifici pretesti a faide collettive e ricorrenti. Scendere sul campo di questa o di quella città significa essere pronti a qualsiasi conseguenza, non escluso il ricovero in ospedale”.

Bibliografia: “Il Quadrilatero del pallone”

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