Il carabiniere Scapaccino
Originario dell’Astigiano, è stato il primo ad essere insignito con Medaglia d’Oro al Valore Militare
Si chiamava Giovanni Battista Scapaccino ed era un Carabiniere Reale del Regno di Sardegna: allora la Savoia non era ancora un possedimento francese, l’Italia non esisteva ancora e Giuseppe Mazzini e i suoi seguaci, sebbene propugnatori dell’idea di unificare la penisola, erano considerati alla stregua di terroristi e ricercati. Erano gli Anni Trenta dell’Ottocento e appena un decennio prima, i moti insurrezionali del 1820–1821 avevano per la prima volta messo in discussione quella Restaurazione che aveva fatto seguito alla definitiva cacciata di Napoleone Bonaparte e al Congresso di Vienna.
Nel febbraio 1834 un tentativo di rovesciare il Re Vittorio Emanuele I venne così tentato da alcuni fuoriusciti mazziniani, che accusavano il sovrano di non avere, tra le altre cose, concesso una costituzione di stampo liberale, ma di avere accentrato ancora di più su di sé i poteri, dando vita ad un assolutismo che non avrebbe ammesso opposizioni. La rivolta, che avrebbe dovuto assumere la forma di una vera e propria invasione della Savoia, avrebbe visto anche l’azione di Giuseppe Garibaldi a Genova, che avrebbe dovuto sobillare e organizzare una rivolta in seno alla Flotta Sabauda e unirla così agli insorti che sarebbero giunti dalla Francia. Finanziati da Giuseppe Mazzini e dalla principessa Cristina Trivulzio di Belgioioso, i rivoluzionari erano guidati dal generale Gerolamo Ramorino.
Il 3 febbraio 1834 il tentativo ebbe luogo. In realtà, le truppe piemontesi si aspettavano già da tempo l’invasione, grazie ad alcuni rapporti informativi pervenuti al di là del confine. In effetti, il generale Ramorino si rese conto fin da subito dell’impossibilità della riuscita del piano, sia dell’invasione della Savoia, sia della rivolta genovese di Garibaldi. Diede così ordine alle sue forze di ritirarsi: tutte le colonne tornarono sui loro passi, tranne un centinaio di armati che, varcato il confine, occuparono la cittadina di Échelles, prendendo d’assalto la locale stazione dei Carabinieri Reali. Nel frattempo, il carabiniere Giovanni Scapaccino stava rientrando a cavallo dalla vicina Chambéry, dove si era recato per servizio.
Era nato a Incisa Belbo, in provincia di Asti, il 15 febbraio 1802, figlio di Biagio e Margherita Allia.
Giunto al suo comando, si trovò i fucili puntati e, alle richieste di rinnegare il giuramento di lealtà fatto al re in favore della repubblica, afferrò la sua pistola, ma una scarica di colpi lo raggiunse in pieno petto, uccidendolo. Venuto a conoscenza dell’occupazione di Les Échelles, il tenente colonnello Adriano D’Onnier, comandante del 16° Reggimento Fanteria, radunò una quarantina di soldati e Carabinieri Reali: piombando sui rivoltosi da un’altura circostante, dopo un breve conflitto a fuoco, li ricacciò al di là del confine, dove si rifugiarono in territorio francese.
Il 12 febbraio, Vittorio Emanuele I insigniva Giovanni Battista Scapaccino, il “suo” carabiniere che non volle rinnegarlo neanche di fronte ai fucili puntati, della Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Per aver preferito farsi uccidere dai fuorusciti nelle mani dei quali era caduto piuttosto che gridare Viva la Repubblica, a cui volevano costringerlo, gridando invece Viva il Re! Pont des Échelles, Savoia, 3 febbraio 1834″. Stesso prestigioso riconoscimento venne conferito al tenente colonnello D’Onnier, per essere riuscito con i suoi uomini a far desistere gli armati a continuare la rivolta: “Per essersi spontaneamente messo alla testa del distaccamento che si portò contro i fuorusciti presso il ponte des Echelles e, mediante le sue buone disposizioni e valore dimostrato, per aver obbligato i medesimi ad abbandonare il territorio sardo. 3 febbraio 1834″.
E una fine ingloriosa la farà invece Gerolamo Ramorino: dopo il fallimento dei moti mazziniani, accettò di servire nell’esercito sabaudo ma, accusato di aver determinato la disfatta di Novara il 23 marzo 1849, fu processato da una corte marziale a Torino e da questa ritenuto colpevole. Condannato a morte, il 22 maggio successivo si presentò dinanzi al plotone d’esecuzione, che lui stesso volle comandare impartendo gli ordini per fare fuoco. Dalle testimonianze, sembra che poco prima che i soldati piemontesi premessero il grilletto, abbia gridato: “Viva l’Italia!”.
Fonte: Il Carabiniere Scapaccino e l’invasione della Savoia del febbraio 1834, Segreti della soria