Il colle di Annibale
Da quale valico piemontese Il condottiero cartaginese superò le Alpi con il suo esercito nel 218 a.c.? Molte le ipotesi susseguitesi negli anni. Un libro di Massimo Centini le analizza e propone il suo percorso di archeo-trekking
di Pino Riconosciuto
Potrebbe essere un giallo. Atipico, perché finora destinato a rimanere senza colpevole certo. Ma di sospetti ce ne sono tanti, e qualcuno lo è più degli altri. Questo almeno a leggere “Sulle orme di Annibale”, di Massimo Centini. Un testo scaturito da intensi studi preparatori e da una spedizione avvenuta sulle Alpi nel 1985, “Annibale 85”, che tentava di trovare una soluzione al dilemma che per secoli ha appassionato storici e ricercatori: da dove è passato Annibale nel 218 a.c. quando, partito a maggio dalla Spagna con un esercito forte di 90 mila fanti, dodicimila cavalieri e 37 elefanti, diventati i famosi “Elefanti di Annibale”, attraversò la Spagna, passò i Pirenei e lungo la Francia arrivò ai piedi della catena alpina ai primi di ottobre, per poi scalarli in 9 giorni e passare il valico intorno al 20 del mese? E la domanda che attraversa il libro e che ha attraversato gli studi di molti ricercatori nel corso dei secoli. Un’epopea che non si riduce al passaggio sulle Alpi. Annibale nel suo cammino ha incontrato e sconfitto numerosi nemici nel cammino, ha stretto alleanze e comprato informazioni in una avventura che ha decimato il suo esercito per le tante battaglie sostenute e per le enormi difficoltà dell’ambiente alpino, con una compagine non avvezza alle fatiche e ai pericoli montani e strutturata in modo poco adeguato per una impresa del genere.
“Immaginatevele anche più alte dei Pirenei, ma non esistono terre che tocchino il cielo e che non possano essere superate dall’uomo”, dice Annibale parlando delle Alpi ai suoi uomini, nel tentativo di spronarli all’impresa necessaria per portare la guerra ai romani sul territorio italico. Gli uomini rispondono “con applausi, dimostrando grande impeto e ardore bellicoso”. Questo racconta Tito Livio, lo storico antico su cui si basa la ricostruzione della grande traversata di Annibale, insieme alle pagine di un altro storico, il greco Polibio, considerato la fonte principale data la vicinanza cronologica ai fatti e l’ammissione dello stesso Polibio di aver raccolto testimonianze oculari e visitato di persona i luoghi alpini, 68 anni dopo il passaggio del condottiero punico. Ma nessuno dei due cita il nome del colle alpino che offrì il valico ad Annibale.
Certo la difficoltà a ricostruire il percorso e il passaggio delle Alpi è accentuata dal fatto che sono passati millenni, che la superficie su cui si può ipotizzare l’itinerario è molto ampia, che non ci sono più corrispondenze toponomastiche tra le citazioni dei due storici antichi e la realtà attuale. E, soprattutto, non sono mai stati ritrovati reperti concreti e sicuri lungo il percorso che potessero garantire il passaggio dell’armata. Centini si occupa per molte pagine della guerra con i romani, ne ricostruisce cause e interessi, si impegna a di ricostruire il percorso seguito da Annibale tra la Spagna e la Francia attraverso i Pirenei, gli scontri avuti con le popolazioni locali, i colpi di genio che contraddistinsero il condottiero punico in più di una occasione, capace di mantenere unito un esercito di genti dalle diverse provenienze e lingue alle prese con difficoltà apparentemente insormontabili.
Ma da dove valicò le Alpi Annibale alla fine dell’ottobre del 218 a.c., per poi fermarsi sul passo per due giorni per far riposare le truppe e pregustare la discesa vittoriosa nella pianura piemontese? Molte sono state le ipotesi susseguitesi nei secoli. Dal Colle di Tenda, considerato per molto tempo il luogo del passaggio perché vicino al mare e meno impegnativo, ma scartato perché in contrasto con le cronache dei due storici che parlano di un passo che porta nel territorio dei Taurini, mentre il Tenda lo avrebbe indirizzato tra altre popolazioni locali. Alcuni ricercatori si ostinarono ad attribuire proprio all’esercito cartaginese la paternità di almeno una parte dei graffiti trovati sul monte Bego, oggi collocati temporalmente dalla scienza tra il tardo neolitico e l’età del ferro.
Molti autori identificarono il colle delle Traversette come il valico di Annibale, anche grazie ad alcune corrispondenze con le descrizioni dei due storici. Ma si tratta di un passo molto difficoltoso da superare e che metterebbe in forte discussione la ricostruzione del percorso di Annibale in Francia, accettato dai più. Lo stesso discorso vale per i due colli confinanti, quelli dell’Agnello e della Croce. Sul Monginevro si sono concentrate le attenzioni della maggioranza degli studiosi. E’ il colle più coerente con il percorso definito interpretando i classici. Lo stesso generale francese Nicolas Catinat, scendendo dal Monginevro verso Staffarda, nel 1690, arringò alle truppe: “E’ da qui, amici miei, che Annibale ci ha indicato il cammino della vittoria”. Centini non nega la forza dell’ipotesi Monginevro, ma ricorda che nel percorso non è rintracciabile quel promontorio o poggio, citato sia da Polibio sia da Tacito, da cui si possono vedere le pianure piemontesi e lombarde, vista che rianimò gli uomini stremati dalla salita alpina. Lo stesso discorso vale per il colle della Scala, sopra Bardonecchia, e per il colle del Moncenisio, anch’esso considerato per molto tempo il valico di Annibale.
Centini si concentra anche su due colli, il Clapier e il Savine Coche, che potrebbero essere il teatro del passaggio di Annibale. In particolare subito dopo il transito sul colle Clapier, verso la val Clarea, si trova una balconata che regala una vista spettacolare sulla valle e potrebbe essere quella citata da Polibio e Tito Livio.
Infine l’ultima ipotesi che ha preso piede, grazie anche agli studi del piemontese Cesare Giulio Borgna, è che Annibale sia passato dal colle del Mayt e, attraverso questo, dal colle del Sestriere. Nonostante alcune discordanze con l’itinerario ricostruito dalla lettura dei classici, un elemento sembra rafforzare questa ipotesi: il ritrovamento in una grotta sul fiume Toulourenc, vicino a Mollans, di un graffito che rappresenta un elefante. Sarebbe stata tracciata da un artista “celto-gallico”, una sorta di fotoreporter del passaggio dell’esercito di Annibale. Dal Mayt, (2706 m), dove Annibale si fermò due giorni e, proseguendo sulla cresta, potè ammirare con i suoi generali la pianura sottostante, l’ultima fatica sarebbe stata il Colle del Sestriere, seguita dalla discesa in val Chisone. A questo proposito occorre ricordare che nel maggio del 44, durante violenti combattimenti nella guerra di liberazione, i partigiani della valle Chisone, scavando delle trincee, trovarono una zanna di elefante e dei grandi anelli consunti di rame-ottone. Vicino al colle delle finestre furono ritrovati dei ferri, con un rampone posteriore, che per la dimensione avrebbero potuto essere stati applicati alle zampe degli elefanti. I reperti vennero conservati in delle casse e nascosti nel cimitero di Champlas du Col. Ma i partigiani dovettero ripiegare e i tedeschi, nell’avanzata, sequestrarono ogni cosa, non fermandosi nella ricerca neanche davanti ai cimiteri. Sembra che nel trasporto tedesco una cassasi ruppe sulla strada di Champlas, ma il comandante Maggiorino Marcellin, che aveva guidato l’operazione di recupero dei reperti, non riuscì a trovare nulla dai contadini della zona. Non è dunque possibile dare un’attribuzione certa a dei reperti che sembrano riportare all’esercito di Annibale.
Il giallo è dunque aperto, sperando che prima o poi emerga la prova che indirizzi la verità sull’uno o l’altro colle. Nell’attesa, Centini ha voluto fare un regalo a chi ama la storia e la montagna: unpercorso di “archeo-trekking” che unisce due delle possibili vie di Annibale: il colle Mayt e i colli Clapier-Savine Coche. Il percorso è complesso, di più giorni, segnato con numerose targhe metalliche ed elefantini graffiti sulla roccia. Un itinerario più breve parte dalla località Pietra Porchera raggiungibile da Giaglione, e si inoltra attraverso un sentiero in Val Clarea. Raggiunta la grangia Bonomen si sale sempre su sentiero al Clapier, da cui parte la deviazione per il Savine Cloche. E’ il modo per recuperare la bellezza di un pezzo di Alpi in onore dell’impresa di Annibale e della spedizione piemontese del 1985, per respirare l’aria di una delle tante gesta che hanno fatto la grande storia di queste montagne.