Alberto Cairo con i suoi pazienti a Kabul

Il fisioterapista piemontese in Afghanistan

Alberto Cairo, di Ceva, gestisce sette centri ortopedici per conto del Comitato internazionale della Croce Rossa

Crpiemonte
4 min readJan 23, 2024

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di Mario Bocchio

Il Premio Nansen per i rifugiati, conferito ogni anno dall’ Agenzia delle Nazioni Unite UNHCR, nel 2019 è stato assegnato al fisioterapista piemontese, di Ceva, Alberto Cairo.

L’italiano gestisce sette centri ortopedici in Afghanistan per conto del Comitato internazionale della Croce Rossa.

Il Premio Nansen per i rifugiati è spesso descritto come il Nobel dei rifugiati.

Cairo, 71 anni, è una sorta di leggenda a Kabul. In qualità di capo del programma ortopedico del Comitato internazionale della Croce Rossa, ha dedicato quasi tre decenni della sua vita alla fornitura di protesi e all’aiuto nella ricerca di posti di lavoro per gli afghani feriti soprattutto dalle mine terrestri anti uomo.

Il trasporto delle sedie a rotelle nei villaggi remoti

Negli ultimi cinque anni è stato profilato due volte dal New York Times. “Un fisioterapista a Kabul”, titolava il quotidiano americano nel dicembre 2014.

Nel gennaio dello scorso anno, il Times ha nuovamente tracciato il profilo di Cairo in occasione del trentesimo anniversario del programma ortopedico. “Un tranquillo ‘eroe’ festeggia 30 anni restituendo arti e dignità in guerra” recitava il titolo dell’articolo.

“Quando perdi una gamba, non perdi solo una gamba: perdi un pezzo di cuore, perdi un pezzo di mente, perdi un pezzo di fiducia in te stesso”, sottolineò Cairo nell’articolo.

Il programma della Croce Rossa ha curato quasi 180.000 pazienti e costruito circa 200.000 arti artificiali. Tuttavia, le mine terrestri rimangono un grosso problema in Afghanistan.

La costruzione delle protesi

Con Cairo lavorano circa 750 persone e quasi tutte sono ex pazienti. Si stima che il cinquanta per cento delle persone uccise o mutilate dalle mine antiuomo siano bambini.

Cairo, un avvocato diventato fisioterapista, arrivò a Kabul nel 1989 con l’intenzione di rimanerci per un anno. Non se n’è mai più andato.

Dopo un periodo di lavoro e pratica presso un a Milano, si trasferì a Giuba, in Sudan, per tre anni.

La sua esperienza in Afghanistan è iniziata subito dopo la ritirata sovietica, con il suo primo incarico. Da allora fino ad oggi, Cairo gestisce quel progetto con capacità e passione, permettendone l’espansione dal nucleo iniziale a Kabul agli attuali sette centri, oltre a quello nella capitale dislocati nelle città di Mazar-i Sharif, Herat, Jalalabad, Gulbahar, Faizabad e Lashkar Gah.

Cairo fornisce protesi agli arti e aiuta a trovare lavoro agli afghani feriti. Il suo supporto viene anche offerto a chiunque presenti un handicap motorio.

Kabul, l’ospedale della Croce Rossa

Cairo, nato a Ceva in provincia di Cuneo, si è laureato in Giurisprudenza ma non ha mai lavorato come avvocato. Ha invece studiato, come detto, per diventare fisioterapista, facendo pratica su una sedia a rotelle per comprendere meglio le esigenze dei suoi pazienti, e poi si è unito alla Croce Rossa.

È famoso in Afghanistan per aver trasformato un centro ortopedico in una struttura autosufficiente dove la maggior parte degli arti artificiali, delle sedie a rotelle e degli altri dispositivi sono realizzati con materiali locali.

Alberto Cairo, ricostruttore di arti e dignità

Gli arti costano molto meno che se fossero prodotti all’estero e per fabbricarli vengono impiegate persone disabili. Il centro si occupa anche di riabilitazione e offre formazione ai pazienti, aiutandoli a reinserirsi nel mercato del lavoro anche attraverso prestiti e istruzione.

Quando nel 2011 anche i militari italiani lasciarono l’Afghanistan, i giornalisti chiesero a Cairo cosa l’aveva invece spinto a restare. Lui aveva risposto: “Semplicemente, andarmene non è un’opzione sul piatto. Operare in zone di guerra fa parte del mio e del nostro lavoro, se ce ne andassimo noi, non resterebbe nessuno. Confido nel fatto che i talebani, ora che sono al governo e che hanno la responsabilità di milioni di civili, ci lasceranno operare. Del resto, la Croce Rossa, oltre ad essere un organismo per sua natura imparziale e apolitico, svolge un ruolo di assistenza fondamentale e primario. Ad esempio nel mio settore specifico, che è quello dell’assistenza ai disabili e ai feriti di guerra, copriamo il settanta per cento del lavoro su scala nazionale. Spero di restare qui il più a lungo possibile”.

La gente in Afghanistan è terrorizzata, soprattutto le donne. Solo il tempo, però, ci dirà quale sarà il vero futuro di questo Pese.

Siamo certi di interpretare lo spirito e la sensibilità di tutti i piemontesi ricordando Cairo in questo articolo: la sua presenza coraggiosa, responsabile e competente a Kabul è per tutta l’Italia un grande segno di dedizione alle persone ed ai malati in ogni parte del mondo. Il suo coraggio a rimanere in una terra martoriata è simbolo per tutti di una professione che è presente laddove c’è la necessità di assicurare salute e contemporaneamente di costruire incessantemente i valori del rispetto e della dignità.

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