Capitan Valentino Mazzola

Il Grande Torino, la bandiera dell’orgoglio italiano

Il 4 maggio di ogni anno ricordiamo la squadra scomparsa nella tragedia di Superga

Crpiemonte
3 min readMay 4, 2020

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di Mario Bocchio

Nessun superstite, trentuno i morti: diciotto calciatori, dieci dei quali azzurri della Nazionale, cinque tra tecnici e dirigenti, tre famosi giornalisti (Casalbore, Tosatti e Cavallero), più cinque uomini dell’equipaggio. Non è retorica scrivere, come allora scrisse la stampa, che fu una tragedia immane. Sconvolse l’Italia sportiva e non, ebbe grande eco in tutto il mondo. In un baleno, quell’aereo caduto a Superga, s’era portato via la squadra che, da cinque stagioni, dominava il Campionato di Serie A. Ancora oggi quella formazione viene declinata a memoria come in un rito: Bacigalupo; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ferraris II (Ossola).

Un undici del Grande Torino

4 maggio 1949. Tutti morti a Superga, insieme all’altro fratello Ballarin, a Bongioni, Faldini, Grava, Martelli, Operto, Shubert. Insieme ai tecnici Erbstein e Lievesley, ai dirigenti Agnisetta e Cavalleri, al massaggiatore Cortina. Il Grande Torino ritornava dal Portogallo, dove aveva giocato un incontro amichevole con il Benfica. Il campionato si avviava alla conclusione e i Granata, dopo il pareggio con l’Inter, ormai se l’erano quasi assicurato. Comunque, la Federazione decise di assegnare il titolo alla squadra scomparsa. Come si faceva a non essere tifosi del Grande Torino ? Lo erano un po’ tutti. Lo sport, per suscitare passioni, ha bisogno di miti e leggende. Qualche volta prestati alla letteratura che ne esalta le gesta. Il Grande Torino sta tra quei miti che affascinarono le folle in un periodo, il dopoguerra, durante il quale di entusiasmo si ebbe bisogno per ricostruire il Paese. Gli italiani, dopo tante sconfitte, avevano sete di vittorie. E l’entusiasmo venne per i successi del Grande Torino nel calcio e di Coppi e Bartali nel ciclismo. L’avventura di Valentino Mazzola (il Capitano) e della squadra Granata e del suo stadio Filadelfia cominciò con il primo posto al termine del Campionato 1942–’43 e proseguì sino all’anno di Superga. Una serie di traguardi straordinari, conseguiti dalla tenacia e dalla classe di una compagine che faceva del gioco un’arte. Spesso spettacolare, ma senza le alchimie, le sofisticazioni e le esagerazioni strategiche di oggi. La sola variante era tra metodo e sistema (il WM inventato in Inghilterra negli anni Trenta). Nel 1947–’48, il Torino trionfò con 16 punti di vantaggio sul Milan e la Juventus; 125 reti segnate e soltanto 33 subite, 29 partite vinte su 40. Al microfono della Rai, Nicolò Carosio alimentava il tifo con le sue inimitabili e sobrie radiocronache. L’11 maggio del 1947 si giocò Italia-Ungheria, ed in campo scesero dieci calciatori del Torino ed uno - il portiere Lucidio Sentimenti - della Juventus: Bacigalupo sosteneva che il cittì Vittorio Pozzo fosse entrato in campo poco prima del calcio d’inizio per richiamare Sentimenti IV (aveva altri quattro fratelli, tutti divenuti calciatori in A) e schierare lui in porta, ma dopo un paio di tentativi andati a vuoto di pronunciarne il cognome, aveva optato per la conferma di Sentimenti.

Nella leggenda del Grande Torino c’è una perla che brilla di luce inesauribi­le: è la presenza di ben 10 giocatori granata nell’Italia che l’11 maggio 1947 a Torino affrontò e batté l’Un­gheria per 3–2

Poi il destino aveva riservato allo sport il fatto di cronaca nera peggiore di sempre. Una squadra - e che squadra - era andata perduta, un evento funesto e doloroso per la scomparsa di tante vite e tante speranze. Non era ancora finito il tempo di dare sepoltura ai morti sotto i bombardamenti e le stragi belliche e toccò seppellire, in un giorno solo, tutto ciò che di meglio possedeva il nostro calcio. Perché, considerato il difficile contesto nel quale Mazzola e compagni avevano operato, i loro trionfi ebbero del miracoloso. Di sicuro furono il segno di una volontà di riscatto, non soltanto sportiva, e la bandiera dell’orgoglio italiano. Il mosaico costruito con assoluta maestria tattica s’era sgretolato all’improvviso e nessun’ altra squadra riuscì a raccogliere, nel breve periodo, l’eredità del Grande Torino e dei suoi superbi campioni.

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