Maria Roberta Schranz detta Beba

Il sogno infranto di Beba

La sciatrice di Macugnaga lasciò nel 1972 a soli 19 anni dopo un’Olimpiade sfumata

Crpiemonte
4 min readSep 30, 2020

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a cura di Mario Bocchio

Erano i tempi in cui l’Italia si fermava per Gustav Thöni, mentre a livello femminile la campionessa per eccellenza era l’austriaca Annemarie Moser-Pröll. La Valanga Rosa contava soprattutto su Claudia Giordani, che a soli diciassette anni salì per la prima volta sul podio in Coppa del Mondo nello slalom gigante. Pensate solo a come sono cambiati gli sci e come è mutato anche il vestiario. Allora trepidavamo anche per una sciatrice piemontese, Beba Schranz di Macugnaga.

Beba Schranz in azione

È di origine w​alser da parte di mamma (Ruppen di Saas) e walser da parte di papà (Schranz del Voralberg). All’anagrafe di Macugnaga è iscritta come Maria Roberta Schranz, ma tutti la chiamano Beba. È cresciuta alle pendici del Monte Rosa, imparando a sciare quasi ancor prima di camminare, in quei giovedì d’inverno quando la scuola si fermava per un giorno di libertà e il paese si trasformava nel circo bianco dei bambini. È iniziato tutto per gioco, con lo stesso spirito che oggi l’ex sciatrice azzurra cerca di trasmettere ai piccoli allievi, lasciandoli divertire senza pensare a un futuro da campioni.

In Coppa del Mondo

La parte più amara della vicenda sportiva è stata ricordata nel 2014 da La Stampa in un articolo di Arianna Tomola. Schranz ha esordito molto presto in nazionale e presto ha appeso gli sci al chiodo per un’ingiustizia che a soli diciannove anni può infrangere valori e sogni. L’ex campionessa racconta gli esordi: «Erano gli anni Sessanta e a Macugnaga stavano nascendo gli impianti. All’inizio c’era solo la seggiovia e allora c’erano quattro o cinque persone che si allenavano per diventare maestri di sci. Loro ci preparavano e ci portavano a fare le gare». La giovane era promettente tanto che la federazione le concesse un permesso per gareggiare nella categoria superiore. Dopo le prime vittorie in zona, lo sci club Pirovano (che allora era un trampolino di lancio femminile verso la nazionale) le propose di arruolarsi, ma Schranz decise di rimanere alla scuola di Macugnaga, a cui era molto legata.

Una promessa dello sci italiano

«Il presidente dello sci club Gianni Ripamonti mi mandava alle gare di selezione con il suo autista, ero sola perché non eravamo organizzati per le trasferte - racconta -. Nel 67’ mi hanno scelto per entrare in nazionale B, di cui ho fatto parte per due anni prima dei tre anni in nazionale A. Ricordo che mi avevano dato due paia di sci per specialità, una divisa tutta mia e mi sentivo una regina sul pulmino azzurro con cui abbiamo girato l’Europa». Schranz conquistò gli Europei Juniores in Jugoslavia. Partecipò ai Mondiali in Val Gardena con una frattura non saldata al perone e poco dopo l’operazione ai crociati, ottenne un ottavo posto in Coppa del mondo in slalom a Oberstaufen (Germania).

Nel 2013 al Salone del Libro di Torino, all’evento sullo sport organizzato dal Consiglio regionale del Piemonte

Poi arrivò la grande delusione: dopo aver centrato i risultati stabiliti dal direttore tecnico della nazionale per accedere alle Olimpiadi di Sapporo ’72, fu esclusa all’ultimo minuto. «Era qualche giorno prima del 22 dicembre, data del mio compleanno e il Coni mi inviò una lettera con gli auguri e con parole di incoraggiamento per i Giochi di Sapporo - ricorda - i risultati li avevo centrati e questa lettera era per me una conferma. Ero felicissima. Poi invece ci dissero che non avrebbero più portato la squadra femminile, ma solo la maschile giustificandosi con parecchie scuse. Da lì in avanti feci ancora solo una gara in Jugoslavia e solo per dare il mio punteggio a una compagna, feci l’esame a giugno per diventare maestra, ma poi non volli più vedere gli sci per due anni». L’amarezza fu tanta, ma lo sci le scorreva ancora nelle vene, tanto che qualche tempo dopo divenne istruttrice dei maestri. Ha scritto per 13 anni sulla rivista La Bianca Neve di Rolly De Marchi. Oggi si diverte con i bambini e si impegna per mantenere vive le tradizioni della sua Macugnaga da cui tutto è iniziato.

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