La ferrovia “vigezzina”

In treno in mezzo alla natura

La “vigezzina”, che collega Domodossola a Locarno, è occasione per un viaggio nella natura, nell’arte, nella tradizione e nella spiritualità

Crpiemonte
4 min readDec 3, 2021

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di Pino Riconosciuto

L’autunno è la stagione ideale per godere dello spettacolo che i larghi finestrini del treno presentano agli occhi dei viaggiatori sulla ferrovia vigezzina: 52 chilometri da Domodossola a Locarno, in Svizzera, che superano gole e montagne grazie a 83 ponti e 32 gallerie. Una linea a scartamento ridotto inaugurata nel 1923 e che ancora oggi rappresenta un capolavoro dell’ingeneria civile.

E’ una delle linee ferroviarie più belle in Europa, grazie allo spettacolo che offre durante il viaggio. Uno spettacolo che l’autunno esalta con i colori fenomenali del foliage, i suoi gialli, arancioni, rossi, viola e marrone dalle svariate tonalità. Un inno alla bellezza della natura e all’atmosfera magica che essa riesce a creare e che ancora in parte si può cogliere anche in quest’ultimo scorcio di stagione, mentre prefigura lo scenario invernale non meno suggestivo, con i suoi alberi spogli e le valli segnate dalla neve.

Il museo dello spazzacamino

Ma la vigezzina non è solo natura, è anche arte e cultura, storia e tradizione, spiritualità. La valle Vigezzo, ad esempio, la prima che da Domodossola viene impegnata dal trenino, offre tanti borghi e luoghi da visitare grazie alle numerose fermate che la ferrovia propone.

Uno è sicuramente Santa Maria Maggiore, una località storica per il fascino delle sue strade,delle sue piazze dei suoi palazzi. Qui una delle sue anime è rappresentata dallo spazzacamino. A Santa Maria Maggiore ha sede il museo dello spazzacamino, che presenta storia, fotografie e reperti di una icona del tempo che fu: un lavoro antico, durissimo, dai risvolti tragici. Lo raccontano le tante storie ospitate nel museo, con i riscontri iconografici e i miseri attrezzi utilizzati.

Del resto, come non collegare il famoso “uomo nero” della altrettanto famosa filastrocca, quello che”si prende il bambino e lo tiene un anno intero”, oltre che a una generica e mostruosa figura delle tenebre, anche allo spazzacamino, nero di fuliggine, che nelle stamberghe più povere della valle reclutava dalle famiglie bisognose i bambini da portare con sé al lavoro, lontano dalle loro case, avendo bisogno di corpi snelli e minuscoli in grado di infilarsi nei camini per pulirli?

Ogni anno a settembre, Covid permettendo, Santa Maria Maggiore viene invasa da decine di migliaia di persone per il raduno internazionale dello spazzacamino. Arrivano nel centro vigezzino da ogni parte del mondo, per una tre giorni di rappresentazioni, canti, musiche e balli con al centro la figura dello spazzacamino. Poi la domenica, la tradizionale sfilata con oltre mille spazzacamini in abiti da lavoro e forniti di attrezzi, che attraversano le piazze cittadine divisi per nazione. Vengono da tutto il mondo, dall’Europa, dai paesi dell’est, dal Giappone e dagli Stati Uniti, uniti da una storia e una figura ormai mitica che tanto spazio ha avuto nella cultura popolare mondiale.

Da Santa Maria Maggiore è poi possibile arrivare a piedi, in circa un’ora e mezza, al Santuario di Re per un significativo cammino spirituale. In alternativa si può, con la vigezzina, arrivare alla stazione di Malesco e da lì, in 45 minuti, raggiungere il santuario. Posto a 710 metri sul livello del mare, è ancora oggi oggetto di pellegrinaggio per il miracolo che lo vide protagonista il 29 aprile 1494. Il miracolo è testimoniato da due pergamene dell’epoca sottoscritte da alte autorità della zona.

Basilica della Beata Vergine Maria del Sangue di Re

Nel tardo pomeriggio di quel giorno, sulla piazzetta prospiciente la chiesa parrocchiale, due giovani cugini giocavano alla “piodella”: con due sassi piatti cercavano di colpire un cumulo di monete per aggiudicarsele. Durante il gioco uno dei due, probabilmente alticcio, con un gesto di rabbia per aver perso il denaro lanciò la “piodella” contro l’immagine della madonna dipinta sulla facciata della chiesa: una madonna del latte, seduta mentre allatta il bambino, con un ampio velo che lascia libera parte della fronte. E’ proprio lì che il sasso colpì, lasciando sull’affresco un segno a X. Il giorno dopo un vecchietto, toccando l’effige dopo essersi fatto il segno della croce, ritrasse una mano insanguinata. Sconvolto, si rese conto che dalla frattura sulla fronte della vergine usciva del sangue.

Ora sull’affresco non è più visibile a occhio nudo, anche se con strumenti ottici appositi sono state rilevate tracce di sangue che attraversano i visi della madonna e del bambino. Il sangue allora raccolto è però custodito in una ampolla posta nella basilica costruita successivamente e oggetto di culto di molti pellegrini.

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