La Limousine della Cardini

Ingegno e design degli anni ’20 nei giocattoli della Cardini di Omegna

In pochi, anche sulle sponde del lago d’Orta, hanno memoria di una delle eccellenze dell’ingegnosi giocattoli italiani: la Cardini di Omegna

Crpiemonte
7 min readMar 19, 2021

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di Marco Travaglini

Negli anni tra il 1921 e il 1930 quest’azienda produsse nella città che diede i natali a Gianni Rodari una serie di magnifici balocchi in latta litografata. Titolare e factotum della ditta era Ettore Cardini. Nel nostro paese i giocattoli fecero la loro apparizione sul mercato più tardi rispetto al resto dell’Europa e solo a partire dal 1920 si svilupparono l’industria e il commercio.

Il logo della Cardini di Omegna

Una di queste realtà fu proprio l’omegnese Cardini, fondata nel 1916, nel bel mezzo della prima guerra mondiale, specializzandosi nella lavorazione di lamiere metalliche. Due anni dopo la fine del conflitto la Cardini diventò famosa per la sua attività nel settore dei balocchi. Il giocattolo in lamiera, materiale scadente e facilmente deformabile, godeva di molti punti a suo favore: un costo contenuto (che si rifletteva sul prezzo del giocattolo :dalle 12,90 lire della Torpedo alle 18,20 dell’aeroplano),una bella immagine grazie a disegni e colori molto curati, era resistente e si poteva riprodurlo in serie.

Il Tram della Cardini

Nell’arco di un decennio la Cardini, utilizzando anche le pagine pubblicitarie del Corriere dei Piccoli, propose tredici giocattoli del tutto originali e innovativi per il loro tempo. Il catalogo ufficiale comprendeva: il camion 18BL, la torpedo 50 HP, la limousine 509, l’automobile da corsa, la locomotiva gruppo 690, il tram elettrico N.12, la giostra dei cavalli, la giostra volante, le giostre dei dirigibili e dell’aereo, la motonave Saturnia, la corriera e la cucina a gas N.10. I giocattoli si distinguevano per la qualità delle finiture e il movimento che veniva loro consentito grazie a una molla in acciai che, una volta caricata, permetteva al giocattolo di muoversi per un tempo sufficientemente lungo.

La giostra delle libellule, il libro di Giovanni Solaro

Le automobili potevano addirittura girare in cerchio, da destra a sinistra e viceversa con uno sterzo a scatto, oppure proseguire in linea retta. I balocchi di latta erano confezionati in scatole di cartone che fungevano da fondali o edifici funzionali a completare il gioco: l’hangar per l’aeroplano, il garage per la limousine, la rimessa per il tram, il tunnel per la locomotiva, un porto dove attraccare la motonave e così via. La Cardini affidò il compito di eseguire le illustrazioni per queste scatole ad Attilio Mussino, uno dei più brillanti disegnatori del “Corrierino”,noto per aver dato una nuova, moderna interpretazione grafica delle “Avventure di Pinocchio” che illustrò per l’editore Bemporad. Erano stati inventati anche dei personaggi che si potevano ritagliare e staccare dalla scatola.

La Saturnia

Nel Dicembre del 1924, Ettore Cardini depositò il brevetto completo di disegno anche negli Stati Uniti, consapevole dell’importante innovazione che aveva introdotto. Ne era convinto al punto da definire così la sua invenzione: “ Si tratta di una scatola per giocattoli, rappresentante persone, animali, alberi o qualunque oggetto caratterizzato dal fatto che un pezzo di cartone abbastanza grande è applicato in corrispondenza in uno dei lati della suddetta scatola e provvisto, nel caso richiesto, da un buco in corrispondenza dell’apertura della scatola. Nell’altra parte del suddetto foglio di cartone, l’interno o l’esterno di un palazzo, un paesaggio, può essere illustrato in relazione alla natura del gioco contenuto nella scatola. Il cartone in oggetto dovrà essere prodotto in una maniera per la quale, quando se ne ripiegano le parti, sarà parte integrante del gioco stesso“.

L’aeroplano Cardini

Un colpo di genio, un tocco d’artista. La vocazione imprenditoriale dei Cardini risaliva al nonno e al padre di Ettore. Il primo, Giovanni, costruiva attrezzi agricoli nella frazione omegnese di Cireggio mentre il papà, Candido Cardini, si dedicò alla produzione di oggetti di uso domestico in ottone nella zona di Bagnella. Il giovane Ettore, compiuti i suoi studi al Collegio Industriale di Vicenza, lavorò a Torino alla Chiribiri, nota fabbrica automobilistica e poi, come direttore tecnico, alla Metalgraf di Lecco, specializzata in scatole di latta litografata. Dopo essersi “fatto le ossa” in queste esperienze lavorative fece ritorno sulle rive del lago d’Orta dove fondò una sua attività. All’inizio poté contare sull’impegno dei parenti più stretti e di un paio d’operai ma quando la fabbrica iniziò ad affermarsi e le vendite crebbero in modo esponenziale, a metà degli anni Venti, sulla spinta dalla moda per i giocattoli già ampiamente diffusa all’estero, la manodopera impiegata nell’azienda si ampliò comprendendo un’impiegata, tre operai, dieci ragazzi, cinquantadue donne e quattro apprendiste.

L’autobus della Cardini

La Cardini si affermò a quel tempo come una delle più rilevanti e per certi versi innovative esperienze di produzione seriale dei giocattoli. Il metallo veniva litografato a colori a Milano da una stamperia e veniva inviato a Omegna dove gli operai montavano i giocattoli incastrando un pezzo nell’altro grazie alle piccole linguette inserite nelle corrispondenti fessure. La fabbrica si estendeva su di una superficie di ottomila metri quadri, qualificandosi come un’azienda all’avanguardia per l’epoca: generatori autonomi di corrente, ambienti luminosi, spazi razionali.

Un prodotto della Cardini (Il museo del giocattolo)

All’ultimo piano dello stabile occupato in via Comoli c’era persino una scuola di formazione professionale dove venivano progettati i giocattoli e realizzati i prototipi. La produzione interessò un arco temporale piuttosto limitato, compresso nel decennio tra il 1921 e il 1930. Una vita troppo breve per questi giocattoli che venivano esportati anche all’estero, soprattutto in Argentina, dove i Cardini avevano dei parenti. In quegli anni vennero prodotte anche scatole di latta pubblicitarie per altre ditte come l’autobus Perugina del 1925, utilizzato come originale confezione dei celebri cioccolatini. L’azienda omegnese inventò anche il motto “Fate i capricci“, rivolgendosi idealmente ai bambini d’ogni età, e fu anche la prima in Italia a servirsi della stampa per pubblicizzare i propri prodotti.

Una pubblicità Cardini del 1923

La pubblicità, sulle pagine della Domenica del Corriere e del Corriere dei Piccoli, proponeva i giochi alla stregua di premi, di incentivi : “Papà, se tu comperi un giocattolo Cardini, il più bravo, il più studioso diverrò tra i bambini”. Ma, come è noto, capita che le cose belle non durino a lungo e anche la storia della Cardini, almeno sul versante della produzione di balocchi di latta, ebbe vita breve. Alla fine degli anni venti l’economia entrò il crisi. L’ingranaggio della crescita si inceppò a causa della speculazione finanziaria che si materializzò in tutto il suo dramma nell’ottobre del 1929 con il crollo di Wall Street e l’inizio della grande depressione. I consumi precipitarono ovunque e i giocattoli, non certamente assimilabili ai beni di prima necessità, non provarono più mercato. Così Cardini fu costretto a riconvertire la produzione, occupandosi — per conto della FIAT e dell’industria automobilistica — di fari, fanali e altri accessori. Finiva così l’epoca di quei coloratissimi e fascinosi giocattoli. Fra il 1937 e il 1940 la ditta venne suddivisa in due rami d’attività: l’Officina Meccanica Ettore Cardini e la fabbrica di mobili in ottone Alfredo Cardini. L’Officina Meccanica, durante il secondo conflitto mondiale, produsse caricatori di mitragliatrici per la Breda e la Beretta. In un reparto della fabbrica venne addirittura allestito un poligono di tiro per i test di collaudo. Successivamente, nel dopoguerra, la produzione cambiò nuovamente e la Cardini si riconvertì nella più pacifica attività legata agli oggetti di uso domestico: il cavatappi Eterno, modello brevettato, fischietti e reti per letti. Ettore Cardini, in seguito ai postumi di un’operazione chirurgica, morì e con la sua scomparsa la fabbrica del capoluogo del lago d’Orta chiuse definitivamente i battenti.

Una pubblicità della Cardini

Nel 1992, l’omegnese Giovanni Solaro, raffinato intellettuale ed ex libraio, diede alle stampe un bel libro intitolato “La giostra delle libellule”, interamente dedicato alla produzione dei giocattoli della Cardini. E la storia venne ripresa, con una ricca dotazione di immagini, anche dal blog “Archivio Iconografico del Verbano Cusio Ossola” in un articolo a cura dell’associazione e di Riccardo Papini. Due vere chicche da intenditori, offrendo visibilità e un giusto riconoscimento per questa stupenda pagina della creatività e dell’intelligenza cusiana che operò proprio negli anni in cui a Omegna nacque e frequentò le elementari il piccolo Gianni Rodari.

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