La dolce casa
di Mario Bocchio

In seguito la conquista di una casa vera e propria divenne uno dei più rassicuranti “segnali” del percorso compiuto e del “progresso” fatto: la casa è il luogo in cui ognuno può essere semplicemente sé stesso.
La casa è nido e fortezza; rifugio per chi ha “dentro l’Italia, fuori l’America”, ancora in gran parte da conquistare. E le foto sono quasi biografie scritte dagli emigrati stessi.

Dall’Archivio Cresci due testimonianze diverse:
Augustin Storace è commerciante e bombero (vigile del fuoco) a Lima. Provvisto di buona istruzione usa l’obiettivo per fissare scene di vita familiare.
Benny Moscardini, trapiantato a Boston, fa un uso meno privato della fotografia: ritrae giovani e ragazze del quartiere, le vie imbandierate in onore del generale Diaz e, in occasione di un viaggio in Italia, perfino una banchina del porto di New York.

Il mondo di Storace è tutto raccolto tra casa e bottega; quello di Moscardini è proiettato all’esterno.
(Fonte: Fondazione Paolo Cresci)