La montagna delle donne
Marta Canuto ha lasciato Torino per la Val Maira, prima da medico, poi allevando capre e gestendo una azienda agrituristica con il marito e i cinque figli: “La montagna è il mio grembo materno, la mia protezione. È dura, ma non posso farne a meno”
di Pino Riconosciuto
Passare dai 200 metri di Torino ai 1000 metri della Val Maira. Da Mirafiori al Podio, borgata di San Damiano Macra. In quegli 800 metri di dislivello e 120 chilometri di distanza c’è tutta la storia di Marta Canuto, torinese con ascendenze vercellesi, un marito e 5 figli. Ha cominciato come medico di base per diventare allevatrice di capre, con un’azienda agricola e un agriturismo da gestire. Una scommessa vinta ma sempre in salita, messa a rischio dalle contingenze e dalla burocrazia. Tutto per un grande amore, oltre a quello per Giorgio: la montagna.
“Io e Giorgio ci siamo conosciuti al liceo classico, a Torino, e da allora non ci siamo più lasciati”, racconta Marta. “Io cittadina per nascita e abitudini, lui originario della valle Po, ha cominciato a portarmi in montagna. Non erano le solite gite per arrivare in cima a qualcosa. Erano occasioni per respirare quell’aria e quel paesaggio, fermarsi a parlare con chi in montagna ci vive, rendersi conto dell’enorme distanza dalla vita cittadina: meno comodità, ma più libertà e creatività, tempi coerenti con la natura”.
Sboccia l’amore e la decisione: andiamo a vivere in montagna: “Dopo oltre 30 anni sono diventata più saggia, meno impulsiva, ma non ho mai rimpianto quella scelta: non tornerei indietro, la montagna è ormai la mia vita, il mio cuore”. Marta non ha ancora finito medicina — manca la tesi — che si trasferiscono in Val Grana. Giorgio, filosofo, fa traduzioni dal russo. L’anno dopo è in val Maira, medico di base a San Damiano Macra: 500 assistiti, non gli stipendi dei mutualisti da 2000 assistiti, e un grande territorio da servire nella media e bassa valle. Bisogna trottare, indipendentemente dalle condizioni atmosferiche. Lo fa per 12 anni, alternandolo alle guardie mediche.
“Quante volte sono arrivata nelle case con gli scarponi e le ciaspole”, racconta. “Quante volte mi sono fermata a chiacchierare finita la visita. E’ stata una grande occasione di vita e di conoscenze, con molti dei miei assistiti siamo rimasti amici”. La gente di montagna è accogliente, ma un po’ diffidente verso il cittadino, magari visto come “il diverso”, quello che arriva da fuori convinto di sapere tutto. “Fare il medico è stata una grande occasione per socializzare, per conoscere, farsi conoscere e accettare. Un periodo molto bello”. Intanto Giorgio comincia a coltivare l’orto, decidono di trasferirsi nella borgata del Podio.Quando ci arrivano hanno due figli, sono gli unici residenti della borgata, tutte ormai solo seconde case. “Nel 99, quando mi è nato il terzo figlio, l’hanno addirittura scritto sul giornale, erano 50 anni che non nascevano bambini al Podio”. Marta continua a fare il medico, alleva i figli, aiuta il marito con l’ orto. “Poi, quasi per gioco, abbiamo preso qualche capra, giusto per fare il formaggio per noi, lo spazio c’era. Ma il formaggio è buono, piaceva, e così abbiamo incrementato il gregge, ormai le capre sono una ottantina”.
Nel 1999 Nasce l’azienda agricola Lo Puy (https://www.lopuyvallemaira.it), produce formaggi, i prodotti dell’orto, adesso ha anche una vigna che tra qualche anno darà i primi grappoli. Nel 2002 arriva il quarto figlio. “Non potevo più farcela. Troppo il lavoro, la cura dei ragazzi e dell’azienda. Ho dovuto scegliere. E ho scelto la famiglia, l’azienda, la borgata”. Quando si licenzia da medico di base gli assistiti le chiedono spiegazioni, non capiscono. “Gliel’ho detto: voi un altro medico lo trovate, i miei figli un’altra madre no.” Qualcuno borbotta: ma come, noi siamo stati costretti a lasciare le borgate perché non c’era futuro, e voi pensate di costruirvi il futuro sulle capre? “La situazione è molto diversa: allora non c’era nulla, adesso con la strada e l’auto in un quarto d’ora sei a Dronero. Ma non è mica una passeggiata. I servizi sono scarsi, non abbiamo trasporti frequenti. Senza auto sei tagliato fuori, e i figli devono essere accompagnati a scuola. Anche le connessioni internet sono un problema. E poi c’è la burocrazia. Norme e codicilli che, per una realtà piccola come la nostra, rappresentano un secondo lavoro. Per fortuna ora c’è mio figlio che se ne occupa. E comunque non si naviga nell’oro. Negli ultimi dieci anni per arrotondare ho lavorato da direttore sanitario nelle Rsa. Da dicembre ho chiuso, ora mi occupo solo di aiutare i figli e il marito a gestire l’azienda”.
Anche perché nel 2008 è arrivato l’agriturismo: due camere, un salone con una cinquantina di coperti: “Mi piace cucinare, ma non avevo esperienza. Abbiamo cominciato con i formaggi, il raccolto dell’orto e la carne di capretto, ore siamo cresciuti. Nella bella stagione c’è anche il dehors, adesso abbiamo anche un cuoco. E due miei figli hanno scelto di continuare il progetto, sono titolari della società. Un bel segnale per il futuro”.
Eh sì, c’è anche il Covid a insidiarlo: “Spero che ci lascino lavorare. Nel 2020, anche grazie al bonus Piemonte, pur avendo perso mesi preziosi per il lockdown, non è andata così male, d’estate abbiamo lavorato molto. In montagna ci sono meno problemi di contagio e la gente, con la situazione attuale, sente più il bisogno di stare nella natura. Spero che si possa andare avanti e che si pensi al nostro mondo come a una occasione di sviluppo. Ci sono giovani che vorrebbero venire a vivere da queste parti. Ma senza un aiuto all’insediamento è dura farcela. Eppure se si chiudono queste opportunità di ripopolare la montagna è una sconfitta, non solo per noi, anche per chi vive in città”.
Nonostante la durezza della vita montana, Marta non tornerebbe mai suoi suoi passi: “La montagna per me è il grembo materno, mi accoglie, mi sento protetta. Quando scendo a valle, cosa che faccio sempre meno, mi manca. Mi ha permesso di entrare in me stessa, aprendo spiragli di consapevolezza che altrimenti non avrei avuto. È vero, c’è tanto da fare, non hai mai tempo e quando ce l’hai sei stanca, ti riposi, altro che passeggiate sui sentieri. Eppure bastano due passi nel bosco e tutto si calma. Sei circondata da un paesaggio che cambia continuamente: colori, odori, atmosfere. È molto difficile allontanarsi. Questa è la vita in montagna: dura, ma irrinunciabile”.