La scultura è un raggio di luna
La mostra di Giacomo Manzù a Vercelli è l’occasione per riscoprire l’antica città piemontese
di Elena Correggia
C’è tempo fino al 21 maggio per apprezzare l’arte di Giacomo Manzù (Bergamo 1908-Roma 1991) in mostra, a Vercelli, con un’importante retrospettiva in due suggestivi spazi sconsacrati: l’ex chiesa di San Marco (nota come Arca) e l’ex chiesa di San Vittore.
“La scultura è un raggio di luna”, questo il titolo della mostra, curata da Alberto Fiz con Marta Concina e Daniele De Luca, richiama una citazione del critico e storico dell’arte Cesare Brandi e riunisce oltre trenta sculture, alcune monumentali, messe a disposizione dalla Fondazione Manzù, dallo Studio Copernico e da importanti collezionisti privati.
Il percorso spazia dagli anni Quaranta sino al 1990, un anno prima della morte dell’artista. Anche l’ultimo decennio della sua produzione si traduce in testimonianze emblematiche come la grande scultura di Ulisse, l’eterno simbolo della conoscenza.
La rassegna, allestita nelle due sedi, evidenzia l’attualità di un grande maestro dell’arte plastica seguendo le differenti tematiche che ne caratterizzano la poetica. Così, la scelta delle opere consente di apprezzare i ritratti femminili, le nature morte (basti pensare a Sedia con aragosta del 1966) oltre ai celebri Cardinali, la sua serie più famosa iniziata negli anni Trenta. “La prima volta che vidi i Cardinali”, ha affermato Manzù, “fu in San Pietro nel 1934; mi impressionarono per le loro masse rigide, eppur vibranti di spiritualità complessa. Li vedevo come tante statue, una serie di cubi allineati e l’impulso a creare nelle sculture una mia versione di quella realtà ineffabile fu irresistibile”.
Accanto ad alcuni storici Cardinali in bronzo degli anni Quaranta, compare Grande Cardinale seduto, un’opera monumentale, alta oltre due metri e modellata nel 1983, da cui emerge la componente ieratica della figura all’interno di forme rigide e sintetiche assimilabili a piramidi.
A Vercelli sarà esposto anche Busto di Inge, la moglie che, conosciuta nel 1954, divenne da allora la sua musa. Questa rara opera in marmo realizzata nel 1979 sprigiona un accentuato vitalismo che si sostanzia in un’inusuale forma circolare, dove le braccia si dispongono intorno al volto della donna.
La sperimentazione passa anche attraverso Donna che guarda, lavoro di grandi dimensioni datato 1983, di 252 cm di altezza, in ebano, materiale amato da Manzù che così lo definì: “è bello, durissimo, ha come il sangue nelle sue vene, si lavora come il ghiaccio ma è eterno”.
La sacralità abilmente colta nel quotidiano ritorna quale caratteristica saliente dell’arte di Manzù di cui la mostra esprime tutte le variegate sfaccettature. Ne costituiscono un’ulteriore prova altre opere come Fauno, modellato nel 1968, dalla straordinaria energia e Il miracolo di San Biagio, un altorilievo intimista.
La retrospettiva sullo scultore rappresenta un’ottima occasione per riscoprire la storia e l’arte di Vercelli. Il centro storico, d’impianto medioevale, culmina nella nota piazza Cavour, al cui centro sorge il monumento all’omonimo statista. Di qui l’itinerario si può dipanare lungo vie, piazze, edifici, torri fino all’antico broletto e a piazza Risorgimento.
Meritano poi una menzione alcuni musei come il Museo Borgogna (con le sue collezioni d’arte che comprendono opere di pittura fra le quali una notevole sezione di dipinti murali riportati su tela, oltre a pale d’altare tra il XV e XVI secolo), il Museo Leone (che in Casa Alciati custodisce uno dei più importanti cicli pittorici del primo ‘500 piemontese), il Museo del Tesoro del Duomo e il Museo del Teatro civico. La città conta poi ben 46 edifici sacri, ma un ruolo di spicco per l’arte e la storia occupano senz’altro l’abbazia di Sant’Andrea (costruita fra 1219 e 1227 per volere del Cardinal Guala Biccheri e annoverata fra uno dei primi esempi di architettura gotica in Italia) e la Cattedrale di Sant’Eusebio, oltre alla chiesa sconsacrata di San Vittore. Quest’ultima è un luogo veramente da conoscere e sarà valorizzata dalla mostra grazie alla presenza nei suoi spazi del già citato e suggestivo Grande Cardinale Seduto di Manzù.