Le due leggende del pallone elastico, Augusto Manzo e Franco Balestra

La sfida infinita del balon

Le gesta di Augusto Manzo e Franco Balestra nel contesto dello sport più vero e spontaneo, quello più legato alle radici contadine delle Langhe

Crpiemonte
4 min readJun 21, 2022

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di Mario Bocchio

Come nel ciclismo Fausto Coppi e Gino Bartali, oppure nel calcio Gianni Rivera e Sandrino Mazzola. Il mondo del balon si divise tra Augusto Manzo e Franco Francù Balestra.

Stiamo parlando dei tempi leggendari di questo sport, che molti si sforzano anche di chiamare pallapugno oppure pallone elastico, ma che per i langhetti è sempre stato ed è ancora il balon.

La leggenda Augusto Manzo

”Me cu fova, a l’era na sciupto!” (cosa poteva fare era una fucilata) e lo spettatore, a fianco, risponde “molla, molla, al fermova di co me” (piantala, piantala, lo fermavo anch’ io), Si, come no?

Battute da sferisterio, il luogo nel Basso Piemonte e nella Liguria di Ponente dove si gioca questo sport, dove si affrontano due squadre di quattro giocatori ciascuna, che trattano il pallone con il pugno fasciato.

Ma il balon più vero e spontaneo, quello più legato alle radici contadine delle Langhe, è la pantalera, che si gioca nelle piazze dei paesi e negli spazi ristretti tra le case. Per battere si lancia la palla su una struttura di legno, chiamata pantalera dal termine piemontese che significa tettoia, ne possono nascere rimpalli bizzarri.

Augusto Manzo nacque a Santo Stefano Belbo, lo stesso paese di Cesare Pavese. È considerato il Campionissimo di questo sport: la sua battuta era potentissima e precisa, ti fulminava. In campo era un capitano che sapeva gestire al meglio la squadra con un solo gesto al momento giusto.

La classe di “Francù” Balestra

“(…) Di pallone si dice quel poco che serve (…). Lo giocavano i forti, ma questi stessi forti diventavano teneri, impalpabili e quasi sbeffeggiati nei nomignoli grazie ai quali Filippa era Ghindu, Ferrari I Previot, Conterno I Basilch, Ollocco Madama e Ferro Bialera. La lunga carta d’identità del pallone non ha mai fornito un soprannome al suo re, ad Augusto l’intoccabile e l’invincibile.

Fausto Coppi ad Alba per assistere ad una partita di balon

‘Ma no’ sorride sottovoce Manzo: ‘Ho fatto vincere tanta gente’. E lo dice con modestia non sapendo quasi il valore di quel ho fatto. Del resto lui poteva schierarsi con tre compagni scalcagnati, un sagrestano trovato all’ultimo momento, un farmacista smanioso di misurarsi, e vinceva ugualmente sopperendo allo sbandare dei soci e dei loro inevitabili errori.

(…) È quel pallone così fenomenico che Manzo porta nello sguardo, nel gesto che accenna appena, nell’eloquio quasi avaro. È un pallone come cadenza d’anima, oltreché di mercati e osterie e cortili e sferisteri e muri di chiesa dove si batteva al rimbalzo. È un pallone visto come destino muscolare, certo, ma soprattutto come idea e scienza di balistica paesana. Lo si legge ancora nel volto di Manzo, che avrebbe potuto, diventar dieci volte protagonista, o centromediano juventino o cursore di mezzofondo o lanciatore del disco e invece scelse quella sfera di centosettanta grammi per obbligo naturale e scelta della sorte” scrisse Giovanni Arpino.

Balestra e Manzo prima di una sfida

Poi c’era il campione silenzioso, proprio come il titolo del libro scritto da Giorgio Bracco, e dedicato a Franco Balestra, nato a Tavole, Imperia,

Gli appassionati della pallapugno si divisero ben presto in manziani e balestriani. Da leggenda le sfide tra i due, spalmate sullo Stenca di Imperia, sul Mermet di Alba e sullo sferisterio di Torino di via Napione. Ma anche a Ceva, Pieve di Teco e Acqui Terme.

Ad Alba, l’autentica capitale del balon, il Mermet era la Scala del pallone elastico e per le sfide tra i due assi non si scendeva mai sotto i seimila spettatori, con inviati e fotoreporter provenienti da tutta Italia. E le scommesse alle stelle.

La partita dell’anno, siamo nel 1951. Lo sferisterio è il “Mermet” di Alba

Di Balestra e della sua epoca rimane l’immagine esaustiva del campione ligure con Enrico Cichina Piana, suo fido terzino.

Balestra vinse sei Scudetti, Manzo otto. Il suo primo tricolore fu assegnato a Balestra a tavolino addirittura quarant’anni dopo.

L’epilogo del 1952 con Manzo fu drammatico, nello stesso tempo epico. Tre partite: l’andata a Torino, fu vinta da Balestra per 11–5; il ritorno a Imperia finì in parità 10–10 ma la partita fu sospesa per il buio. La bella si giocò ancora a Torino, in via Napione, e fu ad appannaggio di Manzo per 13–6.

Furono presentati ricorsi su ricorsi e solamente nel 1995, la Federazione assegnò lo Scudetto alla Libertas Imperia di Francù.

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