Gianni Rodari in una scuola

La storia del barone Lamberto, inventata da Gianni Rodari

“C’era due volte il Barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giulio” è uno dei racconti più belli

Crpiemonte
5 min readJan 8, 2020

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di Marco Travaglini

“In mezzo alle montagne c’è il lago d’Orta. In mezzo al lago d’Orta, ma non proprio a metà,c’è l’isola di San Giulio. Sull’isola di San Giulio c’è la villa del barone Lamberto,un signore molto vecchio (ha novantatre anni),assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera),sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino:asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi,bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppia. Accanto ad ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte,i cibi permessi e quelli vietati,le raccomandazioni dei dottori..”Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione”, “Limitare lo zucchero, che non va d’accordo con il diabete”,”evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria,la pioggia, il sole e la luna”.

C’era due volte il barone Lamberto

“C’era due volte il Barone Lamberto ovvero I misteri dell’isola di San Giulio” è uno dei racconti più belli scritti da Gianni Rodari. Un romanzo breve dove l’intera narrazione ruota attorno al rocambolesco tentativo del barone Lamberto, aiutato dal maggiordomo Anselmo, di evitare un ormai inevitabile trapasso a miglior vita. L’isola di San Giulio, il secondo lago più grande del Piemonte e i suoi dintorni diventano protagonisti, insieme al barone e ai vari personaggi, del racconto dello scrittore nato a Omegna, sull’estremità settentrionale del lago d’Orta.

Gianni Rodari

Il vecchio e ricchissimo barone Lamberto, raggiunta la veneranda età di novantaquattro anni, vive in una villa patrizia sull’isola di San Giulio con il fido maggiordomo e sei persone il cui impiego consiste nel ripetere sempre a turno, lungo le ventiquattr’ore, il nome del barone in un microfono:Delfina, Armando, i signori Bargamini e Giacomini, le signore Zanzi e Merlo. Tutti e sei vengono profumatamente pagati per ogni “Lamberto” pronunciato poiché questo è il segreto che tiene in vita il barone. Lamberto, durante un viaggio in Egitto, conobbe un arabo che gli rivelò l’esistyenza di un’antica profezia ( “colui il cui nome è sempre pronunciato resta in vita”) e tornato sulle sponde del Cusio decise di mettere in pratica la straordinaria scoperta che si rivelò attendibile e credibile. Così, mentre le voci dei sei si diffondono nelle stanze del palazzo grazie ad un elaborato sistema di piccoli altoparlanti posizionati ovunque, il nobiluomo ringiovanisce ogni giorno sempre di più, nonostante le malattie e gli acciacchi che lo tormentano.

Ancora una significativa espressione di Gianni Rodari

Ma un giorno l’isola di San Giulio viene occupata da una banda di malfattori che sequestrano il barone, chiedendo ai direttori delle sue ventiquattro banche un ingente riscatto in cambio della libertà. Ovviamente questa storia, come tutte le altre scritte da questo geniale e fantasioso narratore, va letta per scoprire come finirà l’intera vicenda. Qui possiamo solo confermare che anche in questo caso Gianni Rodari regala trovate e divertimento puro in una girandola di situazioni e personaggi esilaranti. E come in altri casi l’autore lascia che il finale sia deciso dal lettore.

Una copertina del libro

A Gianni Rodari non sono mai piaciute le regole date senza motivo, e che una storia fosse obbligata ad avere uno e un solo finale, gli pareva limitativo. Come nacque l’idea di questo racconto che ottenne un notevole successo di pubblico ed è stato tradotta in undici lingue? Lo spiegò così lo stesso Rodari: “..il barone Lamberto è nato diversi anni fa, in un appunto a margine di un libro sulla religione dell’Antico Egitto. In quel libro avevo trovato un versetto che mi aveva colpito: “L’uomo il cui nome è detto resta in vita”. Lì per lì sembrava solo una poetica immagine dei rapporti tra vivi e defunti: questi, in qualche modo, continuano a vivere fin che si parla di loro, fin che il loro nome e la loro memoria tornano nei discorsi dei loro cari. Io però ho preso il versetto alla lettera come si vedrà. Così è nato il libro. Di più non posso dire, altrimenti toglierei ogni sorpresa al racconto”.

Una storica copertina di C’era due volte il barone Lamberto

Gianni Rodari confessò inoltre di aver scritto questa storia “ dopo averla raccontata a voce decine e decine di volte ad altrettante scolaresche, delle elementari e delle medie, da un capo all’altro della penisola. Ogni volta ricevevo critiche, suggerimenti, proposte. Ogni volta arricchivo la storia di nuovi episodi, vi scoprivo nuovi significati. Dovendo preparare un’edizione per le scuole medie ho subito rinunciato ad aggiungere, pagina per pagina, note esplicative, chiarimenti di parole, informazioni sui luoghi e simili. Non mi sembravano indispensabili: per i luoghi, basterà dare un’occhiata alla carta geografica del Piemonte, per le parole, basterà un vocabolario, e il piacere di sfogliarlo”. Così venne alla luce “C’era due volte il Barone Lambertoche , grazie alla sua intelligente leggerezza, resta uno degli omaggi più belli alla terra dove lo scrittore nacque cent’anni fa, il 23 ottobre del 1920.

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