L’Abbazia della Novalesa
Si trova in Piemonte, precisamente in Valle di Susa
di Mario Bocchio
Fondata nel 726 per volere del patrizio merovingio Abbone, governatore di Susa e della Maurienne, l’abbazia è una delle più antiche dell’arco alpino occidentale.
Il monastero è dedicato ai santi Pietro e Andrea. Nell’ 817, Benedetto d’Aniane iniziò ad unificazione i monasteri dell’impero imponendo la regola benedettina su richiesta di Ludovico il Pio, re dei Franchi e Imperatore carolingio. Anche con l’abate Eldrado, dall’ 820 al 845, la comunità benedettina attraversò un periodo di fioritura spirituale e culturale.
All’inizio del X secolo l’abbazia venne abbandonata dai monaci che si rifugiano a Torino, in quello che oggi è il santuario della Consolata, e poi a Breme, in Lomellina, per sfuggire alle scorrerie delle bande saracene. Alcuni monaci tornarono nell’XI secolo, promuovono la ricostruzione dell’abbazia che diventa priorato soggetto all’abbazia bremetense.
Nel 1646 i Benedettini vengono sostituiti dai Cistercensi, i quali rimasero nell’abbazia fino al 1798, anno in cui il monastero fu soppresso e aggregato all’Ospizio del Moncenisio. Ricostituita come monastero benedettino cassinese nel 1818, viene nuovamente soppressa nel 1856 a seguito delle leggi per la soppressione degli enti religiosi. Dopo la chiusura, il complesso viene riconvertito dapprima in istituto per cure idroterapiche, poi in sede estiva del Regio Convitto Umberto I. Solo nel 1972 l’edificio è acquistato dalla Provincia di Torino ed affidato nuovamente ai monaci benedettini che tuttora vi risiedono.
All’interno della cinta abbaziale si trovano quattro cappelle erette tra VIII e XI secolo. Tra queste vi è la Cappella di Sant’Eldrado affrescata magistralmente, tra il 1096 e il 1097, con le scene della vita dei Santi Eldrado, Nicola e il Pantocratore. La chiesa abbaziale è frutto di una riedificazione progettata tra il 1706 e il 1726 dall’architetto regio Antonio Bertola: venne costruita su un edificio precedente del XII-XIII secolo, del quale rimangono la torre campanaria romanica (non la cuspide, probabilmente coeva al rifacimento della chiesa) e tracce di apparato decorativo antico.
Nella Chiesa abbaziale si conservano l’affresco con il Martirio di Santo Stefano, databile all’XI secolo, e il ciclo di affreschi conservato nella cappella Provana, raffigurante i Profeti, attribuito ad Antoine de Lonhy, e realizzato nell’ultimo quarto del ‘400. Sono databili invece agli anni Ottanta del XV secolo le raffigurazioni dei santi presenti nel presbiterio.
Nel chiostro, sul lato occidentale, nella lunetta sono affrescati il Pantocratore, Sant’ Eldrado e una benefattrice di nome Clara. Ulteriori cicli di affreschi si conservano nell’area dell’antico refettorio, dove è presente un velario, e nella manica nord del palazzo abbaziale. Qui si trovano: la Camera degli stemmi, che prende il nome dal fregio vegetale con scudi sabaudi alternati ad armi della famiglia Aschieri, databile tra XIII e XIV secolo; la Camera delle rose, che prende il nome dalla decorazione che simula, su di un graticcio, un intrico di rose; il Salone Carlo Magno dove si conserva, nello sguancio di una finestra, una decorazione a finti conci gialli e blu; la Camera stellata che prende il nome dal cielo stellato affrescato in quell’ambiente.
Dal 2009 l’antico refettorio dell’abbazia ospita il Museo Archeologico, all’interno del quale sono confluiti numerosi reperti databili tra l’epoca romana e il periodo rinascimentale, rinvenuti nel corso degli scavi condotti presso l’abbazia tra il 1979 e il 2004.
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