Lalla Romano

Lalla Romano a Torino tra poesia e pittura

Nel suo percorso artistico tra gli anni Venti e la fine dei Quaranta troviamo un legame indissolubile tra poesia, scrittura e pittura

Crpiemonte
2 min readFeb 15, 2021

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di Cristiano Bussola

La poesia è pittura parlante e la pittura è poesia muta. E nelle due discipline trattate contemporaneamente dalla Romano, è presente la poetica del silenzio, della persistenza della memoria, delle cose quotidiane, dei luoghi dell’infanzia e del bisogno d’amore. Sia nei versi sia nei dipinti, emerge il racconto di sé non come semplice autobiografia ma come ricerca interiore ed espansione del proprio vissuto verso gli altri. La formazione umanistica, la frequentazione di amici intellettuali e soprattutto della scuola di Felice Casorati, la inserirono nell’ambiente culturale che si stava delineando a Torino al termine della Grande Guerra allorché gli artisti sentirono il bisogno del ritorno all’ordine, della conservazione dei valori plastici della forma che i nuovi movimenti stavano dissolvendo. Al recupero dell’arte figurativa, attraverso la lente della metafisica e del purismo neo-quattrocentesco, contribuiva De Chirico che proprio nel capoluogo piemontese aveva trovato ispirazione grazie all’atmosfera ordinata, silenziosa e nostalgica dell’infinito che, a suo dire, rendeva la città la più profonda d’Italia. Di Torino, come Nietzsche, coglieva la poesia e l’occulta bellezza. E’ questo il clima che coinvolgeva Lalla Romano, dal temperamento riflessivo e contemplativo senza rimanerne rinchiusa in isolamento, poiché la curiosità intellettuale la spingeva a frequenti soggiorni parigini nel quartiere latino della rive gauche impregnato di nuovi fermenti e dello charme di Picasso, Modigliani, Matisse, Cezanne. Tutti gli influssi ricevuti non condizionano minimamente il suo stile: rimangono solo una base da cui partire ricreando e rinnovando per arrivare a risultati riconoscibili come suoi poiché ne rivelano la profondità dell’anima. I ritratti, essenziali nell’escludere l’ambientazione, dai colori soffusi e discreti per non disturbare l’atmosfera silente, si accordano alla severità degli autoritratti. Questi, però, a volte, fanno qualche concessione al vezzo femminile di indossare raffinati cappellini.

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