L’eccidio di Boves
Fu uno dei primissimi episodi del sistema repressivo tedesco che prevedeva azioni contro la popolazione civile
di Mario Bocchio
“…Salimmo di corsa sulle colline del Giguttin e vedemmo il paese in un mare di fuoco. Impossibile! Incredibile! l’impressione di sgomento e di disperazione che era nei nostri occhi non si può…”
(dal diario di uno scampato all’eccidio di Boves)
Boves è un piccolo comune nella provincia di Cuneo che, suo malgrado, si ritrovò al centro di uno dei primi massacri di civili per rappresaglia da parte delle SS tedesche. A seguito dell’armistizio, come è noto, le truppe tedesche occuparono tutti i punti nevralgici dell’Italia, grazie anche allo sfaldamento delle Forze Armate italiane, colte impreparate dal precipitare degli eventi e abbandonate dai comandi. Nella provincia di Cuneo si formò così una delle prime formazioni partigiane, costituita esclusivamente di militari italiani, agli ordini del tenente della Guardia alla Frontiera Ignazio Vian: raccolti attorno a sé circa 150 uomini, iniziò fin da subito a contrastare l’occupante tedesche, con atti di sabotaggio, guerriglia e imboscate, tanto da creare non pochi problemi alle forze della Wermacht e delle SS che si trovavano in tutto il Piemonte. Durante una ricognizione nelle vallate circostanti Boves, una pattuglia di partigiani del comandante Vian si imbatté casualmente in un’autovettura con a bordo due militari tedeschi, appartenenti alla Divisione SS Leibstandarte Adolf Hitler: con facilità, i due furono presi prigionieri e portati al comando partigiano per essere interrogati.
La reazione tedesca, però non si fece attendere. Seguì uno scontro nei boschi, in cui perse la vita un soldato della stessa divisione, il cui corpo venne abbandonato dai compagni in ripiegamento. Fu allora che le SS, comandate dall’Oberführer Theodor Wisch e dallo Sturmbannführer Joachim Peiper occuparono la piccola cittadina di Boves, il 19 settembre 1943, ordinando al parroco del paese, don Giuseppe Bernardi, e al commissario della Prefettura Antonio Vassallo di organizzare un’ambasceria per il rilascio dei due prigionieri: in cambio, i civili presi in ostaggio sarebbero stati risparmiati. Dopo una lunga trattativa, i due militari tedeschi furono rilasciati, compreso il corpo del tedesco caduto precedentemente negli scontri: al ritorno in paese del parroco e del commissario, però, le SS iniziano a incendiare le abitazioni e a giustiziare gli abitanti. Alla fine, 350 furono le abitazioni distrutte e ventiquattro i civili uccisi, compresi don Giuseppe Bernardi e Antonio Vassallo. A don Bernardi venne conferita, negli Anni Sessanta, la Medaglia d’Oro al Valor civile alla Memoria: “Parroco del Comune di Boves, non esitava, su ingiunzione dell’ufficiale comandante di un reparto tedesco di SS e dietro formale impegno che solo in tal modo si sarebbero evitate spietate rappresaglie ai danni della comunità cittadina, a recarsi, con altro animoso, nel campo partigiano per ottenere la restituzione di due militari tedeschi prigionieri. Condotta a termine con successo la missione, veniva però trattenuto come ostaggio dal reparto tedesco che aveva iniziato frattanto la distruzione della città e il massacro di molti cittadini; quindi, maltrattato e seviziato, veniva abbattuto con il compagno a colpi di arma da fuoco nel cortile di uno stabile dato alle fiamme. Fulgido esempio di coraggiosa dedizione e di sublime altruismo spinto fino all’estremo sacrificio. Boves, Cuneo, 19 settembre 1943″.
Stesso riconoscimento venne tributato al commissario prefettizio Vassallo, che accompagnò il sacerdote a parlamentare con i partigiani e, una volta ottenuto il rilascio dei due tedeschi fatti prigionieri, venne fucilato: “Accoglieva senza indugio l’invito del parroco del Comune e si univa ad esso per ottenere, su ingiunzione di un ufficiale comandante di un reparto tedesco di SS e dietro formale impegno che solo in tal modo si sarebbero evitate spietate rappresaglie ai danni della comunità cittadina, a recarsi, con altro animoso, nel campo partigiano per ottenere la restituzione di due militari tedeschi prigionieri. Condotta a termine con successo la missione, veniva però trattenuto come ostaggio dal reparto tedesco che aveva iniziato frattanto la distruzione della città e il massacro di molti cittadini; quindi, maltrattato e seviziato, veniva abbattuto con il compagno a colpi di arma da fuoco nel cortile di uno stabile dato alle fiamme. Fulgido esempio di coraggiosa dedizione e di sublime altruismo spinto fino all’estremo sacrificio. Boves, Cuneo, 19 settembre 1943″.
Vian continuò la lotta partigiana: la sua formazione si unì poi con il 1° Gruppo Divisioni Alpine di Enrico Martini, già maggiore del Corpo degli Alpini. Catturato il 19 aprile 1994 da alcuni tedeschi mentre si trovava a Torino, Ignazio Vian venne tradotto in carcere e impiccato, dopo una detenzione fatta di sevizie e torture (durante le quali tentò il suicidio per la paura di cedere e rivelare informazioni sui suoi compagni), ad un albero il 22 luglio successivo. Venne decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare alla Memoria: “Primo fra i primi, organizzava il fronte della resistenza in Piemonte affrontando in campo aperto il tedesco invasore ed assumendo quindi la condotta della più epica battaglia della guerra partigiana tra gli incendi e le rovine di Boves, dove, chiamati a raccolta col suono delle campane i suoi volontari, in quattro giorni di dura lotta li incitava alla riscossa con la parola, l’esempio e il suo strenuo valore. Caduto in mano al nemico, con stoicismo sopportò le torture più atroci pur di non tradire i compagni di lotta. Sereno e cosciente salì al capestro nel nome d’Italia, martire della libertà, santo dell’idea. Boves, 9 settembre 1943-Torino, 22 luglio 1944”.