L’emigrazione dei piemontesi
Dalla fine del XIX secolo ad oggi sono emigrati in 6 milioni dal Piemonte
di Alessandro Bruno
(Prima parte)
Le ultime generazioni di persone nate in Piemonte percepiscono il problema dell’emigrazione nella prospettiva dell’immigrazione e, cioè, di chi accoglie. Torino e il Piemonte sono luoghi che, nel secondo dopoguerra, sono stati meta di persone provenienti dalle altre regioni d’Italia e, più recentemente, da altri paesi del mondo. Questo fenomeno ha consentito al nostro territorio, parte del cosiddetto “Triangolo industriale”, uno sviluppo economico straordinario. Infatti si parlava di “Miracolo economico italiano” con una crescita del Pil che, a cavallo tra gli anni ’50 e ’60, superava anche il 6% annuo, con il Piemonte capofila.
In realtà sono circa 6 milioni coloro che dalla fine del XIX secolo ad oggi sono partiti dal Piemonte per portare nel mondo la grande intraprendenza e la cultura piemontese. Infatti esistono in tantissime nazioni del mondo associazioni di piemontesi che coltivano il legame e l’amore con la terra d’origine. Proprio per questo troviamo a Frossasco (To) il Museo regionale dell’emigrazione dei piemontesi nel mondo. La struttura, aperta nel 2006, gode del sostegno del Comune, dell’Associazione dei Piemontesi nel Mondo, della Regione Piemonte e di enti privati e pubblici.
Andando indietro negli anni, si scopre che il Piemonte per la maggior parte della sua storia è stata una terra fonte di emigrazione, di persone che andavano via per cercare un futuro migliore. Certamente negli ultimi anni vi sono molti giovani laureati intraprendenti e preparati che, conseguita la loro formazione in Piemonte, trovano posizioni di lavoro assai remunerative negli altri paesi europei e in giro per il mondo. Ma questo fenomeno è da ascriversi più alle opportunità offerte dalla globalizzazione che ai bisogni di chi cerca una sistemazione per andare avanti. A volte in Piemonte chi è disponibile ad assumere fa fatica a coprire le posizioni con professionalità elevata perché coloro che ne avrebbero i requisiti, ancorché piemontesi, preferiscono trasferirsi oltre i confini nazionali dove spesso le prospettive economiche e di carriera sono migliori che nella Penisola.
Tra il 1876 e il 1925 l’emigrazione interessò 1.910.844 piemontesi con il clou tra il 1901 e il 1915, quando ogni anno si contavano fino a 50 mila persone che lasciavano la loro terra ai piedi delle Alpi. Dobbiamo pensare che in quell’epoca, dove ancora il 40% della popolazione era formata da addetti alla agricoltura, alla fine degli anni ’70 si ebbe una grande recessione agricola derivante dalla concorrenza dei paesi extraeuropei. La situazione favoriva sempre più l’emigrazione e l’anno record fu il 1913 quando a partire furono in 78.663: di questi 43.564 migranti erano diretti verso paesi europei mentre 35.099 volevano raggiungere paesi oltreoceano.
Nella prima metà dell’800 l’emigrazione aveva un carattere prevalentemente stagionale ed era indirizzata negli stati limitrofi, come Francia e Svizzera. Successivamente, invece, chi emigrava divenne più interessato a trovare una nuova prospettiva di vita stabile e le mete più gettonate divennero Stati Uniti e Argentina, ma anche Australia e Brasile.
Questa situazione dipendeva anche dalla nuova aspirazione dei contadini ad andare in città per lasciare il lavoro dei campi ed entrare in fabbrica cosa, inoltre, che causava lo spopolamento delle colline e delle montagne.
In quell’epoca vi era una notevole propaganda per favorire l’emigrazione, spesso orchestrata dai governi esteri e che si avvaleva di persone senza scrupoli. Tale propaganda fu però meno importante dei racconti riportati nelle lettere che gli emigrati inviavano ai familiari in Piemonte e che illustravano grandi prospettive di lavoro molto remunerative. Da questa corrispondenza dipese in gran parte il mito della “Merica”.
Dopo il 1925, del pari di quello che accadde nelle altre regioni d’Italia, vi fu una netta diminuzione di piemontesi che decidevano di partire. In compenso, a causa delle leggi razziali del 1938 volute dal governo fascista, anche dal Piemonte molti ebrei furono costretti ad emigrare sia in Europa (Svizzera e Francia) e sia in America (Argentina e Stati Uniti). In particolare lasciarono il Piemonte famiglie molto conosciute come i Levi, i Treves, i Terracini e i Montalcini.
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Bibliografia:
https://www.museoemigrazionepiemontese.org/index.php
https://it.wikipedia.org/wiki/Emigrazione_italiana
https://www.piemontesinelmondo.org/
“Piemontesi nel mondo. Una storia d’emigrazione” AA.VV. (Consiglio regionale del Piemonte) Ed. Interlinea.
“L’emigrazione piemontese nel mondo. Una storia millenaria” di Giancarlo Libert, Aquattro Editore.