Il castello di Vogogna oggi

L’illusione perduta della repubblica Lepontina

Giuseppe Antonio Azari era un giovane e brillante avvocato di idee repubblicane nato a Re in Valle Vigezzo e cresciuto a Pallanza, sulle rive del Lago Maggiore

Crpiemonte
4 min readFeb 4, 2021

--

di Marco Travaglini

Dopo aver studiato giurisprudenza all’Università di Pavia entrò in contatto con i giacobini e, affascinato dai propositi rivoluzionari che venivano propugnati, aderì alla loro causa assumendo come nome di battaglia Giunio Bruto, uno degli uccisori di Cesare, pretore della Gallia Cisalpina. Quando nel 1796 Napoleone, alla testa delle sue armate d’oltralpe, valicò il confine e invase l’Italia Azari progettò di impadronirsi degli uffici pubblici di Pallanza per proclamare la Repubblica Lepontina.

Carlo Emanuele IV di Savoia

Il tentativo insurrezionale non andò in porto. Nella notte tra il 22 e il 23 ottobre venne arrestato nella sua abitazione insieme a Prospero Bertarelli e Antonio Bianchi, gli altri capi della congiura. Stessa sorte subirono, a Fondotoce, i piccoli gruppi di rivoluzionari che erano pronti all’azione: le guardie regie li catturarono e li disarmarono.

Emblema della Repubblica Lepontina

E così, in una sola notte, la prospettiva della costituzione della repubblica Lepontina andò in frantumi. Condotto a Novara il giovane Azari venne processato e condannato a morte mediante impiccagione. La sentenza, senza possibilità d’appello, venne eseguita il 3 dicembre. Il suo cadavere venne bruciato e le ceneri sparse al vento. Una lapide, posta nel 1884 sul muro della sua abitazione in via Ruga 45 a Pallanza, lo ricordò così: “In questa casa nacque l’avvocato Giuseppe Antonio Azari che nel 1796 a 26 anni scontò colla vita l’onore d’avere capitanate le squadre della libertà a Fondotoce. Gloria al precursore del secolo XIX e del suo martirologio per la unità e libertà d’Italia”. La storia non finì lì.

Il generale Barthelemy Catherine Joubert

Se nel 1796 fallì il disegno insurrezionale di Azari, teso a sollevare la regione per farne un dipartimento autonomo, meno di due anni dopo, nel 1798, il generale francese Léotaud sbarcò sul lago Maggiore con una schiera di giacobini armati, occupò la sponda alta e occidentale del Verbano e parte dell’Ossola. La marcia rivoluzionaria s’infranse però contro i reggimenti reali di casa Savoia il 22 aprile 1798 — il 3 fiorile, per il calendario repubblicano francese — nella zona dei prati “primieri”, quella che oggi è conosciuta come il “ Campone”, tra Gravellona Toce e Ornavasso.

La mappa del Campone

Il Marchese Enrico Costa di Bearengard nelle proprie “Memorie a proposito del fallito tentativo di far insorgere l’Ossola”, descrisse così la vittoria sui repubblicani: “La metà dei patrioti, le loro bandiere, i cannoni sono rimasti a noi; il resto è fuggito sulle montagne, dove i contadini ne hanno fatto giustizia sommaria; d’altra parte voi sapete che, checché si faccia, il contadino ama il Re e vuole la stabilità”. La settimana successiva agli scontri, tra sabato 28 e lunedì 30 aprile, gran parte dei rivoluzionari repubblicani vennero passati per le armi a Domodossola.

Lapide sulla casa di Giuseppe Antonio Azari

Le fucilazioni continuarono anche più tardi, il 26 maggio, quando caddero sotto il piombo del plotone d’esecuzione anche il “Comandante Leotto”, il generale francese Giovanni Battista Léotaud, e il suo aiutante di campo Lion. Il 29 giugno la stessa sorte toccò al ventiduenne Giulio Albertazzi a Pallanza mentre, all’alba dello stesso giorno, il medesimo destino venne riservato ad Omegna al ventenne milanese Graziano Belloni. L’eccidio si concluse con l’esecuzione a Vogogna, nel centro della Val d’Ossola, dell’avvocato Filippo Grolli, uno dei principali artefici dei moti rivoluzionari, guardato a vista da ben 85 soldati del Regio esercito. Il sacrificio di quegli uomini per l’ideale democratico e repubblicano non fu vano. Pochi mesi più tardi la Francia ordinò al generale Barthélemy Catherine Joubert l’attraversamento del Ticino, l’occupazione di Novara e, subito dopo, di Torino.

Un vessillo della Repubblica Cisalpina

Così l’8 dicembre 1798 — il 18 Glaciale dell’ Anno VII, secondo il calendario rivoluzionario francese — Carlo Emanuele IV di Savoia abdicò e partì per la Sardegna, scortato dalla flotta inglese. Il territorio piemontese veniva diviso in sei dipartimenti amministrativi. La casa Savoia, che regnava sul Piemonte e sulla Savoia dal 1418 (la Sardegna era stata acquisita più tardi, nel 1720 ) non disponeva più di territori continentali sotto il controllo dei francesi mentre al di là del Ticino nasceva la Repubblica Cisalpina.

--

--

Crpiemonte
Crpiemonte

Written by Crpiemonte

Il canale Medium ufficiale del Consiglio regionale del #Piemonte, dove raccogliamo notizie e approfondimenti.

No responses yet