La liberazione di Alessandria

L’ultima sera di guerra

La resa in Cattedrale

4 min readApr 23, 2025

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di Mario Bocchio

Alessandria, 28 aprile 1945. La città pareva trattenere il fiato. I vicoli del centro, fino a pochi giorni prima pattugliati da soldati tedeschi con l’elmetto basso e l’occhio diffidente, erano ora vuoti, come se anche i muri aspettassero un segnale. La guerra, quella vera, fatta di fame, retate e terrore, stava per finire. Ma ad Alessandria mancava ancora un ultimo atto: la resa del presidio tedesco.

Quella sera, in una città sospesa tra paura e speranza, le porte della Cattedrale dei Santi Pietro e Marco si aprirono per ospitare non una funzione religiosa, ma un evento che avrebbe segnato la storia: la resa ufficiale delle truppe occupanti. Era un momento atteso, cercato con diplomazia, coraggio e tensione da giorni, mentre attorno il fronte crollava e le radio clandestine annunciavano la fine imminente del Reich.

Partigiani delle formazioni Autonome “Matteotti” nei giorni successivi la liberazione

Era aprile, ed era l’Italia del 1945. Le truppe alleate risalivano la penisola come un fiume in piena. I partigiani combattevano metro per metro per liberare le città del Nord. L’insurrezione partigiana era iniziata da pochi giorni, e il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) aveva preso il controllo di molte aree urbane. Alessandria, città industriale e crocevia tra pianura e colline, non poteva più restare sotto il giogo nazista.

I due principali protagonisti della resa

Le truppe tedesche, consce dell’inevitabile, avevano iniziato trattative sotto l’egida di alcuni rappresentanti religiosi e civili. In prima linea, tra i più attivi, c’era Don Quinto Gho, canonico della Cattedrale, che non esitò a prestare la sacralità del luogo alla storia. Accanto a lui, uomini del CLN come Giuseppe Longo e Livio Pivano, prefetto partigiano, già organizzavano la transizione del potere.

Alle 19 del 28 aprile, il silenzio delle navate gotiche fu rotto dal passo pesante dei militari tedeschi. In testa, il generale Hans-Georg Hildebrandt, ufficiale esperto, conscio di non poter più combattere una guerra persa. Accanto a lui, un paio di ufficiali con le mostrine impolverate. Di fronte, una delegazione del CLN pronta ad accogliere la resa senza vendetta, ma con fermezza.

L’atto di resa del presidio nazista di Alessansdria al CLN

Le trattative furono brevi, ma tese. L’obiettivo era chiaro: ottenere una resa incondizionata, evitare spargimenti di sangue, salvaguardare i civili. Il documento fu redatto a mano su un tavolo di legno del coro, firmato tra i banchi da messa, mentre le campane tacevano per rispetto e timore.

Il generale Hildebrandt, visibilmente provato, consegnò simbolicamente la sua pistola di ordinanza a Longo, che la posò sull’altare, voltandosi verso la croce. Quel gesto, semplice e potente, sancì la fine dell’occupazione tedesca ad Alessandria.

Il 29 aprile, le prime colonne alleate entrarono in città tra l’entusiasmo della popolazione. Le bandiere italiane, nascoste nei doppi fondi delle case, tornarono a sventolare dai balconi. I bambini si riversarono per le strade, ignari della complessità di ciò che stava accadendo, ma capaci di percepire che la paura era finita.

Primo maggio 1945, Alessandria celebra la Liberazione e la Festa del Lavoro

I partigiani uscirono dai nascondigli, molti ancora con le fasce rosse al braccio, accolti come eroi. Le donne piangevano e ridevano insieme. Alcuni tedeschi, ormai prigionieri, sedevano stremati nei cortili delle caserme. Nessuno sparò più un colpo.

La resa in Cattedrale non fu solo un atto militare. Fu un segno di civiltà, un gesto che mostrò come la Resistenza italiana non fosse solo fatta di armi e sabotaggi, ma anche di negoziazioni, di scelte morali, di umanità. Quella sera di aprile, la fede e la storia si incontrarono tra le mura di un luogo sacro per ridare dignità a una città ferita.

Oggi, ad Alessandria, quel momento viene ricordato con sobrietà e rispetto. Una targa all’ingresso della Cattedrale, appena visibile, riporta i nomi di chi quella notte trattò la fine della guerra.

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