L’ultimo solitario viandante dell’alpinismo
Il ricordo di Ettore Zapparoli, scomparso sulla Parete Est del Monte Rosa
“Il solitario della Parete Est appare di notte, nella bufera, all’improvviso, a bussare alle porte dei bivacchi e dei rifugi, il volto ustionato da un sole feroce, talora ferito o malconcio. Di rado qualcuno lo scorge, lontano e solo, impegnato sulla cresta. È partito nel mistero, non si sa se è tornato, o se mai ritornerà”.
La più grande parete delle Alpi è la Est del Monte Rosa, un gigantesco anfiteatro ghiacciato dilaniato e sconvolto da seracchi, canaloni e ghiacciai che pare uscito direttamente da una cartolina spedita dall’Himalaya.
Più che una parete è un mondo, un pianeta dedicato all’alpinismo
Un libro, pubblicato nel 1992, racconta una storia straordinaria, ma nello stesso tempo drammatica, il titolo la dice lunga: “Solitudine sulla Est, Ettore Zapparoli e il Monte Rosa romantico”.
Zapparoli, Zapparoli, questo nome picchia forte per riemergere dai ricordi. Ma Certo! Il crestone Zapparoli! Il canalone della solitudine. La cresta del Poeta! Di colpo quei vecchi nomi acquistano un senso e i racconti riaffiorarono dal passato.
Ettore Zapparoli, mantovano trapiantato a Milano classe 1899, due guerre vissute da soldato, poeta, scrittore, musicista, dandy di città, alpinista. Ed un unico amore, la Est del Rosa.
Zapparoli compare alla fine degli anni Venti a Macugnaga, ben inserito negli ambienti intellettuali dell’epoca frequenta le ville signorili e presto si distingue per le sue imprese alpinistiche, sempre in solitaria, sempre sulla Est. Di lui si conoscono delle brevissime frequentazioni dolomitiche e sul Bianco, ma è su quella enorme parete che separa l’Italia dalla Svizzera che vive il suo mito.
Amico Personale di Guido Rey, a cui dedica una sua via di salita, Zapparoli sembra essere più un esploratore che un alpinista, apre nuove vie, per altro meravigliose, ma spesso lo si avvista vagare per la Est senza una meta precisa.
I suoi scritti e le notizie riguardanti la sua vita ci consegnano il ritratto di un uomo che pare dannarsi per la ricerca di uno scopo e di una posto nella vita, o quantomeno di un sistema che renda possibile trattenere le emozioni fortissime dell’alpinismo anche quando si è lontani dalle montagne. La musica è una sua grande alleata, riesce anche a far eseguire una sua composizione all’orchestra della Rai, ma il successo non arriva.
Scrive due libri, fortemente autobiografici, “Blu Nord” e “Il silenzio ha le mani aperte”, il secondo ha un piccolo successo di pubblico e di critica.
È molto difficile trovare elementi biografici della sua vita, si sa che nell’estete del 1951, dopo una lunga assenza dalle pareti, contatta alcuni amici a Milano alla ricerca di un paio di ramponi, che non trova.
Parte comunque per Macugnaga, ci sono alcune testimonianze, come quella del gestore del Rifugio Zamboni, che non aiutano a capire se Zapparoli trovò effettivamente l’attrezzatura che cercava. A 51 anni, da solo, forse senza l’equipaggiamento adatto, pare intenzionato ad aprire una nuova via, una direttissima alla punta Zumstein.
Lo seguono, lo avvistano da Macugnaga con i cannocchiali, dal rifugio Zamboni, dalla Marinelli. Nel pomeriggio del 7 agosto 1951, aggira un seracco, le nubi coprono la visuale per alcuni minuti, quando svaniscono Ettore Zapparoli è scomparso.
Ettore Zapparoli non è mai stato un alpinista come gli altri. La montagna e la pratica dell’alpinismo erano per lui uno stato mentale e forse mai si rassegnò ad una vita lontana da quelle emozioni, per questo diverse persone sostengono che quelle sua ultima, folle, visionaria salita sulla Est, era un conscio suicidio o un modo per unirsi per sempre alla sua parete, e non la volontà di salire una nuova via.
Zapparoli è un maestro di stile e di vita oltre che di tecnica alpinistica, che negli anni Venti comparve dal nulla nel firmamento dell’alpinismo e allo stesso modo sparì nel nulla trent’ anni dopo, lasciando davvero troppe poche tracce dietro di sé.
Nel 2007, ormai in pieno disgelo, la montagna ha lasciato riaffiorare i suoi resti, che ora riposano nel cimitero di Macugnaga, sotto la Est del Monte Rosa, la parete di Ettore Zapparoli, l’ultimo solitario viandante dell’alpinismo.
Bibliografia: D. Buzzati, Ettore Zapparoli, “Corriere della Sera”, 1 settembre 1951; E. Pesci, Solitudine sulla est. Ettore Zapparoli e il Monte Rosa romantico, CDA & Vivalda, Torino, 1996; Ettore Zapparoli, l’alpinista solitario, Il Montanaro