Per un corretto approccio alla montagna

No alle Alpi montagne di plastica

Un progetto pilota del torinese European Research Institute vuole definire buone pratiche nei rifugi sull’uso della plastica e individuare quantità e qualità della presenza di microplastiche sull’arco alpino piemontese. Un passo necessario per lottare contro un nemico che insidia il nostro benessere e la nostra salute

Crpiemonte
5 min readFeb 24, 2021

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di Pino Riconosciuto

Il progetto è molto ambizioso: non solo ridurre l’utilizzo della plastica in montagna definendo buone pratiche nei rifugi e tra i professionisti delle alte quote; non solo raccogliere insieme agli amanti della montagna quella che abbiamo già lasciato nelle nostre gite domenicali, diffondendo un messaggio di attenzione e di educazione contro l’inquinamento dell’ambiente. Anche, e non meno importante, scandagliare in tutto il versante piemontese delle Alpi la presenza delle microplastiche, in modo analitico e scientificamente corretto, per comprendere qual è il livello dell’inquinamento raggiunto anche negli ambienti apparentemente meno contaminati e cercare di trovare le soluzioni per porvi rimedio. Si chiama “ALP — Stop the ALPs becoming Plastic Mountains” il progetto del torinese European Research Institute che ha vinto, unico italiano, il bando internazionale dell’Eoca, un’associazione europea per la conservazione dell’ambiente naturale, che lo finanzia. Franco Borgogno, socio dell’istituto torinese, giornalista ed esperto di ambiente — l’ultimo suo libro è “Plastica, la soluzione siamo noi” che segue “Un mare di plastica”, Nutrimenti edizioni — dopo le sue avventure in Artico alla ricerca proprio delle microplastiche (vedi foto), ha deciso di puntare lo sguardo sulle nostre montagne che ha imparato ad amare nel suo passato di guida naturalistica.

Franco Borgogno

La caccia è aperta alle microplastiche: “Tecnicamente sono frammenti di plastica minuscoli, dai 5 agli 0,3 millimetri nel lato più grande. Sotto questa dimensione diventano nanoplastiche”, spiega Borgogno. “Le microplastiche sono porose, rugose e spugnose, hanno un ciclo di vita lunghissimo, di migliaia di anni: sono il terreno ideale su cui si insediano inquinanti e agenti patogeni. Le abbiamo trovate nel plancton e nei microgamberetti dell’Artico, a decine di chili negli stomaci delle balene spiaggiate, ma anche in quelli dei dromedari. Che il mare sia inquinato dalla plastica è oramai un dato scontato, ma l’inquinamento da microplastiche è ancora più pericoloso perché più subdolo, meno visibile, ma molto più invasivo. Le microplastiche viaggiano con le micropolveri attraverso gli agenti atmosferici: vento, pioggia, neve, le trasportano ovunque. Sono in grado di percorrere migliaia di chilometri e di portare con sé virus e batteri pronti a colpire. Sono già stati trovati negli ambienti marini, anche a forti profondità, ma anche nei fiumi, nei laghi, nei ghiacciai in montagna. Vogliamo saperne di più, perché sulla presenza e sulla diffusione delle microplastiche si gioca una parte importante del futuro, non solo dell’ambiente naturale, ma del nostro stesso benessere e della nostra salute. Pensiamo, per esempio, che la plastica è il substrato su cui il Covid vive più a lungo, oltre tre giorni. È evidente che microplastiche che trasportino virus e batteri e contagino con questi animali, anche a grandi distanze, possono essere un grosso rischio per la nostra stessa salute e lo scatenarsi delle epidemie, visto che gran parte delle malattie più pericolose sviluppatesi negli ultimi anni sono arrivate agli uomini attraverso gli animali selvatici. Sugli effetti delle microplastiche sugli organismi viventi sono in corso studi scientifici, non è ancora detta l’ultima parola, ma un principio di prudenza ci impone di affrontare con grande serietà e consapevolezza il problema”.

Recentemente, nel 2019, Franco Borgogno ha trovate microplastiche in quattro campionamenti fatti con altri partner in Val d’Aosta. Risultati che sono stati ripresi in una pubblicazione scientifica. “Questa volta esamineremo le nevi dell’intero arco alpino piemontese, dal Gran Paradiso alle Alpi marittime, uno degli ambienti più preziosi per il nostro benessere fisico e psicologico, oltre che tra i più affascinanti. Faremo dai 15 ai 20 campionamenti in cinque luoghi e in tre momenti diversi. La prima tranche l’abbiamo già svolta a dicembre. Siamo nella seconda fase, poi concluderemo intorno alla fine di marzo. I campioni, raccolti durante tutto l’inverno, vanno per le analisi al Politecnico di Torino, nostro partner in un progetto che è all’avanguardia: ricerche così ampie e scientificamente fondate, almeno in Europa, mi risulta siano state fatte solo nei Pirenei”. Per chi vuole seguire un campionamento, è a disposizione una pagina Fb: https://www.facebook.com/StopALPsbecomingplasticmountains

La riduzione dell’utilizzo delle plastiche, in particolare le monouso, è il principale strumento per combattere l’inquinamento da plastica

Ma le microplastiche non sono l’unico argomento del progetto. In quattro rifugi alpini: il Guido Muzio, in valle Orco nel Parco del Gran Paradiso; Les Montagnards, a Balma in val d’Ala/Valli di Lanzo; il Selleries, nel Parco Orsiera Rocciavrè in Val Chisone; il Pagarì, nel Parco delle Alpi Marittime in Valle Gesso, verranno messe in pratica tecniche per la sostituzione delle plastiche monouso, tecniche che verranno condivise con guide alpine, forestali, professionisti della montagna. La riduzione dell’utilizzo delle plastiche, in particolare le monouso, è il principale strumento per combattere l’inquinamento da plastica. “E’ possibile rinunciare alla plastica senza demonizzarla, perché in alcuni settori, come la strumentazione sanitaria, svolge un ruolo imprescindibile”, spiega Borgogno. “Ma possiamo fare a meno di piatti, bicchieri, cotton fioc, posate di plastica. E possiamo, quando le usiamo perchè non possiamo farne a meno in quel momento, riutilizzarle, invece di buttarle via. Perchè il riciclo della plastica è importante, ma di fronte alla quantità gigantesca di rifiuti che produciamo, puntare solo sul riciclo è una strategia perdente”.

Non mancheranno le azioni di sensibilizzazione ed educazione ambientale come la raccolta di plastica negli spazi montani: “E’ importantenon solo per la puliziache facciamo, ma perché quando la cerchiamo per raccoglierla ci rendiamo conto di quanta plastica ci sia sparsa in natura e di quanto rifiuto plastico produciamo”, conclude Franco Borgogno. “Siamo così abituati alla plastica che ormai non ci facciamo caso. Raccoglierla è un po’ rivelarla ai nostri occhi. Un’opera di sensibilizzazione necessaria se vogliamo vincere la sfida che la plastica ci lancia ogni giorno: fare in modo che non sia più quel problema gigantesco che anno dopo anno è diventato”.

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