Orsola Caccia, suora e pittrice
È conosciuta per essere stata una delle poche artiste ad essersi affermata nello scenario pittorico del Seicento italiano
di Mario Bocchio
Suor Orsola Caccia, nata a Moncalvo nel 1596, era figlia del pittore Guglielmo Caccia detto “Moncalvo”. È conosciuta per essere stata una delle poche artiste donna ad essersi affermata anche lei nello scenario pittorico del ‘600 italiano. Anche la mamma, Laura Oliva, era figlia del pittore Ambrogio Oliva. Il “Moncalvo”, definito anche il “Raffaello del Monferrato”, ricevette il titolo di barone dopo l’esecuzione insieme a Federico Zuccari delle pitture nella Galleria Reale di Torino.
I Caccia ebbero otto figli di cui sei femmine, delle quali quattro vennero spedite in convento. Quattro suore dunque: Orsola Maddalena, Agata Rosa Anna, Laura Margherita, Cristina Serafina e Anna Guglielma. Il padre fondò addirittura un nuovo convento a Moncalvo dove fece trasferire le sue figlie, le quali vi formarono una comunità religiosa, soppressa solo nel 1802. Il convento dedicato a Sant’Orsola venne ospitato nella casa che era del pittore poi divenuta parte di un complesso dove adesso c’è il Palazzo Civico. Due delle sorelle monache divennero pittrici: Anna Guglielma che aveva mutato il nome in Francesca, morta ventenne, e appunto Orsola che del monastero fu anche badessa.
Orsola - come scrivono i critici - deve la sua formazione artistica al padre e le sue prime opere risentono moltissimo delle composizioni paterne. Continua per molto tempo ad utilizzare i disegni di Guglielmo per le sue opere, ne terminò i dipinti rimasti abbozzati nella bottega. Il suo stile è molto simile a quello del padre anche se se ne discosta un po’ dal punto di vista cromatico per dei toni più algidi e azzurrini e per un uso più marcato dei contrasti.
Fu influenzata anche dai fiamminghi, da Caravaggio e pure da Leonardo e Raffaello. Ma queste influenze sono saltuarie e limitate ad esempi formali. Ebbe commissioni per chiese e conventi ma anche per famiglie e addirittura per la corte sabauda, alla quale la lega il rapporto personale con l’Infanta Margherita di Savoia.
La sua opera fu completamente dimenticata per secoli eppure Orsolina eseguì un centinaio di opere. Il suo nome comincia a ricomparire a metà degli anni ’60 del ‘900, quando vengono attribuite a lei alcune nature morte, esposte alla mostra della natura morta del 1964. Orsola introduce la natura morta in Piemonte sebbene secondo stilemi un po’ attardati.
Il suo nome alquanto sconosciuto viene quasi sempre ricondotto al genere della natura morta, sebbene non siano moltissime le opere di questo tipo da lei eseguite. Vari sono i dipinti dell’artista presenti sul mercato antiquario, magari piccole opere di devozione privata, ma molto interessanti. Questo è però il genere dove Orsola ha potuto esprimere uno stile più personale dato che il Moncalvo non dipinse nature morte. Dopo Caravaggio e con uno stile molto più bloccato, Orsola produce composizioni che sono vere nature morte, lontane dei memento mori, ma ritratti di cose e animali.
Nelle tre nature morte del Municipio di Moncalvo adotta il formato verticale e la struttura simmetrica. Sono composizioni molto arcaiche ma dotate di grande fascino per i colori brillanti che si stagliano sul fondo scuro. Brani di natura morta sono presenti anche all’interno di opere religiose e ne costituiscono la sua firma.
Nella Sacra conversazione di Bellagio, la cui composizione è basata su uno schema cinquecentesco derivato da Leonardo e Raffaello, troviamo vari esempi di natura morta a cominciare dai frutti che san Giovannino porge al Bambino Gesù. Sul terreno a destra una quaglia che si arrampica su un cespuglio di rose. In alto alle spalle della Madonna un altro volatile fa la sua apparizione.
I suoi sono sempre colori squillanti, che forzano il contrasto cromatico. Orsola è attenta ai dettagli dei vestimenti, dei gioielli, sebbene in maniera sobria e dei capelli. I suoi ricci sono morbidi e lanosi
Al di là dell’iconologia di questi elementi scelti in modo accurato a seconda del messaggio da veicolare, i fiori, i frutti e gli animali soprattutto uccelli permettono ad Orsola di aggiungere qualcosa di personale alle composizioni. Se guardiamo più da vicino le sue nature morte notiamo che c’è sempre un uccellino a far mostra di sé. Orsola è molto attenta ai particolari descrittivi, è stata una grande osservatrice di ciò che la circondava. Una piccola spigolatura: la firma della pittrice spesso è rappresentata da un fiore, un ramoscello o un uccellino.
Però non ci fu e non c’è solo natura, ma dipinse anche opere devozionali e religiose, immagini di santi e sante per chiese e conventi. Queste sono a dire il vero le composizioni che più derivano dall’insegnamento e dallo stile paterno. Spesso riutilizza i disegni del padre per più tele.
Bibliografia: “Fondazione Cosso”; “Arte antica”; “art4arte”; “Associazione Culturale Guglielmo Caccia ‘detto il Moncalvo’ e Orsola Caccia”; “Per donna ch’io sij- Orsola Maddalena Caccia e la comunità di Moncalvo nel Seicento”, Anna Maria Ronchi;