Papa Pio V e la battaglia di Lepanto
All’unico pontefice piemontese nel 2004 il Consiglio regionale dedicò una mostra
di Mario Bocchio
Antonio Ghislieri, il futuro Pio V, nacque il 17 gennaio 1504 a Bosco Marengo (Alessandria), da una famiglia povera. Nella sua infanzia fece il pastorello. All’età di 14 anni entrò nel convento dei domenicani osservanti di Voghera, prendendo il nome di Michele. Nel 1528 a Genova fu ordinato sacerdote. Passando per vari conventi del suo ordine, giunse infine a Roma, dove, nel 1551, fu nominato commissario e rappresentante dell’inquisitore generale, cardinal Gian Pietro Carafa, il quale, diventato papa col nome di Paolo IV, lo fece vescovo di Sutri e Nepi, fu poi anche a capo della Diocesi di Mondovì.
Il pontefice lo nominò cardinale, designandolo poi grande inquisitore a vita. Il 7 gennaio 1566 Antonio Ghislieri fu eletto papa e assunse il nome di Pio V. Volle mantenere il suo abito bianco di domenicano, introducendo così la tradizione della veste bianca per i papi.
i capolavori del Vasari. Siamo nel luglio 2002
Papa Ghislieri non fu molto apprezzato dalle potenze cattoliche, perché si annunciò subito decisamente riformatore: decretò che le somme destinate per i suoi festeggiamenti fossero distribuite ai poveri; si dedicò subito a tradurre nei fatti gli orientamenti del Concilio di Trento, emanando il nuovo Catechismo Romano e i nuovi testi del Messale e del Breviario Romano. Intensissima fu la sua azione diplomatica per la concordia tra i popoli e soprattutto tra i principi cristiani, al fine di fronteggiare insieme l’invasione turca.
L’apice del suo pontificato fu la clamorosa e inattesa vittoria di Lepanto, ottenuta per intercessione della Beata Vergine, invocata con il Rosario come “ausilio e soccorso” della Chiesa. Pio V morì il 1° maggio 1572 e fu canonizzato nel 1712.
Le forze degli Stati italiani e dell’Impero spagnolo, si riunirono nella cosiddetta Lega Santa, contro l’Impero ottomano.
L’armata alleata, forte di circa 210 navi tra galee e galeazze e 85.000 uomini, si scontrò contro le 220 galee e 60 unità minori turche, con 88.000 uomini. Il fatto d’arme trae origine dalla necessità di rispondere all’attacco ottomano per conquistare l’isola di Cipro, la cui piazzaforte Famagosta aveva resistito per ben undici mesi, in uno degli assedi più duri dell’intera storia militare.
La flotta era composta da un nerbo di galee veneziane, unitamente alle navi genovesi, toscane, pontificie, sabaude e maltesi. La componente dell’impero spagnolo, oltre alle navi iberiche propriamente dette, include le flotte di Napoli e di Sicilia, vicereami dotati di una loro parziale autonomia e di proprie Marine indipendenti, italiane a tutti gli effetti.
Fu la prima volta, dopo mille anni, che tutti i marinai italiani erano finalmente, nuovamente riuniti sotto un unico vessillo. La squadra si riunì inizialmente a Messina, per poi spostarsi a Corfù, dove venne raggiunta dalla notizia che la flotta nemica si era concentrata all’interno del golfo di Corinto.
Alla vigilia del 7 ottobre le navi alleate erano in mare, e guadagnariono l’imboccatura del golfo. Numerosi ufficiali avevano sconsigliato il comandante, il giovane Don Giovanni d’Austria, fratello dell’imperatore Filippo II, di dare battaglia. Don Giovanni fu vigorosamente spinto all’azione dal suo vice, il comandante pontificio Marcantonio Colonna, e chiese finalmente consiglio a Sebastiano Venier, a sua volta comandante della possente squadra veneziana. La riposta di Venier fu laconica: è necessità, et non si può far di manco (è necessario, e non si può far di meno). Il resto è storia.
Dopo la devastante sconfitta di Lepanto il potere marittimo ottomano non intraprese più iniziative di espansione strategica verso il Mediterraneo occidentale.