Pier Giorgio Frassati, modello di gioventù
Una vita all’insegna dello studio, della preghiera, della passione per la montagna e dell’amore per i poveri. Il ricordo nel giorno della sua memoria liturgica
di Carlo Tagliani
Nasce a Torino il 6 aprile 1901 da Alfredo e Adelaide Ametis in una ricca famiglia borghese. Alfredo, giornalista, fonda e dirige il quotidiano “La Stampa”, mentre Adelaide è un’affermata pittrice. L’atmosfera che si respira in casa non è però delle più serene: i coniugi non vanno molto d’accordo e litigano spesso. L’educazione ricevuta da Pier Giorgio e dalla sorella Luciana, di un anno più giovane, è piuttosto rigida: un sistema di regole e di doveri basato sui principi del rispetto, dell’ordine, della disciplina e dell’onore.
Dopo alcuni anni non troppo brillanti al Regio ginnasio-liceo D’Azeglio, Pier Giorgio frequenta il ginnasio-liceo Sociale dei Gesuiti e consegue la maturità classica nel 1918. Decide allora di iscriversi al Regio Politecnico per laurearsi in Ingegneria meccanica con indirizzo minerario perché intende lavorare accanto ai minatori, considerati all’epoca la categoria di lavoratori più sfruttata: un progetto che non riesce a mettere in atto perché la morte sopraggiunge a due esami dalla laurea (che gli viene riconosciuta, honoris causa, nel 2001).
Gli anni dell’università sono per lui cruciali: s’impegna, infatti, in un’intensa attività all’interno di diverse associazioni di orientamento cattolico quali la Gioventù italiana di Azione cattolica, la Federazione universitaria cattolica italiana (Fuci) e il Circolo Cesare Balbo. Aderisce anche alla Società San Vincenzo De Paoli, legata al Circolo Cesare Balbo, e nel 1920 si iscrive al Partito popolare italiano fondato l’anno precedente da don Luigi Sturzo.
Il padre stenta a comprendere il suo comportamento e non gli risparmia rimproveri e accuse di bighellonare per la città in compagnia di persone “non alla sua altezza”. Pier Giorgio li accetta in silenzio, con la medesima serenità con cui si pone al servizio del prossimo bisognoso, e persevera nel proprio impegno.
Gli amici talvolta lo prendono in giro, chiamandolo “Frassati Impresa Trasporti” per il suo frequentare le soffitte abitate dagli indigenti, cui porta cibo, vestiti, legna, carbone e mobili. Per loro Pier Giorgio spende i soldi che la famiglia gli passa.
In quegli anni si avvicina anche alla spiritualità dei Domenicani e non si sente in colpa per il fatto di preferire la Messa alle occasioni mondane e la compagnia dei poveri a quella dei giovani rampolli della borghesia torinese.
Le sue scelte controcorrente non fanno, però, di lui un tipo strano o isolato: pieno di vita, amante della montagna e dell’alpinismo, il 18 maggio 1924, durante una gita al Pian della Mussa, nelle Valli di Lanzo (To), con gli amici più cari inaugura la “Compagnia dei tipi loschi”, associazione caratterizzata da un sano spirito d’amicizia e d’allegria fondata sul vincolo della preghiera e della fede. Dietro l’apparente goliardia, si cela il progetto di un’amicizia cristiana a tutto tondo, valida per la vita intera.
È forse visitando i poveri nelle proprie abitazioni che Pier Giorgio contrae una poliomielite fulminante che, in meno di una settimana, lo porta alla morte. Il 30 giugno 1925 la famiglia Frassati è in ansia per la salute di nonna Linda, che muore il giorno seguente. Tutti indaffarati e presi dall’attenzione per la nonna, non fanno caso a Pier Giorgio che ha forti mal di testa e non si sente di mangiare. Nessuno dà peso a quei malesseri, liquidandoli come sintomi influenzali. Si allarmano il giorno del funerale della nonna, quando Pier Giorgio non riesce neppure ad alzarsi da letto. Muore il 4 luglio 1925, a 24 anni, e al suo funerale si presentano centinaia di poveri che ha soccorso o anche solo incoraggiato.
Il suo corpo riposa in una cappella laterale del Duomo di Torino e papa Giovanni Paolo II lo proclama “beato” il 20 maggio 1990.