
Quando gli italiani emigrarono in Uruguay
La maggior parte dei connazionali era composta da piemontesi, liguri e campani
di Mario Bocchio
L’emigrazione italiana in Uruguay iniziò nel 1879 e terminò nel 1930. Il flusso migratorio non giunse a valicare le 90.000 unità. La maggior parte dei connazionali era composta da piemontesi, liguri e campani e il figlio di uno di questi primi emigranti, José Serrato diventò nel 1920 presidente della Repubblica.

Quasi tutti gli emigrati erano di sesso maschile. A poco a poco i primi arrivati incominciarono a far venire, con atti di richiamo, parenti e compaesani, creando così una catena migratoria.
Nella regione del Río de la Plata sin dal Diciannovesimo secolo si parlava di necessità di accrescere la popolazione e di favorire l’immigrazione dalle cosiddette terre di mezzo, quelle dell’Europa per lo più occidentale, come condizioni primarie indispensabili per modernizzare quest’area e inserirla nel mondo civile.
All’epoca il paese aveva solo quache grande città portuale , ma con un interno spopolato e dominato dal latifondo e rischiava di diventare una provincia dei due due grandi colossi più vicini: il Brasile e l’Argentina.
Montevideo , la capitale, aveva un porto molto grande per la condizione generale di essere naturale, installato in una baia, risultava essere di miglior difesa rispetto a Buenos Aires, che come vero porto cominciò a funzionare con installazioni appropriate più tardi. Inoltre, nella costa charrúa, lo sbarco era istantaneo mentre invece a Buenos Aires le barche rimanevano a varie miglia dal porto e i passeggeri dovevano prima essere trasportati a piccole scialuppe e poi portati fino alla costa mediante carri con alte ruote.

Il tutto era incentivante per i commerci e per gli approdi migratori. Fu così che dal tra il 1830 e il 1930 non meno di 52.000.000 italiani hanno lasciato il nostro paese per giungere in questa lontana terra. La città e la campagna uruguayana accoglieranno un tipo di immigrazione vicina a questa realtà socioeconomica: piccoli commercianti, agricoltori autentici e improvvisati, una maggioranza di braccianti, manovali e manodopera disoccupata, eccedenza umana dei centri urbani e rurali italiani ed europei in genere.

In pochi anni la crescita naturale e gli apporti migratori modificheranno non poco l’Uruguay e la sua economia. La grande maggioranza dell’immigrazione venne a costituire quelle migliaia di piccoli proprietari o fittavoli di terreni o i numerosi titolari del piccolo commercio e dell’industria di tipo artigianale, di carattere spesso familiare. Pochi poterono arricchirsi tanto attraverso il commercio o l’industria da acquistare terre in quantità tali da rientrare tra i grandi proprietari (e tentare così l’accesso alla classe sociale che dirigeva le sorti del paese).


Gli Italiani che parteciparono anche alla lotta per l’indipendenza del paese dal colonialismo spagnolo (tra cui Giuseppe Garibaldi), cominciarono a commercializzare i prodotti italiani come sale, vino, olio, in altre parole la nostra fu una colonia differente dal punto di vista economico e professionale avente come punto di forza una flotta in mano ai liguri che facilitava il commercio e la migrazione. Gli italiani a quell’epoca rimettevano in patria annualmente circa 5 milioni di lire . Poi man mano il flusso italiano andò scemando per la grande attrazione che esercitavano paesi come l’Argentina e il Brasile, paesi più grandi del minuscolo stato uruguagio e quindi con più prospettive.

Dopo la Prima guerra mondiale, il flusso migratorio ebbe un risveglio, ma si trattoò soprattutto di emigrazione di antifascisti prima e fascisti poi. La presenza italiana, lasciò la sua influenza anche nella cucina uruguagia. Essa contempla i tallarines (tagliatelle), ravioles (ravioli), canelones (cannelloni), il pesto, e la fainà (un piatto simile alla farinata ligure, pietanza fatta con faerina di ceci).

Immigrati con preferenza per le città (con un conseguente rapido processo di urbanizzazione) che portava anche fenomeni complessi di trasformazioni demografiche, economiche e sociali, come l’avvento delle classi medie. Gli italiani dettero vita ad una fase piena di vita, di impulsi, di progetti e di speranze, una fase piena di realizzazioni
Possiamo ora affermare che la popolazione uruguaiana ha radici principalmente italiane e spagnole, secondo le origini dei primi emigrati giunti nel paese ma anche delle diverse ondate migratorie del secolo scorso. Per dare un’ idea di questo, basti pensare che tra i 99 deputati e 30 senatori, ben il 20% ha il cognome paterno d’origine italiana.