Torino, la sede del Consiglio comunale

Quando Torino aveva due sindaci

Il Consiglio comunale tra milleseicento e millesettecento governava la città in autonomia, con i rappresentanti delle due classi che esprimevano i primi cittadini

Crpiemonte
4 min readJan 28, 2022

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di Pino Riconosciuto

C’è stato un lungo periodo in cui a Torino governavano due sindaci contemporaneamente. E’ successo tra il 1600 e il 1700. Allora il Consiglio comunale era il supremo organo di governo collegiale della città, che prendeva decisioni su ogni atto amministrativo, compresa la ratifica dei provvedimenti dei sindaci e della ragioneria, con un’autonomia nei confronti del Duca di Savoia con cui non mancarono le tensioni e i confronti serrati.

I consiglieri, che si chiamavano decurioni, erano sessanta. Trenta appartenevano alla “classe nobile”, gli altri rappresentavano “i comuni cittadini”. Ognuna delle due classi eleggeva il proprio sindaco. Se i nobili appartenevano alla prima classe, nella seconda si fece strada la borghesia che nel 1400–500 si era formata nella città: ricchi mercanti e imprenditori insieme ai giuristi costituivano il nervo principale della classe politica egemone in città. Una forte oligarchia, con cui il Duca di Savoia Emanuele Filiberto, quando nel 1563 spostò la capitale da Chambery a Torino, dovette fare i conti, soprattutto quando le richieste di tasse vennero considerate esose.

Il Consiglio comunale si riuniva in seduta plenaria istituzionalmente tre volte all’anno, occasioni per assumere le più importanti decisioni. In particolare la riunione del 29 settembre, festa di San Michele, era riservata alla elezione dei sindaci e dei funzionari che avevano durata annua. Si rinnovavano poi i contratti di affitto di terreni e immobili di proprietà del Comune, si provvedeva all’assunzione del personale. Gli altri appuntamenti fissi erano nel giorno della Pentecoste, quando tra l’altro si nominavano i decurioni che avrebbero rappresentato la città alla processione del Corpus Domini, e il 31 dicembre.

L’elenco dei consiglieri

Riunioni ristrette dei decurioni, la cosiddetta “Congregazione”, si svolgevano tuttavia con molta più frequenza, in certi periodi anche più volte a settimana, per affrontare i problemi specifici che emergevano. La Congregazione, di fronte a situazioni di particolare importanza, poteva anche convocare un Consiglio straordinario in riunione plenaria.

Molte erano le competenze su cui esercitava il suo governo il Consiglio: dalle questioni economiche alla difesa, dal commercio all’assistenza; di fatto tutto ciò che succedeva a Torino dipendeva da quest’organo. Ad esempio si occupava della gestione del fuoco, con gli antesignani degli odierni vigili, ma anche delle concessioni delle sue proprietà come la polveriera, il lazzaretto, i macelli. Si occupava della tratta - il dazio che si pagava sulle merci che entravano in città - e della dogana, sulle merci che uscivano. Sotto la sua giurisdizione c’era anche l’acqua, con i canali di irrigazione, la viabilità e l’illuminazione pubblica cittadina, con le opere ad esse connesse.

Anche nella gestione delle feste, da quelle della dinastia sabauda a quelle religiose, il Consiglio comunale aveva un ruolo importante e i decurioni non mancavano di parteciparvi, anche per sottolineare il loro prestigio. L’accensione del falò, durante la ricorrenza di San Giovanni, toccava al sindaco, che custodiva gelosamente questa prerogativa contro qualsiasi interferenza. Anche nei confronti del governatore militare, che una volta tentò di appropriarsi dell’opportunità, ma uscì sconfitto nella contesa con il Consiglio. Persino il Duca di Savoia, che poteva accendere il fuoco, avrebbe dovuto ricevere la fiaccola dalle mani del sindaco. Evento che non si verificò mai, i duchi si tennero sempre lontani da una situazione che avrebbe potuto creare tensioni tra poteri.

Nel 1622 il Consiglio comunale decise anche di far correre a Torino il Palio. Il modello era quello di Asti, la corsa dei cavalli si svolse nella vigna del Principe di Savoia e i consiglieri scelsero i fantini che avrebbero montato i cavalli.

Persino nei confronti del Duca di Savoia il Consiglio manteneva le proprie prerogative, e, talvolta, i conflitti che si verificarono, in particolare sulle tasse da esigere da parte del ducato, videro gli amministratori locali uscire vincitori. Per garantire il proprio potere, il Consiglio esercitava grande attenzione sulla concessione delle cittadinanze e sui meccanismi di ingresso nell’istituzione.

Anche per questo, soprattutto nel 1700, i Savoia tentarono più volte di controllare i poteri consiliari. Nel 1767 infine, con le nuove disposizioni emanate sul Consiglio comunale, Carlo Emanuele III riuscì a esercitare un potere di controllo che ridusse il peso della borghesia in Consiglio a favore dei nobili e dei funzionari statali.

Immagini: Archivio Storico della Città di Torino

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