Quell’estate Paolo Rossi divenne Pablito. E l’Italia impazzì
La sua è stata l’unica occasione che ha unito davvero tutti
di Mario Bocchio
Il miglior mondiale della nostra vita? Per noi non ci sono dubbi, quello del 1982 in Spagna. Un mondiale magico, impossibile da dimenticare. Oggi tutto è cambiato, forse la voglia di sognare ancora c’è, ma per farlo, bisogna fare un salto nel passato e ricordare quei momenti, di gioia, di festa, di uno calcio che, forse, oggi, non esiste più. Il Mundial di Spagna dell’82 è, forse, quello che più di tutti è rimasto nel cuore degli italiani.
Quel mondiale è avvolto da un qualcosa di magico. Perché? Perché i protagonisti, le storie, le partite, i gesti di quel mondiale sono di una tale intensità, sportiva, agonistica ed umana, che inevitabilmente poi quel che ne consegue è il ricordo di un mondiale tecnicamente di alto livello, ma infilato dentro ad una atmosfera fantastica, unica, forse irripetibile. Ma sia chiaro che dietro ogni magia c’è moltissimo lavoro e tanto talento. E un mago. Che si chiamava Enzo Bearzot.
Un mondiale irripetibile. Un’Italia diversa, un calcio diverso. Forse, erano diversi anche gli italiani. Cosa è cambiato e perché? Oggi è cambiato tutto. È un altro calcio, che non vuol dire necessariamente meno bello. Diverso. Meno romantico e meno umano, senza alcun dubbio. Il nostro ricordo più forte è l’emozione condivisa con i nostri amici (quelli delle interminabili partite nel cortile) della visione di quell’Italia-Brasile che ancora oggi ci fa venire i brividi. Il secondo ricordo è la folle corsa per le strade sventolando un Tricolore all’impazzata e urlando all’impazzata. C’era il sole, una gioia intensa che dava alla testa. Avevamo appena battuto il Brasile 3 a 2 e c’era un cielo azzurrissimo sopra di noi. Appunto, aria di magia.
Oggi con i social network, il mondiale è super condiviso, ogni singola partita è twittata da milioni di persone. In effetti siamo nell’epoca del calcio super-condiviso. È bello leggere tutto di tutti, anche se in effetti seguire ogni cosa diventa un po’ impegnativo. Ma la ricchezza di opinioni e sentimenti su Twitter e su Facebook è una bella risorsa, da non sprecare. Magari invece qualche giocatore farebbe bene ad usare i social in modo più accorto. Meglio allora il silenzio dei ragazzi dell’82. Che pensavano solo ad essere squadra. Un silenzio squarciato dall’esultanza di Marco Tardelli, diventata cult.
Letteratura e calcio, sono due mondi apparentemente lontani l’uno dall’altro. Sfatiamo questo mito? Crediamo che ci sia un rapporto stretto in realtà. Se le storie sono potenti, e piene di metafore, come è la storia di quel 1982, trovare declinazioni letterarie non è poi difficile. È più semplice per la letteratura entrare nel calcio ad esempio rispetto al cinema. Ecco allora che Paolo Rossi - da indesiderato e criticato - diventa il Pablito nazionale e finisce per fare della sublime letteratura calcistica. Senza retorica, pura sostanza.
Ciao caro Pablito, è stato bello. Veramente bello. Straordinario. Hai fatto innamorare il mondo. La tua è stata l’unica occasione che ha unito davvero l’Italia.