Il quarto stato. Dipinto di Giuseppe Pellizza da Volpe

Realismo e Simbolismo nella casa museo di Pellizza da Volpedo

Entrare nel suo studio rappresenta un’occasione imperdibile

Crpiemonte
2 min readAug 20, 2020

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di Cristiano Bussola

Se è vero che conoscere l’ambiente in cui l’artista è vissuto è fondamentale, per coglierne il lato umano, entrare nello studio di Giuseppe Pellizza a Volpedo, rappresenta un’occasione imperdibile. Qui il pittore ha dato corpo alla propria poetica riuscendo ad equilibrare Realismo e Simbolismo senza far prevalere l’uno sull’altro differenziandosi da altri altrettanto grandi Divisionisti come il realista Morbelli, il visionario Previati o il simbolista Segantini, compagni nell’avventura del neo-impressionismo scientifico riguardo la tecnica. Visceralmente legato al proprio paese la lontananza, spesso necessaria per mostre e incontri costruttivi, gli pesava come evidenzia una lettera spedita nel 1891 da Torino in cui scrive “nato in campagna son qui come un uccello dalle ali tarpate, la vita in città è falsa, immeschinisce, chi vive in campagna si affligge a torto della sorte mentre in campagna tutto parla d’amore, qui di indifferenza”. E’ davvero il suo atelier parla di amore, di affetti familiari, di comprensione per la società contadina, di “arte per l’umanità”. Sono conservati i semplici arredi, gli arnesi di lavoro, la grande tavolozza su cui posare tutti i pigmenti su consiglio di Cesare Tallone suo maestro all’Accademia Carrara, i colori in tubetto o pestati, molte opere di Dante, Zolà, Ibsen, alcune fotografie di dipinti di Masaccio e Raffaello che l’hanno ispirato per il “quarto stato”. Spiccano su una parete i ritratti del padre e della madre stesi a campiture di colore uniforme derivate dall’esperienza macchiaiola con Fattori ma anche dall’insegnamento di Tallone per il fondo monocromo. Emoziona il ritratto della sorella Antonietta la cui morte viene ricordata nel famoso “Ricordo di un dolore” in cui affida la propria struggente malinconia alla modella Santina Negri. La commozione che ci pervade alla vista della scala dove Pellizza si impiccò, non riuscendo a elaborare il lutto per la perdita della moglie Teresa, si attenua all’uscita dallo studio che si affaccia su luoghi da lui dipinti come “Strada per Casalnoceto” “Il cortile di casa sotto la luna” “Sul fienile” dove, diceva, risplendeva e si rigenerava la vita. Se vogliamo poi addentrarci nella campagna volpedese ci troveremo sul greto del torrente Curone che gli ispirò “Lo specchio della vita” del 1895, ora alla Gam di Torino, il cui sottotitolo “Dove l’una va le altre vanno” tratto dal Purgatorio dantesco denota le sue riflessioni sulle vicende dell’umanità.

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