Ritorno sulla Luna
Importante contributo dell’Italia e del Piemonte alla missione Artemis
di Alessandro Bruno
(1° parte)
Il programma Apollo è passato alla storia come il momento più eclatante dell’ “era spaziale”, come si diceva allora. Quel periodo magico che, tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’70, portò l’uomo ad intraprendere i primi passi della esplorazione di cosa c’è oltre l’atmosfera terrestre. E soprattutto a conquistare la Luna, proprio attraverso le missioni Apollo, quando la competizione tra le due superpotenze dell’epoca, Usa ed Urss, si svolgeva anche con la “corsa allo spazio”. Nel luglio del 1969 fu l’americano Neil Armstrong il primo essere umano a posare il piede sulla Luna.
In quell’epoca, pur con tecnologie che oggi appaiono rudimentali, in meno di 10 anni si riuscì a portare l’uomo sulla Luna, come promesso dal presidente degli Stati Uniti John F. Kennedy, nel settembre del 1962, pronunciando il famoso discorso “We choose to go to the Moon in this decade”, (Scegliamo di andare sulla Luna in questo decennio).
Artemide dea della caccia e gemella di Apollo, è il nome del programma spaziale che ripropone a oltre mezzo secolo di distanza il sogno dell’uomo sulla Luna. Un sogno realizzato con la missione Apollo 11 dopo la quale il popolo americano si è risvegliato sempre afflitto da problemi terreni, come la guerra del Vietnam, la questione razziale o la crisi economica. I finanziamenti alla Nasa, l’ente spaziale americano, diminuirono e si concentrarono su imprese più semplici e più concrete, come lo Space shuttle, il veicolo riutilizzabile che faceva la spola con la stazione spaziale orbitante internazionale. Fino ad oggi, appunto, dove con il Programma Artemis si vogliono porre le condizioni per una presenza umana stabile sul nostro satellite quale presupposto necessario per una successiva missione su Marte e relativa colonizzazione. Artemis è ormai arrivato alle tappe fondamentali. Eppure i lanci programmati ma poi rinviati ai primi di settembre, per problemi tecnici vari, sembrano quasi far pensare che sia più difficile ora raggiungere la Luna che nel 1969.
In realtà il salto tecnologico rispetto ad oltre mezzo secolo fa è notevole e l’atteggiamento dei tecnici e degli scienziati è meno pionieristico ma più prudente. A ritornare sulla Luna sarà l’umanità più che una superpotenza che ha fretta di precedere l’altra e vincere una gara tecnico scientifica, rappresentazione di quella politica.
Certamente la nazione guida della nuova impresa lunare rimane gli Stati Uniti e gli aspetti commerciali derivanti dalla New Space Economy che si sta consolidando, hanno una importanza che negli anni ’60 e ’70 non esisteva.
La missione Artemis vede in primo piano la Nasa, l’ente spaziale americano, ma si avvale di una importante collaborazione internazionale, principalmente con l’Esa (l’agenzia spaziale europea), la Jaxa (quella giapponese) e l’agenzia spaziale canadese Canadian Space Agency, Csa. Ed in quest’ambito c’è un forte apporto italiano ad iniziare dai più importanti player nazionali del settore come Leonardo e Thales Alenia Space. Il contributo del Piemonte è poi di primo piano e non solo con le sedi torinesi dei due colossi aerospaziali ma anche perché tra le numerose Pmi italiane spiccano delle eccellenze subalpine. Basti pensare ad Argomoon, il microsatellite italiano che è l’unico europeo della missione Artemis I, proprio quella iniziale e in partenza in questi giorni per la Luna dal Kennedy Space Center di Cape Canaveral in Florida negli Stati Uniti.
Argomoon è realizzato da una azienda torinese fondata nel 2008, la Argotec Srl, dove operano una sessantina di dipendenti, per lo più giovani molto qualificati. Questo microsatellite è il “cubesat” dell’ Agenzia Spaziale Italiana (Asi) integrato a bordo dello Space Launch System (Sls) il vettore statunitense della missione Artemis.
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