San Giuseppe Benedetto Cottolengo, apostolo di Carità
Il 30 aprile la solennità del fondatore della Piccola casa della Divina Provvidenza
di Carlo Tagliani
“Caritas Christi urget nos”, l’Amore di Cristo ci spinge ad agire e ci motiva. È la formula, tratta dalla seconda lettera di san Paolo ai Corinzi, che meglio identifica il “segreto” dell’opera di Giuseppe Benedetto Cottolengo verso i malati e ne rivela la filosofia profonda.
Nasce a Bra il 3 maggio 1786, primo di dodici fratelli. Nel 1805 entra nel Seminario di Asti e l’8 giugno 1811 viene ordinato prete.
Nel 1816 consegue il dottorato in Teologia a Torino e, dopo alcuni anni tra Bra e Corneliano d’Alba, nel 1818 entra nella congregazione dei Canonici della chiesa del Corpus Domini di Torino e per nove anni si dedica a confessare, consolare i malati e soccorrere i poveri.
Pur con un’esistenza ricca di occasioni per compiere il bene, il canonico Cottolengo non si sente sereno e si domanda se, anziché il sacerdozio, non sia la vita religiosa la sua vocazione più autentica. Dopo aver letto una biografia di san Vincenzo de’ Paoli, prete come lui, comprende che la sua vera vocazione è la Carità. La conferma gli giunge il 2 settembre 1827, quando — nell’Albergo della Dogana vecchia — amministra i sacramenti a Jeanne-Marie Gonnet, giovane mamma che, con marito e figli, sta tornando a Lione da Milano. Respinta dall’Ospedale dei tubercolotici perché incinta e dall’Ospizio di maternità perché malata, muore senza possibilità di essere curata e assistita.
La morte della donna lo scuote profondamente e lo spinge a istituire un ricovero per accogliere ogni sorta di infelici. Pochi mesi dopo, il 17 gennaio 1828, con quattro letti in poche stanze affittate nella casa detta “della Volta Rossa”, vicino al Municipio di piazza Palazzo di Città, dà vita al Deposito de’ poveri infermi del Corpus Domini per offrire asilo ai malati che non possono essere ricoverati in ospedale.
Per far fronte alle spese non esita a vendere tutto ciò che possiede, tra le critiche di alcuni confratelli e il sostegno attivo di uomini e donne di buona volontà come il medico Lorenzo Granetti, il farmacista regio Paolo Anglesio e la ricca vedova Marianna Nasi, che si mette a capo delle visitatrici dei malati, dette “Dame di Carità”.
Quando, nel 1831, a Torino scoppia il colera, il Deposito viene chiuso per il pericolo di contagi. Il canonico Cottolengo decide allora di comprare una casetta a Valdocco e vi si trasferisce il 27 aprile 1832 con due suore e un malato di cancro adagiato su un carretto trainato da un asinello. Ha così inizio la storia della Piccola casa della Divina Provvidenza, che nel 1833 re Carlo Alberto di Savoia erige a ente morale. A fine anno viene ultimato un primo grande ospedale da 200 posti letto, cui ne segue un altro per dare asilo a tutte le persone che la società rifiuta e che lui e i suoi definiscono “doni di Dio e pietre preziose”.
Per far fronte a tutte le richieste con la preghiera e con l’azione, il canonico Cottolengo e i suoi successori istituiscono — tra il 1833 e il 1867 — dodici congregazioni femminili (che il 20 giugno 1959 convergeranno nella congregazione delle Suore Cottolenghine), una congregazione laicale maschile per il servizio infermieristico nei reparti della Piccola Casa dedicati agli uomini (eretta in Istituto di diritto pontificio il 30 aprile 1965 con la denominazione di Fratelli Cottolenghini) e una congregazione sacerdotale.
Quando, il 30 aprile 1842, muore, la Piccola casa ospita circa 1.300 persone e circa 200 suore operano nei 25 centri nel frattempo fondati in Piemonte. Il suo corpo riposa a Torino nella chiesa principale della Piccola casa e papa Pio XI, il 19 marzo 1934, lo dichiara “santo”.
La sua opera è presente in Europa, Africa, Asia e America. La Casa madre ha sede a Torino in via Cottolengo 14. Il sito Internet ufficiale è www.cottolengo.org